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Vieste/ Processo appello Medioevo, racket guardiania c’è pure la mafiosità. L’aggravante riconosciuta per uno dei 5 condannati

Per la prima volta nella sto­ria giudiziaria di Vieste riconosciuta la sussistenza dell’aggravante della mafio­sità, almeno per uno dei 7 imputati del processo d’appello «Medioevo» sul racket della guardiania che rispetto al primo grado ne ha persi due, morti ammazzati nella guerra di mala che nella capitale del turismo pugliese dal gennaio 2015 ad oggi ha contato 5 omicidi, 4 tentativi di omicidio e 1 lupara bianca, tutti delitti al momento irrisolti. I giudici della prima sezione della corte d’appello di Bari han­no condannato Giambattista Notaran­gelo, 45 anni, viestano a 7 anni e 6 mesi per estorsione con il riconoscimento dell’aggravante della mafiosità. il proces­so d’appello si è concluso con 5 condanne a complessivi 21 anni e 2 mesi di reclu­sione, mentre è stato dichiarato il non doversi procedere nei confronti di An­gelo Notarangelo, alias «cintaridd am­mazzato il 26 gennaio del 2015; e Gian­pietro Vescera assassinato il 3 settembre del 2016. In primo grado – sentenza del Tribunale di Foggia del 4 febbraio 2014 – ci furono 2 assoluzioni e 5 condanne per complessivi 36 anni e 8 mesi, con esclu­sione dell’aggravante della mafiosità.

L’ASSOCIAZIONE ANTIRACKET –

I giudici di secondo grado hanno anche condannato gli imputati a risarcirei dan­ni all’associazione antiracket di Vieste (la prima costituita in Capitanata nel 2009, sull’onda di oltre 50 intimidazioni in un anno ai danni di commercianti e impren­ditori della cittadina garganica); alla Fai, la federazione antiracket italiana di cui è presidente Tano Grasso, al Comune di Vieste ed alcune vittime: l’ente locale chiedeva una provvisionale (un anticipo del risarcimento da quantificare in una eventuale causa civile), ma i giudici han­no rigettato questa richiesta.

7 ANNI A RADUANO –

Questa la sen­tenza pronunciata 48 ore fa in corte d’ap­pello a Bari, Marco Raduano , 33 anni, ex presunto braccio destro di «Cintaridd» ed ora ritenuto un emergente della mala gar­ganica tornato libero nel febbraio scorso dopo 18 mesi di detenzione per altre vi­cende processuali, è stato condannato a 7 anni e 1 mese di reclusione, rispetto agli 8 anni e 4 mesi inflitti dai giudici del Tribunale di Foggia il 4 febbraio 2014: Ra­duano è stato condannato a 7 anni per estorsione con esclusione dell’aggravan­te della mafiosità, cui aggiungere un altro mese di reclusione per concorso nella ri­cettazione del carrello usato per il tra­sporto di una cisterna. Gianbattista No­tarangelo (cugino del defunto Angelo Notarangelo), come detto, è stato condan­nato a 7 anni e 6 mesi per un’estorsione con riconoscimento dell’aggravante della mafiosità, a fronte degli 8 anni e 4 mesi inflitti in primo grado, quando però ven­ne esclusa l’aggravante. Domenico Co­langelo, 39 anni, si è visto confermare la condanna a 4 anni per concorso in un tentativo di estorsione con esclusione dell’aggravante della mafiosità. Giusep­pe Germinelli, 50 anni, è stato condan­nato a 2 anni e 6 mesi per un solo degli episodi di tentata estorsione oggetto di contestazione, sempre con esclusione del­la mafiosità, a fronte dei 5 anni di con­danna di primo grado. Liberantonio Az­zarone, 27 anni, è stato infine condannato a 1 mese per concorso con Raduano nella ricettazione del carrello, imputazione per la quale fu assolto a Foggia. Gli altri due imputati, per i quali c’è stata la dichia­razione di non doversi procedere per la loro morto, erano Angelo Notarangelo che a Foggia fu condannato a 11 anni per tre estorsioni e tentata estorsioni con l’esclusione dell’aggravante della mafiosità; e Gianpietro Vescera che a Foggia fu assolto dall’accusa di concorso nella ri­cettazione del carrello. Contro la sentenza di primo grado c’era stato sia l’appello del pm (che chiedeva per molti imputati il riconoscimento dell’aggravante della ma­fiosità) sia dei cinque condannati. Il pg chiedeva condanne; gli avvocati Fran­cesco Santangelo, Giancarlo Chiariel­lo, Carlo Mari, Mara Ghezza, Lorenzo Incardona sollecitavano l’assoluzione dei 5 viestani, e in subordine riduzioni di pena ed esclusione dell’aggravante della mafiosità.

