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Quattro mesi fa l’eccidio di San Marco. Tanti interrogativi, nessuna risposta

Sono trascorsi quattro mesi dalla strage di San Marco in Lamis in cui furono uccisi Mario Luciano Romito, ritenuto boss dell’omonimo clan, e tre innocenti, il cognato Matteo De Palma e due agricoltori, i fratelli Aurelio e Luigi Luciani. Quattro mesi di interrogativi, di domande, di supposizioni ma tutte senza alcuna risposta. Chi ha ucciso brutalmente Mario Luciano Romito con i testimoni involontari? La risposta più immediata è: i Li Bergolis, la famiglia un tempo alleata con i Romito ma poi diventata acerrima nemica. Qualcuno ha ipotizzato che la strage di San Marco in Lamis potesse essere collegato con l’omicidio di Antonio Petrella e Nicola Ferrelli, uccisi ad Apricena il 21 giugno scorso per vicende di droga. Una tesi che però negli ultimi tempi sembra perdere credibilità, mentre quella di una vendetta dei Li Bergolis prende sempre più piede. Una vendetta inquadrata nella rivalità tra le due famiglie nata all’indomani del maxiprocesso alla mafia garganica in cui emerse che Franco Romito, fratello di Mario Luciano, era confidente dei carabinieri. Da allora è iniziata una lunga scia di sangue da entrambe le famiglie iniziata proprio con l’omicidio di Franco Romito barbaramente assassinato a Siponto.
Mario Luciano era uscito dal carcere dieci giorni prima del 9 agosto scorso, quando è stato ucciso: troppo poco tempo per organizzare attività illecite tanto da dare fastidio a qualcuno. Inoltre pare che subito dopo la scarcerazione sia stato qualche giorno in Spagna. Ecco perché la vendetta dei Li Bergolis appare ormai la più credibile. Mario Luciano era scampato più volte alla morte. Il 18 settembre del 2009 quando qualcuno piazzò un ordigno nel vano motore dell’automobile con la quale insieme al fratello Ivan stavano andando dai carabinieri per l’obbligo di firma. La seconda il 27 giugno del 2010: Mario Luciano era in auto con il nipote Michele quando l’auto dei killer si affiancò al mezzo sparando numerosi colpi d’arma da fuoco uccidendo Michele e risparmiando il boss. Non è escluso che i killer ipotizzassero che alla guida del mezzo ci fosse Mario Luciano, come spesso avveniva, e non il nipote. E forse in queste dinamiche potrebbe essere inquadrato l’omicidio di Saverio Tucci “faccia d’Angelo” ucciso in olanda il 14 ottobre scorso ritenuto dagli inquirenti vicino alla famiglia Li Bergolis. Naturalmente, siamo sempre nel campo delle ipotesi poiché al momento di concreto sembra non esserci nulla.
L’unica cosa certa è che sul Gargano le cose non si dimenticano con gli anni. Nel 1992 quando la rivalità era tra i Li Bergolis e gli Alfieri Primosa la faida del Gargano arrivò sino a Nova Milanese, in provincia di Milano, quando fu ucciso Nicolino Primosa, figlio di Antonia Alfieri, ritenuta dagli investigatori a capo del clan omonimo ma assolta nel giugno 2000 dal gup del Tribunale di Foggia. Nove anni dopo un’altra strage. Era il 12 aprile del 2001, venerdì di Pasquetta: sulla strada a scorrimento veloce del Gargano su un’automobile stanno viaggiando Giuseppe Quitadamo, di Monte Sant’ Angelo ma residente anch’egli a Nova Milanese, Francesco Prencipe, e Daniele De Nittis. Due automobili li affiancano sparando all’impazzata, uccidendoli. Quitadamo e Prencipe erano ritenuti vicino agli Alfieri-Primosa. Sul Gargano non c’è l’oblio per il rancore, per l’astio per i nemici e la vendetta, prima o poi, deve essere consumata. Anche se ci vogliono dieci anni.

Luca Pernice