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Puglia/ A rischio l’ordinanza balneare concordata tra Regione e associazioni balneari

Dal 2006 una legge regionale impone ai concessionari di utilizzare solo strutture rimuovibili. “Col decreto ministeriale che succede?” “I beni demaniali sono tra quelli che lo Stato deve trasferire alle Regioni e ai Comuni. Ma che rimane ore che il governo li dà ai privati per 90 anni?”.

 

E dopo il decreto «privatizza» spiagge, che ne sarà delle tutele a salvaguardia del più esteso patrimonio costiero d’Italia introdotte dalla legislazione della Regione Puglia? E l’interrogativo che dirigenti, funzionari e amministratori si stanno ponendo da ieri, ovvero una settimana prima dell’incontro a cui l’assessore al Demanio, Michele Pelillo, ha invitato le associazioni degli Imprenditori balneari e le associazioni ambientaliste per definire l’ordinanza balneare 2011. I  970 chilometri di litorale della Puglia, dal confine con il Molise, a Nord, fino all’arco jonico salentino, prima della Basilicata, sono per il 33% circa costituiti da arenili. Ed è su parte (poco più del 22%) di questa fetta di territorio, almeno formalmente, che la regione fino al 2006 e i Comuni fino a ieri, «amministravano» la proprietà statale, concedendo fette di spiaggia a Imprenditori privati e condizionando tale concessione ad una serie di regole. Prima regola, di recente introduzione: le strutture dei lidi balneari e dei chioschi devono essere rimuovibili, cioè non stabili. «Questo – dicono dalla Regione – è ovviamente ragionevole da chiedere quando l’interlocutore privato è in posizione di minor forza contrattuale rispetto al concessionario, ma ora che gli si concede un diritto di superficie, la posizione diventa decisamente più forte». «Il fatto è – attacca Maurizio Mami, responsabile di Legambiente Puglia per le aree costiere – l’Unione europea si è più volte espressa sulla necessità che le concessioni non superassero i sei anni. Come la mettiamo con il diritto di superficie pluridecennale stabilito ora dal governo?». Anche l’assessore regionale all’Assetto del territorio, Angela Barbanente, ha da eccepire: «Questo benedetto decreto sulla semplificazione amministrativa lo attendiamo da due anni. Guarda caso arriva oggi, alla vigilia di una consultazione elettorale, con un contenuto che introduce ulteriori elementi di confusione. Altro che semplificazione amministrativa. Quando si fanno decreti come questo, che passano sulla testa delle Regioni, senza concertare nulla con le Regioni e con i Comuni, il risultato è un pasticcio, che renderà ancora più aggrovigliate procedure già aggrovigliate per conto loro».
Tutto il litorale, compresi i circa 70 chilometri di costa pugliese in sabbia interessati dalla presenza di concessioni, sarebbe dovuto passare, nell’ottica del decreto sul federalismo demaniale, proprio nella proprietà e nella competenza diretta delle Regioni. «il fatto che ora il governo – spiegano dagli uffici del Demanio regionale – decida di dare il diritto di superficie ai privati, svuota di fatto il valore del bene. Tanto più che i canoni per il diritto di superficie per 90 anni saranno riscossi direttamente dall’Agenzia delle entrate. Il federalismo demaniale, così, rimane solo sulla carta».
Manna aggiunge: «In Puglia, l’approccio di Legambiente alla questione concessioni demaniali è stato di apertura verso i privati. Purtroppo in alcuni posti, come ad esempio Otranto o Gallipoli, stiamo assistendo già oggi alla trasformazione di strutture leggere e rimuovibili in strutture fisse, addirittura discoteche che tra le altre cose, creano problemi di ordine pubblico. Anche perché, se è vero che su 970 sono 70 i chiometri di litorale concessi è altresì vero che ci sono zone molto più densamente popolate da stabilimenti balneari o altro. E in alcune aree del Salento e del Tarantino, già oggi la situazione è al limite della sostenibilità».