All’Oscar della Qualità 2014 Vissani testimonial regionale dell’agroalimentare. Il consumatore nel ruolo di sentinella del gusto.
C’è un’Italia che non s’è fermata. Una piccola Italia che non si è ripiegata su se stessa, che non s’è pianta addosso. È l’Italia dei territori. Celebrata nella “Puglia delle Puglie” con l’Oscar della qualità. Manifestazione che, organizzata dall’Accademia del gusto in collaborazione con l’Accademia della estronomia storica (rappresentate da Massimo Pitti e Sandro Romano), ha avuto come testimonial Gianfranco Vissani. La star dei fornelli, ha calamitato l’attenzione delle decine di aziende presenti uno dei settanta alberghi di San Giovanni Rotondo. La vis polemica del cuoco toscano ha subito prevalso: «Voi siete piccoli, cosa potete fare in questo Paese allo sbando dove trionfano le importazioni di farine modificate, dove vengono truccate le etichette e i consumatori non sanno più Cosa comprare?». Proprio sulla «Ignoranza» di chi va a fare la spesa o si reca in un ristorante o in un albergo puntano produttori privi di scrupolo. Trasformarsi in «sentinelle» del gusto è fondamentale nella cruenta battaglia contro crisi e grande industria. Non solo per i consumatori, ma anche-e forse soprattutto- per gli operatori del settore. «La nostra terra è fonte di ricchezza – ha detto Vissani mio padre ci è morto continuando a lavorar la. Ecco perché bisogna insistere nel fare rete, nel mettersi insieme; nel fare economia». I «microcultori», come li ha definiti il 63enne chef di Civitella del Lago, sono il futuro. Tanto meglio se sono giovani. Come Francesca Faccilongo, 28 anni, laurea in Scienze gastronomiche che, insieme al fratello Antonio, sta trasformando la terra di Capitanata ereditata dai nonni e sta piazzando in Cina e a Singapore «u prunill», un pomodoro frutto dell’aridocultura. O come Giuseppe Santoro, di Cisternino, il cui capocollo di Martina Franca, fa da qualche mese bella mostra di sé in uno scaffale dei magazzini Harrods, tempio planetario dello shopping londinese. O, ancora, come Michele Cugnetti, biologo che, dopo aver dovuto lasciare il Cnr, produce «birra consapevole», frutto di attenta ricerca scientifica. Ovvero ancora la 27enne veterinaria Alessandra Germano, master in Marketing agroalimentare che, dopo una ricerca di mercato, ha deciso di produrre uova. Microstorie di successi che, premiati con l’oscar della qualità, hanno raccontato la fatica delle start-up, degli ostacoli che a volte la burocrazie pone, del difficile rapporto con le banche. Costanzo Dragano, albergatore sangiovannese, ci crede: «Siamo rimasti in settanta, la bolla seguita al Giubileo è scoppiata, ma quelli in attività ci sforziamo di lavorare al meglio delle possibilità». Vissani dal canto suo ha illustrato le sperimentazioni per produrre grano a Bergamo, Piacenza, Brescia: indispensabile, per avere una best-practice, insistere sul ritornello del «mettersi insieme è meglio». E che l’Italia non può essere solo rappresentata dai «supermercati del, lusso alimentare» (ogni riferimento al farinettiano progetto “Eataly” è puramente voluta), troppo cari per diffondere davvero la qualità, il sapere, il gusto, l’eccellenza. Di qualità ha parlato anche Elena Gentile. “Dobbiamo riconquistare grandi e antiche tradizioni e proporle in chiave contemporanea”, ha detto l’assessore regionale.
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A quelli che hanno figli e a quelli che li vorrebbero.
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Auguri Papà
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