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«Scontro tutto politico sulla Sanità pugliese Governo inadempiente»

Approderanno il 22, in consiglio regionale, le modifiche alle leggi regionali sulle dotazioni organiche e le internalizzazioni nelle Asl contestate dal governo al punto da rifiutare il via libera al Piano di rientro sanitario per 450 milioni predisposto dalla Regione.  Ma, a fronte delle schermaglie tra Bari e Roma di fine luglio – fino al «no» di Tremonti alla firma dell’accordo con Vendola – ancora nessuna richiesta di integrazione al piano è arrivata alla Puglia dai tre ministeri (Economia, Affari regionali e Salute) che avevano contestato le misure. L’assessore Tommaso Fiore, nei giorni scorsi, ha denunciato quella che ritiene l’ennesima inadempienza del governo sulla materia nel corso di una riunione di giunta. E ha sollecitato la giunta ad individuare un «percorso tecnico-giuridico, oltre che politico» onde far valere le proprie ragioni nelle sedi appropriate.

I tempi stringono, ha fatto capire ai colleghi di giunta, e il timore è che il governo – nonostante sia fissata al 15 ottobre la firma dell’intesa che eviterà la sanzione di 500 milioni per lo sforamento del Patto di stabilità 2006 e 2009 – voglia aspettare le decisioni della Corte Costituzionale sulle due leggi impugnate. Tra le prescrizioni imposte da Tremonti alla Puglia, infatti, vi sono anche le «compensazioni » finanziarie all’eventuale via libera della Consulta alle leggi pugliesi. In pratica, se la norma sulle internalizzazioni dovesse essere giudicata idonea, il governo ha già sollecitato la Regione – dopo aver preteso il congelamento delle assunzioni dei precari in tutte le Asl – a prevedere ulteriori sforbiciate al piano «draconiano» dei tagli alla sanità pugliese.

Un piano che lo stesso assessore giudica «pesante» sia nei tagli sia «nel ribaltamento sui cittadini di una parte dei costi» al punto da aver già «suscitato estese reazioni di protesta da parte dei cittadini, degli Enti locali, dei partiti di maggioranza ed opposizione».

La battaglia col governo, insomma, non è affatto finita e – pur tenendo le bocce ferme sino al 30 settembre (quando è fissato il termine per la definizione del piano riveduto e corretto) e poi al 15 ottobre (quando è prevista la firma dell’accordo) – la Regione è pronta a verificare «eventuali profili di incostituzionalità dei comportamenti e del provvedimenti prodotti dal Governo».

Alzando il tiro, chiusa la partita della sanzione, contro quegli «agguati» e «boicottaggi» nei confronti della Puglia che Vendola imputa da tempo a Palazzo Chigi. Nelle prescrizioni del governo al piano, secondo Fiore (ma la stessa tesi è stata sostenuta da Vendola in una missiva di protesta al Capo dello Stato) vi sarebbe il «mancato rispetto delle Intese tra Stato e Regioni e delle stesse norme del Parlamento, che hanno previsto un percorso perfettamente osservato dalla Regione per giungere alla sottoscrizione dell’Accordo».

Le motivazioni addotte da Tremonti, Fazio e Fitto il 5 agosto – quando comunicarono il «no» del governo all’intesa – «non corrispondono alla realtà», secondo la Regione, visto che sostengono che il piano e l’accordo erano ritenuti già «nella fase istruttoria non adeguati e idonei a riqualificare il servizio sanitario regionale», mentre ogni misura era stata concordata con i tecnici dei ministeri. Inoltre, lo stesso decreto legge 125, varato dal governo il 5 agosto scorso per far slittare i termini dell’accordo, «effettua una ricostruzione non fedele alla realtà dei fatti» e addebita alla Puglia una «non sostanziata inadempienza, tanto da “concedere” alla Regione» lo slittamento al 30 settembre.

Insomma, dopo aver rispettato tutte le prescrizioni e predisposto tagli pesanti (2.200 posti letto in meno e 19 ospedali da riconvertire), c’è anche la beffa – questa la tesi di Fiore – di vedersi bacchettare come studenti. Senza contare i «contenuti lesivi della Puglia e dei suoi organismi» della relazione al ddl che è approdata in Senato il 6 agosto per la conversione in legge del decreto varato dal governo.

In linea con la giunta, anche per l’Udc la battaglia tra Bari e Roma sul piano di rientro «ha il sapore dello scontro politico, che nulla ha a che vedere – dice il capogruppo Salvatore Negro – con la sanità ed il risanamento dei conti» e che getta nell’incertezza «le famiglie di quei 5000 lavoratori» che attendevano di essere internalizzati.

Bepi Martellotta