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Alberindo Grimani riporta alla luce Emanuele Brunatto, l’invisibile eroe della Shoah che utilizzava il suo denaro per salvare vite umane.

E’ quantomai straordinaria e rocambolesca la storia di un industriale torinese che per motivi di lavoro si stabilisce a Parigi dal 1932 al 1961.
Emanuele Brunatto è un nome molto conosciuto tra i devoti di Padre Pio: non c’è biografia del Santo ove non compaia, nel bene e nel male, l’attività di questo personaggio, il quale appare più come una figura mitica e leggendaria che non una persona realmente esistita.
La vicenda, scoperta grazie ad anni di ricerche approfondite e narrata con dovizia di particolari da Alberindo Grimani nel libro “146, Boulevard Haussmann” trae le origini in un palazzo di Parigi dove alloggiano i protagonisti principali di questa incredibile storia, appunto al n.146 del Boulevard Haussmann del capoluogo francese.
Al pianterreno, sulla strada, c’è un negozio di antiquariato di proprietà di due coniugi, Joseph ed Irene Soustiel, e l’uomo è di fede ebraica; al 5° piano ci sono abitazione ed uffici di Emanuele Brunatto, amministratore delegato della Società anonima Locomotive Zarlatti.
Nell’aprile del 1940 le forze armate tedesche entrarono trionfalmente a Parigi ed in tempi brevissimi tutta la Francia fu occupata. Brunatto, inizialmente contattato dal Comando delle forze tedesche per ricoprire il ruolo di intermediario tra la loro Intendenza ed i produttori francesi nelle forniture alimentari, si ritrovò nell’insolita veste di essere il fiduciario di entrambe le parti.
Nessuno poteva immaginare, e neppure egli stesso, che quel ruolo gli sarebbe servito come alibi per la sua attività di salvataggio e di aiuto a chiunque fosse stato a rischio lager o di fucilazione e dunque in pericolo di vita. Perché Emanuele Brunatto, truffatore e benefattore al tempo stesso, frequentemente pagava in denaro contante i “favori” che riceveva.

Tutto ha inizio il giorno in cui Brunatto incontra Soustiel, l’ antiquario francese che nel suo negozio ed in preda alla disperazione,gli confida di aver compilato in malo modo un modulo che di fatto sancisce erroneamente l’origine ebraica di tutti i componenti della propria famiglia. A quel punto l’industriale offre immediatamente il suo aiuto e inizia ad adoperarsi per far annullare quel pezzo di carta che ha più valore di una condanna. Comincia così il piano fantastico e incredibile di Brunatto: dimostrare che i nonni materni dell’antiquario Joseph sono di origine italiana e quindi di “razza ariana”. Avvalendosi della collaborazione di abili falsari, sacerdoti cattolici compiacenti, notai di origine italiana, funzionari dell’Ambasciata italiana a Parigi, e corrompendo funzionari francesi e tedeschi, nel giro di tre anni riesce nell’ardua impresa.
Nel mezzo della vicenda si inseriscono i salvataggi di innumerevoli famiglie ebree, di gruppi di resistenza ai nazisti e opposizione al regime della Francia collaborazionista, di religiosi e religiose. Brunatto nella sua opera di salvataggio non ha mai fatto distinzioni di nazionalità, di fede religiosa o politica: fossero i perseguitati cattolici o atei, ebrei o musulmani, partigiani o collaborazionisti, comunisti o fascisti. Centinaia di ebrei furono da lui aiutati, protetti e salvati e molti di loro sottratti alla pena di morte grazie al riscatto operato dal suo ingegno e dalle ingenti somme di denaro che “investiva” in vite umane.
Alla fine della guerra, poiché pendevano sul suo capo denunce di vario tipo come collaborazione col nemico, cospirazione contro lo stato francese, mancata ottemperanza a ordine di espulsione, etc. Brunatto fu condannato a morte, in contumacia, nel 1948 dal Tribunale di Parigi. La sentenza fu annullata e completamente ribaltata dal Tribunale militare di Marsiglia nel 1951 e sostituita con una condanna a 5 anni con la condizionale, grazie alle innumerevoli testimonianze dei sopravvissuti e di una campagna mediatica per quei tempi ad alto livello. Giunsero attestati in suo favore dalle più alte cariche istituzionali francesi, dal mondo politico, industriale e letterario. Perfino il Nunzio apostolico a Parigi, mons. Angelo Roncalli, il futuro Papa Giovanni XXIII, fece pervenire il suo appoggio.
Nel gennaio 1962, Brunatto tornò in Italia perché chiamato da Padre Pio. Fu trovato morto nella sua abitazione di Roma in Via Nazionale 243 la mattina del 10 febbraio 1965, molti sospettarono avvelenato con la stricnina.

Alberindo Grimani | Nato a Campobasso il 21 settembre 1941, laureato in giurisprudenza, vive a Roma. Direttore dell’Archivio Emanuele Brunatto. Studioso di Fatima e Padre Pio.
Poeta, scrittore, saggista e studioso d’arte. Esperto di Modigliani, Degas, Macchiaioli toscani e pittura napoletana dell’800.
Ha pubblicato:
21 poesie quasi moderne (1963); L’altra sponda del Mediterraneo (poesie, 1971); G. De Nittis alle Esposizioni d’arte napoletane (conferenza, Roma 1985; Marcello Scarano e la sua pittura (1986, coautore Giuseppe Jovine); La valle del Cigno (racconti, 1989); Modigliani, disegni giovanili (1990, coautore Osvaldo Patani); Ehilà l’Aldilà! Racconti per sette sere (1992, coautore Sabino d’Acunto); Le Sindacali fasciste di Belle arti d’Abruzzo e Molise (conferenza, Roma 1992);Il periodo molisano di Giovanni Gentile ((conferenza, Campobasso e Roma 1993); Padre Pio nel Molise (1999).

Alberindo Grimani – !46, Boulevard Haussmann – Youcanprint – 196 pagine (2013)
Il libro è disponibile online

 

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