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In Puglia sarà più difficile produrre energia pulita

 La Corte costituzionale si era riunita il 26 gennaio. Ci sono voluti due mesi per decidere chi avesse ragione tra i due contendenti. Il risultato, nella sentenza della Consulta, è una sorta di «ibrido» che, alla fine, produce un risultato ai più evidente: da oggi sarà più difficile in Puglia autorizzare impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili (vento, sole, biomasse).

Il governo aveva eccepito l’incostituzionalità, in particolare, di alcuni articoli della legge regionale 31 del 2008. In merito all’articolo 1, i giudici della Consulta hanno ritenuto che non vi sia stata alcuna violazione da parte della Regione quando ha previsto che i titolari di attività industriali usufruiscano, in cambio dell’impegno a ridurre le proprie emissioni inquinanti con la realizzazione di impianti da fonti rinnovabili (sole, vento, biomasse) e quindi non inquinanti, di misure compensative. Il governo aveva ritenuto che questa «possibilità », peraltro riservata ai soli operatori dell’industria, potesse creare la distorsione del mercato perché se ne sarebbero avvantaggiati solo alcuni.

La Corte ha invece chiarito che la misura prevista dalla regione Puglia favorisce il riequilibrio ambientale nel favorire la progressiva sostituzione di fonti energetiche inquinanti con fonti «pulite». Più complessa invece la questione relativa alle autorizzazioni disciplinate dall’articolo 2 della legge regionale. Il tema è: gli impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili sono incompatibili con aree protette come le Zone di protezione speciale (Zps), la zone agricole di particolare pregio, le aree protette regionali e nazionali, le zone umide e le oasi regionali.

E qui la Corte costituzionale ha così ragionato: è vero che lo Stato non ha ancora emanato linee guida nazionali (ed è necessario che «assuma l’iniziativa di attivare la procedura di cooperazione prevista per l’e laborazione delle linee guida») per il corretto inserimento nel paesaggio di tali impianti, ma in assenza di queste linee guida, non è consentito «alle Regioni di provvedere autonomamente».

C’è infine il tema della semplificazione amministrativa. La legge regionale pugliese aveva consentito che, per impianti fino a 1 megawatt di potenza, fosse sufficiente la dichiarazione di inizio attività (Dia) in alternativa alla più complessa Autorizzazione unica. la Corte ha però chiarito che «le soglie di capacità di generazione e le caratteristiche dei siti di installazione per i quali si procede con la disciplina della Dia possono essere individuate solo con Decreto del ministro dello Sviluppo economico, di concerto con il ministro dell’Ambiente, d’intesa con la Conferenza unificata».

GIUSEPPE ARMENISE