IL PROCESSO MEDIOEVO –

«A Vieste è finito il “Medioevo” arrestato il boss Notarangelo» scriveva la Direzione di­strettuale antimafia nel comunicato dif­fuso il 14 aprile del 2011 in occasione dell’omonimo blitz contrassegnato da 7 arresti. Il processo a 8 imputati (uno era deceduto per cause naturali nel corso del processo di primo grado) era cominciato a Foggia il 12 gennaio del 2012 quando c’era stata la costituzione di parte civile in mas­sa di vittime, enti locali ed associazioni. Gli 8 imputati erano accusati a vario ti­tolo di 4 estorsioni e tentativi di estorsioni (e l’episodio della ricettazione del carrello) per fatti avvenuti tra il 2006 e il 2010, con l’aggravante della mafiosità. L’in­chiesta riguarda il cosiddetto «racket del­la guardiania», ossia l’imposizione di custodi in campeggi, lidi, villaggi turistici. Imposizioni talvolta precedute e/o segui­te da incendi e danneggiamenti e dai «consigli»: «quando ti metti il guardiano?»

 

Le tappe dell’inchiesta «Me­dioevo». Dal blitz a guerra di mala inflitti 7 anni al nuovo boss.

14 aprile 2011

Scatta il blitz di Direzione distrettuale antimafia di Bari e carabinieri foggiani con l’esecuzione di 7 ordinanze cautelari firmate dal gip che pe­rò accoglie soltanto parzialmen­te le richieste dei pubblici ministeri. Tra gli arrestati il più noto è Angelo Notarangelo, classe ’77, allevatore viestano so­prannominato «Cìntaridd» e ritenuto al vertice dell’omonimo clan attivo nel traffico di droga e nel racket. Erano inizialmente 19 gli indagati accusati a vario titolo di associazione mafiosa (8 indagati); traffico di droga (11 indagati); vari episodi di spac­cio di droga; usura; e una mezza dozzina di estorsioni e ten­tativi di estorsioni. il gip rigettò le ri­chieste d’arresto per mafia, droga e usura e firmò le or­dinanze cautelari per singoli episodi di estorsione e per ricettazione esclu­dendo la sussistenza dell’aggravante della mafiosità.

11 maggio 2011

Disposto il sequestro preventivo di beni di tre indagati dell’inchiesta «Me­dioevo» per un valore stimato dagli investigatori in 10 milioni di euro: 30 immobili tra appar­tamenti, ville, terreni e box; una concessionaria d’auto e quote di un bar. Verranno poi dissequestrati.

18 ottobre 2011

Il gup di Bari rinvia a giudizio 8 imputati ac­cusati a vario titolo di estorsio­ne, tentata estorsione e ricettazione di un carrello.

12 gennaio 2012

Inizia in tribunale a Foggia il processo «Me­dioevo» a 8 imputati (uno morirà pere cause naturali nei mesi suc­cessivi): si costituiscono parte civile associazione antiracket di Vieste, Comune, Federazione antiracket italiana e alcune delle vittime del pizzo.

26 novembre 2013

Il pm della Dda chiede 7 condanne con pene da 2 a 13 anni e chiede il rico­noscimento dell’aggravante della mafiosità.

4 febbraio 2014

I giudici as­solvono 2 imputati e ne condannano altri 5 a 36 anni e 8 mesi con pene da 4 a 11 anni: esclusa l’aggravante della mafiosità; inflitti 11 anni ad Angelo No­tarangelo.

31 luglio 2014

Angelo Notarange­lo, detenuto da tre anni e mezzo sia per il processo «Medioe­vo» sia per l’inchie­sta analoga «I tre moschettieri», tor­na libero dai: domi­ciliari con obbligo di dimora a Vieste. –

26 gennaio 2015

Angelo Notarangelo ucciso alle 7 di mat­tina alla periferia di Vieste in un agguato di mafia.

3 settembre 2016

Ucciso a Vieste Gianpietro Vescera che nel processo «Medioevo» era sta­to assolto dall’accusa di concor­so nella ricettazione di un carrello.

14 luglio 2017

I giudici della corte d’appello dichiarano non doversi procedere nei confronti di Angelo Notarangelo e Vescera perché morti e condannano gli altri 5 imputati a 21 anni e 2 mesi: per un solo imputato riconosciuta la sussistenza dell’aggravante della mafiosità.

 

gazzettacapitanata

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