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Vieste/ Gli attrezzi rurali trasformati da Raffaele Menonna in COINCIDENZE con le opere del medico-pittore Gaetano Cristina da questa sera fino al 10 dicembre a Palazzo Belluscio.

Zappe, falci, tenaglie, badili e ferri vecchi appartenenti alla cultura ed al lavoro con­tadino trasformati in uccelli, aironi, ballerine e guerrieri. Fino a realizzare una singolare opera nell’impianto idroelettrico del Po­schiavino (territorio di Sondrio) di Enel Green Power (la società del Gruppo che si occupa di sviluppo e gestione delle attività di generazio­ne da fonti rinnovabili), con gli oggetti in di­suso della centrale. L’artigiano è il 53enne viestano Raffaele Me­nonna, artista conosciuto nel centro garganico per la sua abilità nel lavorare il legno d’uli­vo, (di lui, se ne occupò anche Licia Colò di Geo-Geo), passione tramandata dal padre. Anni fa si trasferisce, per esigenze familiari, in Valtellina dove dal 2003 inizia un intenso per­corso di ricerca personale e di approfondimento artistico da autodidatta. Fino alla “spe­cializzazione” nell’ archeo-scultura, ovvero fi­no a quando ha deciso “di restituire un’anima agli attrezzi utilizzati nel lavoro della terra”, esordisce Menonna che spiega anche il perché dell’ esplosione artistica avve­nuta nel nord dell’Italia piuttosto che al sud, sul Gargano, a Vieste: “Bella domanda – sospira Menonna – a Vieste facevo tutt’altro, nel senso che lavoravo per vivere – come tutti coloro che hanno a che fare col turismo devi produrre, produrre. Dividevo l’anno in due: l’inverno mi dedicavo al restauro mentre l’estate produce oggetti in legno per i turisti. Non avevo bisogno di trasferirmi, a Vieste stavo bene ma alcune vicissitudini familiari hanno contribuito al trasferimento. Arrivato al nord ho iniziato a realizzare opere con oggetti ed attrezzi tramandati da padre in figlio per intere generazioni,fino ad arrivare alla nostra era digitale ­dove si corre e tutto si abbandona. Una corsa perenne che ci ha fatto abbandonare le nostre tradizioni ed il bello di ciò che avevamo”. Tutto questo era possibile anche nella terra natia: “Quando si abbandona la propria terra tutto ciò che era scontato diventa nuovo e bello, come la scoperta inconsapevole di tante cose. In questo senso rientrano tante mie sculture che altri artigiani, fabbri o falegnami, hanno realizzato per scopi poveri senza importanza che visti con altri occhi, quelli del viaggiatore, del forestiero, assumono significato profon­do e consegnano valore a queste persone che, nel corso del tempo, hanno costruito e utilizzato questi attrezzi dando possibilità ad altri ­uomini di poter lavorare quindi di vivere. Oggi quegli stessi oggetti, attrezzi, io li vedo occhi poetici, posso presentarli ad un altro pubblico. Non c’è solo un attrezzo ma una poesia. Ho potuto vedere tutto questo da fuo­ri, con altri occhi”. Tante e diverse le opere realizzate, qual’è quella che meglio rappresenta l’artista Mera (il nome artistico di Raffaele Menonna, le cui iniziali coincidono con il fiume valchiavennasco Mera)? “È come chiedere ad una madre di tanti figli a quale vuole più bene. Sono tutte mie creature, figli miei. Le opere non nascono per una vendita; per una produzione ma per ne­cessità personale. Possiamo dire che ci sono diverse opere che hanno a che fare con il rap­porto terra-uomo che si erge, sale, posiziona­to in alto per dargli dignità che, a sua volta, può essere rappresentata da due semplici uccelli. realizzati con falci e picconi. Quelle stesse per­sone che hanno utilizzato quegli attrezzi pe­santi oggi si trovano in alto, leggeri. Stesso di­scorso per i lavori che sto realizzando que­st’anno: danzare è come volare. Racchiudere il movimento, la sospensione, la leggerezza. Se a tutto questo ci aggiungiamo la poesia possiamo raggiungere un elevato punto artistico”. Poi ci sono le sculture realizzate nella centra­le dell’Enel in provincia di Sondrio: “Nel com­plesso Enel Green Power ho realizzato un museo a cielo aperto recuperando macchinari vecchi abbandonati nella centrale. Ho resti­tuito una nuova vita assemblando otto scultore raffiguranti la centrale Enel con cavalieri e fanti che inseguono e custodiscono l’acqua dalle montagne fino a fare arrivare a valle, passare nella centrale e farla defluire nell’Adda”. Il sogno di Mera è quello di poter vivere della sua passione: “Vorrei diventasse anche il mio lavoro, sto seminando per far sbocciare com­pletamente e concretamente la mia nuova esistenza”, ha concluso l’ artista garganico che da oggi fino al l0 dicembre sarà presente a Vie­ste con la sua prima personale a Palazzo Bel­lusci. Insieme alle sculture di Mera anche le opere di Gaetano Cristina medico e pittore in una mostra curata dalla storica d’arte Stefa­nia Maggiulli Alfieri. Ma è Cristina a tracciare un profilo dello scultore viestano e racconta­re i primi incontri: “Nel dicembre 2015 ho co­nosciuto, per caso, al numero civico novanta­tré in Vieste, lo scultore Raffaele Menonna. Alcuni mesi dopo, sempre per caso, di sera, ho visto nel suo studio alcune sue opere. Queste trasmettevano nel silenzio della notte miste­ro e magia, emozionandomi, subito, tanto da pensare al grande personaggio del cavaliere senza paura di Cervantes, ovvero il Don Chi­sciotte della Mancia. Riesce a creare con materiali estremamente poveri, opere di forte spessore artistico. Come il Don Chisciotte a cavallo del suo ronzino si scaglia contro i mu­lini a vento, che non sono altro la metafora dei mostri della mente, cosi il Menonna osa sfida­re, forse inconsapevolmente, ma eroicamen­te, gli scultori del passato, primo fra tutti l’in­glese Henry Moore e lo svizzero Alberto Gia­cometti. Non essendo un critico d’arte, né un filosofo, né un professore di lettere o scienze artistiche, credo che l’unica opportunità per conoscere l’artista in questione è di dedicare qualche ora del proprio tempo per contem­plare di persona le sue opere”.
MOSTRA DI PITTURA E SCULTURA “COINCIDENZE” A PALAZZO BELLUSCI ESPONGONO GAETANO CRISTINA E RAFFAELE MENONNA. DALLE ORE 17,30 ALLE 20,30. DOMENICA DALLE ORE 10,30 ALLE 13,00.

Michele Gemma
L’attacco

 

 

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