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Vieste/ Fratelli scomparsi, la pista del bestiame

Il fratello Giuseppe: “Mai denunciati scafisti”. Screzi per gli sconfinamenti.

 

“Noi con la storia degli scafisti non c’entriamo nulla. Non abbiamo fatto arrestare nessuno». Giuseppe Piscopo, fratello di Giovanni e Martino, scomparsi oramai da dieci giorni mentre stavano raggiungendo il loro uliveto a Vieste, parla della vicenda che, secondo molti, potrebbe essere una delle piste seguite dalle forze dell’ordine per venire a capo della situazione.
«Quella sera di tre anni fa—ha detto Giuseppe — noi eravamo tutti a casa.Viviamo nel villaggio di Sfinalicchio, mentre mio fratello Martino vive nel suo lido (il lido “Zio Martino”) e quindi lo sorveglia. Aveva visto un imbarcazione alla deriva sulla punta di Sfinale, tra Peschici e Vieste a pochi metri dalla spiaggia e non alla Baia delle Zagare (che dista diversi chilometri in direzione Mattinata), come qualcino ha riferito. Ha immediatamente chiamato la guardia di finanza di Vieste e i militari hanno raggiunto la baia ed hanno tratto in salvo gli immigrati clandestini. Come spesso accade — continua Giuseppe Piscopo— sull’imbarcazione gli scafisti non c’erano, perché fuggiti o perché confusi tra i passeggeri e quindi quell’operazione è servita solo a salvare gli immigrati per rimpatriarli. Visto che abbiamo un furgone, che ci serve per lavorare nel villaggio
—ha aggiunto—la finanza chiese a Martino di trasportare i passeggeri fino al comando a Vieste. Alle 23 abbiamo visto nostro fratello tornare con l’automezzo e ci aveva riferito solo che aveva
dato una mano alla guardia di finanza. Questa storia non può avere collegamenti con il rapimento dei miei fratelli, perché quella sera non è accaduto nulla di particolare».
La famiglia Piscopo continua a brancolare nel buio, non si spiega cosa possa essere accaduto. Intanto decine di villeggianti estivi, da tutta Italia, contattano il villaggio per dare alla famiglia solidarietà, per capire cosa possa essere accaduto, soprattutto chiamano per Giovanni, più silenzioso, un uomo semplice e molto buono. Martino era più estroverso e “compagnone”, invece. I Piscopo vivono fuori Vieste, quasi tutti insieme, tranne un fratello che abita nella zona di Vico del Gargano ed un altro che ha una masseria nei pressi del villaggio. E’ capitato, come accade spesso, che qualche familiare avesse avuto delle diatribe con i confinanti a causa del bestiame:
le vacche podoliche della famiglia Piscopo spesso oltrepassano i confini delle loro tenute e s’introducono in altri terreni. Non è stata rara qualche discussione, ma non è mai sfociata in nulla di particolare. E poi gli animali non erano di Martino e Giovanni quindi gli eventuali rapitori avrebbero dovuto prendere di mira altri familiari, non loro. Giuseppe ricostruisce l’ultima volta che ha visto i fratelli: «Dovevamo raggiungere l’uliveto in località Montincello ed io sono partito prima di loro con un trattore. I miei fratelli mi hanno passato poco dopo con l’autocarro e io ho proseguito. Dopo qualche minuto ho visto il furgone fermo sul ciglio della strada e vuoto, ma ho tirato dritto: Martino e Giovanni si fermano spesso a parlare con conoscenti, non ho avuto alcun sospetto».
Giuseppe riferisce anche di aver visto segni di frenata nei pressi dell’autocarro: «Non me ne sono preoccupato e non ho pensato che fossero impronte lasciate dal mezzo dei miei fratelli. Quella strada è trafficata e spesso, tra i tornanti, avvengono incidenti». Giunto all’uliveto, dopo aver atteso i Giovanni e Martino, Giuseppe è tornato indietro e ha raggiunto l’autocarro. Erano circa le 8.30. La denuncia dì scomparsa ai carabinieri, però, è arrivata solo intorno a mezzogiorno, perché Giuseppe racconta di aver atteso che i due tornassero, prima di allarmare militari e famiglia.
Martino e Giovanni, però, non sono tornati e sulla strada sono trovati pezzi dell’autocarro, che forse potrebbe essere stato speronato dai rapitori per portare via i due fratelli. Se c’è stato lo speronamento, i rapitori sicuramente erano anche armati, visto che non è facile rapire due uomini adulti e di corporatura forte senza che questi oppongano resistenza. Un’altra ipotesi può essere quella che i due imprenditori conoscessero i loro rapitori. Anche su questa pista i carabinieri stanno indagando e cercando riscontri. Bisogna ricostruire un puzzle che ha tanti pezzi mancanti e, spesso, incongruenti tra loro.

Piero Russo
La Repubblica