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La rinuncia di Benedetto XVI sette secoli dopo quella di Celestino V

L’eremita del Morrone fu arrestato a Vieste su ordine di Bonifacio VIII.

 

Le dimissioni di papa Benedetto XVI, giunte così all’improvviso creando stupore ed apprensione tra credenti e non, hanno un unico precedente nella millenaria storia della Chiesa Cattolica.
Il riferimento è a Celestino V, al secolo Pietro del Morrone, eletto papa il  5 luglio 1294, dopo un conclave durato due anni a seguito della morte del pontefice Nicolò V, avvenuta il 4 aprile 1292. La storia di Pier Celestino ha una grande attinenza con il Gargano, e con Vieste in modo particolare, perché proprio in questo lembo di terra il papa del cosiddetto “gran rifiuto”, venne tratto in arresto prima di potersi imbarcare per la costa dalmata. Fino a ieri, papa Celestino era stato l’unico successore di Pietro a terminare la sua missione quale guida della Chiesa non alla propria morte, ma con un atto di rinuncia, proprio come ha deciso ieri Benedetto XVI.
Anche papa Celestino, così come raccontano le cronache del tempo, decise di “lasciare” durante un concistoro. Era il giorno 13 dicembre 1294 e il Sommo pontefice, dopo la recita dei salmi, diede lettura di una bolla, appositamente preparata per l’occasione, nella quale si contemplava la possibilità di abdicazione da parte del papa per gravi motivi. Dopo di che recitò la formula della rinuncia alla Soglia Pontificia, scese dalla cattedra, depose per terra l’anello, la mitria e il manto pontificio e sedette egli stesso per terra.
Celestino V fu “forzatamente” papa. Egli, infatti, era un semplice monaco eremita. Dopo la morte di Nicolò V i cardinali, all’epoca più attratti dalla cose terrene che da quelle spirituali, non riuscivano a mettersi d’accordo tanto che il conclave durò “scandalosamente” per due anni. Per dirimere la questione si pensò proprio a Celestino come “traghettatore”, ed ecco, quindi la sua elezione certamente non voluta e desiderata, ma accettata solo per obbedienza. Tanto è vero che appena cinque mesi dopo (14 dicembre 1294) rinuncia ed invita i cardinali ad eleggere un nuovo papa. Si rifugia nella sua grotta del Morrone. Ma Bonifacio VIII, eletto papa quindici giorno dopo, al fine di evitare possibili scissioni, cerca di “trattenere” (qualcuno parla di “tutela”) Pier Celestino che, a questo punto, decide di lasciare l’Italia e fuggire in Dalmazia per poi raggiungere la Grercia. Ecco che arriva sul Gargano per imbarcarsi da Rodi. Ma le proibitive condizioni del mare spingono l’imbarcazione a sud, verso Vieste, sulla spiaggia di Scialmarino a cinque miglia dalla cittadina. Della presenza di Celestino ha notizia il governatore di Vieste che, raccontano la cronache “con grande accompagnamento di uomini” fa arrestare il papa per condurlo nel castello di Vieste. Immediatamente furono inviate lettere a Bonifacio VIII e al re per annunciare l’avvenuta cattura. Quando apprende la notizia, il papa, che si trova ad Anagni, chiede al re di Sicilia, Carlo II, di provvedere lui a prelevare Pietro dalla mani del Capitano di Vieste. E Carlo invia un’ambasceria formata dal patriarca di Gerusalemme, don Ludovico e dal Signore d’Estendard. Costoro prelevano Celestino per condurlo al cospetto del papa, trattandolo con gran rispetto.
Fin qui la parte della vita di Celestino dedica a Vieste. Durante la sua permanenza nella cittadina garganica, il papa si fece voler molto bene dal popolo che a lui si rivolgeva per aiuti. E il nome di Celestino riecheggia a Vieste fin da allora. A lui è dedicata una delle vie principali del centro storico. Nella sala consiliare è esposto un enorme dipinto che ritrae il momento del “rifiuto”, mentre nell’androne del palazzo municipale e all’ingresso del castello sono conservate due lapidi che ricordano il passaggio in questa terra del papa che papa non voleva essere.

Gianni Sollitto

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