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L’addizionale Irpef sale dello 0,33%. Servirà a pagare le spese della sanità

Pelillo: «Vi spiego perché non abbasseremo le tasse». Da investire 30-40 milioni, forse per i trasporti.

 

 La manovra del governo comporta conseguenze considerevoli sulla vita delle Regioni e anche un discreto peso sulle buste paga dei contribuenti. Ma i governatori non ci mettono la faccia. Le decisioni sono tutte dell’esecutivo centrale. Il quale ha deciso di innalzare l’addizionale regionale dallo 0,9% all’1,23. Un incremento della tassazione pari allo 0,33%, interamente destinato a finanziare il mancato taglio del Fondo sanitario nazionale. La sforbiciata sarebbe stata di 2,5 miliardi su base nazionale: per la Puglia sarebbe equivalsa a qualcosa come 175 milioni in meno. Ebbene, il taglio è stato evitato, la sanità respira, e Nichi Vendola può tirare un sospiro: «Le Regioni – dice – hanno scansato l’agonia». Tuttavia, il malato resta grave e per curarlo è stato deciso l’aumento dell’addizionale. Si badi. All’1,23% (che diventa così la base ordinaria in ogni parte d’Italia) si dovrà aggiungere la parte manovrabile da ciascuna Regione. La Puglia, per finanziare il deficit della sanità, l’anno scorso ha deciso di imporre uno 0,30% ulteriore per i redditi sotto i 28 mila euro, e uno 0,50% (massimo azionabile) per gli introiti superiori. Ora, sommando la nuova base ordinaria, l’Irpef regionale diverrà rispettivamente di 1,53% e 1,73%. Per i pugliesi, in pratica, si tratta di pagare uno 0,33% in più: poco più di tre euro al mese, per ogni mille euro di stipendio lordo inserito in busta paga.
Ognuno può fare il calcolo che lo riguarda. Non cambia nulla, invece, per la parte manovrabile. L’assessore al Bilancio Michele Pelillo lo ha ribadito, a margine del Consiglio regionale. L’ha fatto anche per replicare alle insistenti richiesti arrivate nei giorni scorsi dal centrodestra. Il Pdl argomenta in questi termini: se scende il deficit sanitario, cioè il motivo per cui le tasse sono state aumentate un anno fa, cala il fabbisogno e le entrate potrebbero diminuire. In effetti, il deficit sanitario è in diminuzione: si calcola per fine 2011 un rosso di 200 milioni (l’anno scorso fu di 311) più qualche decina di milioni per pagare le sentenze sfavorevoli alla Regione nei contenziosi in materia sanitaria. Pelillo intima l’altolà. «L’aumento di addizionale deciso un anno fa – spiega – genera un’entrata tra 95 e cento milioni di euro. Secondo le proiezioni in corso, circa 60-70 milioni andranno a coprire il disavanzo sanitario. Restano liberi 30-40 milioni da destinare ad altro». A che cosa, Pelillo non lo dice. È possibile che pensi proprio ai contenziosi in via di definizione con l’ospedale Miulli, il Panico di Tricase e Casa sollievo. È possibile, tuttavia, che si tenga liberi quei 30-40 milioni per coprire le necessità del trasporto locale. Per il quale è arrivata ieri una boccata d’ossigeno.
Non è la soluzione di tutti i problemi, ma un discreto passo avanti. È stato Vendola ad annunciare che il governo ha deciso di stanziare 1,6 miliardi, sui 2,1 che servono per tutte le Regioni. Mancano ancora 500 milioni: per la Puglia si tratterebbe di dover recuperare qualche decina di milioni. Lo stanziamento, tuttavia, è di gran lunga positivo. Evita al governo centrale di aumentare le accise di benzina e gasolio (di quasi 4 centesimi) e rinvia questo ulteriore inasprimento fiscale al 2013. Ieri, intanto, si è riunita la giunta regionale. Vendola ha confermato l’intenzione di far approvare il bilancio di previsione, senza ricorrere all’esercizio provvisorio. Pelillo si è detto d’accordo, ma ha precisato che a tutt’ora permangono «cinque incertezze». I principali rimangono due: i criteri di virtuosità per le Regioni che si attengono alle disposizioni statali sul taglio dei consiglieri regionali; le modalità per alleggerire il patto di stabilità ed escludere i cofinanziamenti europei dal calcolo delle uscite.