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L’Unesco incorona la dieta mediterranea

La Dieta Mediterranea è entrata nel patrimonio culturale immateriale dell’Unesco. L’ok è arrivato questo pomeriggio da parte del comitato intergovernativo dell’Unesco riunito a Nairobi. Lo ha confermato oggi da Nairobi, Pier Luigi Petrillo, responsabile della delegazione del ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali che ha aggiunto che la «Dieta Mediterranea è stata approvata all’unanimità». «Finalmente è ufficiale: la Dieta Mediterranea ha ricevuto il riconoscimento dall’UNESCO quale patrimonio immateriale dell’umanità». Non sta nella pelle il presidente della commissione agricoltura del Parlamento Europeo Paolo De Castro dopo aver appreso la notizia della decisione dell’Unesco. «Si tratta di un evento straordinario, di cui io sono stato il protagonista iniziale avviando il lungo e difficile percorso nel 2007 e Galan il protagonista conclusivo. Il riconoscimento dell’Unesco rappresenta una leva fondamentale per la valorizzazione di una delle più importanti risorse dei Paesi del Mediterraneo, sia in termini di sostenibilità sia per l’incidenza economica e culturale che riveste il cibo nell’intera regione e per la capacità di ispirare un senso di continuità ed identità per le popolazioni locali. Adesso – ha concluso De Castro – possiamo festeggiare».

Un successo per quel «Italian way of life» che è diventato oggetto di studio e ha contribuito alla creazione di veri e propri modelli alimentari rispondenti a una molteplicità di imput: la trasmissione di tradizioni della cultura popolare tramandate da secoli, la conservazione di profumi e sapori dei prodotti della terra, la valorizzazione di spazi storico-architettonici come marchio di qualità, la sostenibilità delle produzioni e il minor consumo di risorse energetiche per le colture, la prevenzione accertata di patologie direttamente legate all’alimentazione sbagliata che ha anche effetti positivi sulla spesa pubblica dedicata alle cure di affezioni moderne come le malattie cardiovascolari o l’obesità.

In questo successo tutto italiano c’è anche una fetta di Puglia. Lo studio approfondito sulle caratteristiche e le enormi qualità dei prodotti della nostra cucina tipica ha infatti portato allo sviluppo della cosiddetta «Piramide della dieta mediterranea moderna», nella quale sono riportati, dall’alto verso il basso, quantità e frequenza consigliata per il consumo di cibi, da quelli più calorici a quello più salutari. Al lavoro scientifico che ha prodotto tale schema di corretta alimentazione ed è stato presentato nel corso dei lavori della terza conferenza internazionale del Ciiscam (Consorzio interuniversitario internazionale studi culture alimentari mediterranee) hanno collaborato le organizzazioni internazionali Fao (Fondo mondiale dell’alimentazione) e Biodiversity. Insieme a questi il Ciheam a cui fa capo l’Istituto agronomico mediterraneo (Iam) di Bari diretto da Cosimo Lacirignola e di cui è amministratore principale Roberto Capone.

In cima allla piramide che, dopo l’ambìto riconoscimento dell’Unesco, conta di diventare un vero e proprio schema alimentare da diffondere anche a latitudini diverse da quelle del Mediterraneo, ci sono dolci, carne e salumi, ovvero i cibi da consumare non più di una volta a settimana. Scendendo, ecco pollame, pesce, crostacei, molluschi, uova e legumi, per i quali si consiglia un consumo anch’esso settimanale, ma aumentando le porzioni rispetto a carne e salumi. Per il consumo giornaliero sono invece consigliati frutta a guscio, semi, olive, erbe, spezie e cipolle al posto del sale per insaporire le pietanze, due o tre porzioni di latte e derivati, tre o quattro porzioni di olio d’oliva. Nei pasti principali, poi, non dovranno mai mancare, e siamo alla base della piramide, frutta, verdura e le giuste porzioni (una o due) di pane, pasta, riso cous cous e altri cereali (preferibilmente integrali). Su tutto poi, è bene consumare acqua. Il consiglio è di berne fino almeno a due litri al giorno.

Il modello della dieta mediterranea è alimentare e culturale, determina una vera e propria filosofia di vita. Dieta mediterranea vuol dire infatti stare a tavola, consumare i pasti e gustarli, senza fretta, vuol dire convivialità, ovvero la condivisione con gli altri e il buonumore a tavola. Pasta, pane e olio d’oliva, ma attraverso essi gli ulivi secolari così tanto diffusi in Puglia e le distese di campi coltivati a grano, costituiscono un quadro nel quale il gusto è solo uno dei sensi impegnati. «la dieta mediterranea – dicono Lacirignola e Capone – è stata anlizzata e promossa da numerose discipline scientifiche e continua ad essere apprezzata come dieta sostenibile dell’area mediterranea sebbene per differenti motivi la sua pratica sia in diminuzione. L’importanza della dieta mediterranea per il resto del mondo non è rappresentata tanto dalla specificità di cibi e sostanze nutritive in essa contenuti, quanto nei metodi utilizzati per caratterizzarla e analizzarla e nella filosofia della sostenibilità che ne costituisce l’essenza».

Secondo gli esperti è proprio la dieta mediterranea ad aver consentito agli italiani di conquistare il record della longevità, con una vita media di 78,6 anni per gli uomini e di 84,1 anni per le donne, nettamente superiore alla media europea. Secondo recenti studi la dieta mediterranea riduce del 13% l’incidenza del Parkinson e dell’Alzheimer, del 9% quella per problemi cardiovascolari e del 6% quella del cancro.