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Manager e dirigenti della sanità pugliese: incarichi affidati a chi garantiva più voti

Lo scopo era di ottenere consensi elettorali a favore del politico di turno che aveva «spinto» per quella nomi­na.

 

Ogni incarico per un direttore sanitario o un dirigente Asl era studiato a tavolino. Lo scopo era quello di ottenere consensi elettorali a favore del politico di turno che aveva «spinto» per quella nomi­na. È uno dei tanti retroscena che emerge dalle attività investigative della magistrata antimafia Desirè Digeronimo titolare di una delle quattro inchieste aperte in Procu­ra sulla sanità pugliese. Elementi d’indagi­ne ricavati dalle intercettazioni telefoniche e ambientali (in particolare quelle dell’ex assessore regionale alla Sanità Alberto Te­desco, ora senatore del Pd) delle persone coinvolte nell’inchiesta e che porterebbero ad ipotizzare – emerge da indiscrezioni in­vestigative – che l’intreccio tra politica e sa­nità è esteso in tutta la Puglia e forse anche in altre regioni d’Italia.
Al vaglio dei carabi­nieri ci sono i principali incarichi dirigen­ziali: il gruppo del malaffare sulla sanità avrebbe – secondo l’ipotesi della Procura ­piazzato uomini chiave in posti di coman­do per tornaconti politici. In altre parole il dirigente in questione era in grado di ga­rantire ai politici del gruppo un vasto con­senso elettorale. Sono stati proprio questi sospetti che hanno portato la pm ad aprire il filone di inchiesta sulle «nomine sospet­te dei primari». Un filone che nelle scorse settimane è stato ampiamente approfondi­to dalla magistrata con numerosi interroga­tori di persone informate dei fatti che – ap­palti pilotati a parte – avrebbero in parte confermato le procedure assai poco traspa­renti per importanti nomine da dirigenti. Tanto che il 10 luglio scorso in un blitz dei carabinieri al Policlinico furono acquisiti una valanga di documenti: i militari si por­tarono via le delibere sulle procedure che hanno determinato l’assunzione di deter­minati primari, i nomi dei componenti del­le commissioni e dei loro presidenti, le schede di valutazione dei titoli per la nomi­na dei primari e i curricula di tutti i medici. Una acquisizione decisa dalla pm all’in­domani delle dichiarazioni rese da Antonio Castorani, ex direttore generale del Policli­nico, come persona informata sui fatti. Ca­storani avrebbe parlato in particolare delle nomine di alcuni primari che avrebbero se­guito un percorso non del tutto trasparen­te e poi ancora di ‘alcune prassi’ ormai con­solidate che si trovò ad affrontare quando, nel settembre del 2006 assunse l’incarico. Un filone di indagine – emerge in am­bienti giudiziari – che potrebbe essere con­cluso entro la fine dell’anno e il numero delle persone coinvolte potrebbe crescere.
L’inchiesta della pm antimafia Desirè Digeronimo ora punta ai politici nazionali di centrosinistra. Che attraver­so esponenti regionali dello stesso colore avrebbero benefi­ciato di generose somme di de­naro. A favore del partito che rappresentano e concedendo generosi appalti agli imprendi­tori – finanziatori. L’ultimo ed ennesimo retro­scena emerge nell’ambito del­l’indagine sulla gestione politi­ca e amministrativa dell’asses­sorato regionale alla sanità del­la giunta di Nichi Vendola che sta svelando un inquietante pa­norama sul malaffare della sani­tà pugliese. Una triangolazione di consistenti flussi di denaro tra imprenditori, politici locali e nazionali. Con il tramite – se­condo la Procura – dell’ex asses­sore alla sanità Alberto Tede­sco, ora senatore del Pd. Gli oc­chi sono puntati su cinque par­titi: Pd, Prc, sui Socialisti Auto­nomisti di Tedesco sul partito del governatore Vendola, Sini­stra e Libertà, e sulla Lista Emi­liano del sindaco di Bari Miche­le Emiliano. Scopo degli accer­tamenti dei carabinieri del nu­cleo investigativo è capire se ci sono stati stanziamenti di dena­ro dagli imprenditori a politici pugliesi e nazionali.
E se il de­naro è stato rendicontato (dal 2005 al 2008) dai cinque partiti finiti nel mirino dell’inchiesta che a luglio scorso hanno subi­to l’acquisizione dei bilanci e della documentazione banca­ria. Le verifiche su quelle carte riguardano i conti correnti de­gli imprenditori sospettati di essere finanziatori occulti dei partiti. L’ipotesi, tutta da verifi­care, è che nei bilanci delle loro società gli imprenditori possa­no aver camuffato i finanzia­menti illeciti ai partiti con voci del tipo manutenzione, spese di pubblicità e marketing. La nuova ipotesi investigati­va si basa essenzialmente sulle conversazioni tra Tedesco e al­cuni imprenditori intercettate dai carabinieri. In particolare sulle intercettazioni ambientali che per otto mesi sono state fat­te nell’ufficio di Tedesco al tem­po in cui era assessore alla sani­tà e che si è dimesso il 6 febbra­io scorso subito dopo aver sa­puto di essere indagato: poi è passato al Senato come primo dei non eletti al posto di Paolo De Castro, eletto all’Europarla­mento.
Dalle conversazioni re­gistrate dai carabinieri emerge­rebbe che gli im­prenditori che vin­cevano gli appalti facevano spesso in­tendere di essere di­sponibili a finanzia­re uomini del cen­trosinistra. Un so­spetto investigati­vo che i carabinieri del capitano Miche­le Cataneo stanno verificando sui bi­lanci e conti dei partiti. Da una parte la Procura ipotizza che il denaro sia finito nella disponi­bilità di politici locali in cam­bio di generosi appalti a favore di imprenditori che hanno elar­gito i fondi e dall’altra che espo­nenti politici locali possano aver fatto confluire parte di quel denaro ai loro referenti na­zionali. L’ipotesi di reato è quel­la del finanziamento illecito ai partiti. Dalle indagini in corso sul­l’assessorato alla sanità emer­gerebbe sostanzialmente che la gestione dell’attività era sparti­ta tra Tedesco e dirigenti e fun­zionari.
In Procura intanto proseguo­no gli interrogatori di indagati e persone informate dei fatti e mercoledì scorso la pm antima­fia Digeronimo è andata a Mila­no per un interrogatorio top se­cret. La scottante inchiesta del­la Procura antimafia che al mo­mento conta quindici indagati vengono ipotizzati i reati di as­sociazione per delinquere fina­lizzata alla corruzione, concus­sione, falso, truffa, abuso d’uffi­cio e voto di scambio con l’ag­gravante, per alcuni indagati, di aver favorito il potente clan mafioso barese degli Strisciu­glio. Il fascicolo d’inchiesta che racchiude più filoni d’indagine punta dunque a varcare i confi­ni regionali e – da indiscrezioni trapelate in Procura – emerge che il terremoto giudiziario ora punta dritto a Roma. Ma sulla concretezza degli elementi a suffragio delle innumerovoli ipotesi investigative gli inqui­renti non si sbilanciano.
Angela Balanzano