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JEAN ANNOOT, L’ANGELO DEL FANGO VOLATO AL SUD

Per chi ha frequentato Jean, l’avvicinarsi del 19 marzo procura sempre un’emozione forte, che inesorabilmente apre le porte alle pagine scritte del passato. È un ricordo vivo e profondo, prepotente e dirompente, a tratti accusatorio, che la ragione non svela mentre il cuore impone, perché Jean Annoot, a 28 anni dalla sua scomparsa, crea ancora le perfette armonie per avvicinare lo spirito ai meandri segreti delle ragioni del cuore.
Jean Benoit Arthur William Emmanuel Annoot, artista filosofo e naturalista, era nato a Forest in Belgio il 21 maggio 1928 da una famiglia fiamminga francofona ed aveva frequentato l’Accademia di Belle Arti di Bruxelles. A Cannes, negli anni Cinquanta, aveva persino conosciuto Pablo Picasso. In alternativa al servizio militare aveva svolto il Servizio Civile Internazionale venendosi a trovare a Firenze nel 1966 con migliaia di giovani provenienti da mezza Europa per recuperare e restaurare manoscritti, mobili e antiche opere d’arte. Da Firenze arrivò nell’aspro e adriatico Gargano, risiedendo dapprima a Vieste, per poi alternare il suo soggiorno tra Vieste e Monte Sant’Angelo, dove ritrovava le radici meridionali più autentiche, alterate altrove dallo smisurato turismo balneare. Numerosissime le sue opere ad olio ed acquerello dove si rinvengono i paesaggi, i luoghi e i personaggi incontrati nel Gargano e nei viaggi attraverso l’Europa, L’Africa e l’Asia. Jean è deceduto ad Accra in Ghana il 19 marzo del 1990.
Jean frequentava a Vieste quel gruppo di giovani intellettuali (Antonio Cirillo, Giuseppe Ruggieri, Angelo Vaira) di cui il prof. Arturo Palma di Cesnola, studioso affermato della Preistoria, in un convegno tenutosi sulla ricerca archeologica, ebbe a vantare i ragguardevoli meriti culturali. Un sodalizio culturale importante, quindi, la cui frequentazione dovette risultare del tutto naturale per un artista come Jean, assetato di conoscenze naturalistiche, paesaggistiche ed archeologiche. Tra le sue amicizie, legato com’era alle problematiche ambientali, annoverava anche i componenti del W.W.F. locale, tra i quali Franco Ruggieri, Domenico Ragno e il regista teatrale Carlo Formigoni.

Isabella Cappabianca, scrittrice, poetessa “Maestra di vita”, lo ricorda ancora felice con pane e pomodoro mentre sul suo terrazzo del centro storico dipingeva, rilevando nelle tracce della sua potente umanità di uomo e di artista l’attualità della sua presenza, nonostante sia scomparso da 28 anni.
Trasandato quanto basta all’artista giramondo, nobile nel suo umile rispettare fatti e persone oltre le miserie dell’esistenza terrena, riconoscente a vita per un modesto pezzo di pane e un sorso di vino condivisi, Jean doveva essere davvero ricco se qualcosa di lui ancora vive in tanti di noi e se la celestiale città di Monte S. Angelo gli ha persino dedicato una via.

Jean, “cittadino del mondo”, in punta di piedi sapeva unire la propria solitudine alla nostra e, cogliendo sempre l’attimo giusto, sapeva pronunciare la parola attesa e lanciare l’idea da condividere. Intellettuale senza saperlo, né volerlo, era sempre pronto a rivendicare i diritti, a pretendere la tutela materiale e immateriale di beni e persone, non importa di quale luogo geografico, non importa di quale etnia.
E sempre “in punta di piedi” Jean, un vissuto complicato da portare e un silenzio difficile da vivere nel giardino segreto dove nascono i fiori della speranza, appariva il maestro. Il maestro umile e modesto che indicava la vera via dell’impegno civile.
Lui, tra i migliori fiori di quel Gargano che non può dimenticarlo, resta presente nei ricordi, laddove i sentimenti di amicizia e di fratellanza si fanno intensi e dove la coscienza rimane imperturbabilmente chiara e limpida.
Sembra di rivederlo spesso Jean, tra sogno e realtà, con il cavalletto sotto il braccio, a San Francesco, scendere le antiche e severe scale che portano al trabucco e che il Maestro Matteo Siena gli ha dedicato. E girarsi verso la sommità della scalinata per un ultimo saluto dal sorriso sincero, cordiale, luminoso. Un sorriso che non si spegne neanche davanti all’ultimo scempio ambientale e paesaggistico compiuto a San Francesco, mentre impietosamente l’orizzonte adriatico è minacciato da infernali macchine sporche di petrolio.
Ancora una volta l’uomo, nel continuo e incessante tentativo di superare i limiti della natura umana sfidando Dio, continua imperterrito a rimuovere la storia, a oltraggiare la natura, ad offendere le intelligenze.
Ancora una battaglia persa, caro Jean. Ma le idee, le tue, con te voleranno eterne sulle ali della libertà.

Michele Eugenio Di Carlo

 

 

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