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Vieste/ Restano in carcere padre e figlio. Il gip ha accolto la richiesta della Procura. I due incensurati non rispondono al giudice. Accusati di detenere oltre 5 chili di stupefacente.

Carcere confermato per padre e figlio – Francesco e Riccardo Quitadamo, viestani di 50 e 18 anni – arrestati in flagranza nei giorni scorsi dalla Polizia per­ché accusati di detenzione ai fini di spaccio di 5 chili e 740 grammi di marijuana. L’ha deciso il gip del Tribunale di Foggia Do­menico Zeno dopo l’interrogatorio di con­valida dei due presunti spacciatori svoltosi nella casa circondariale del capoluogo dauno: accolta quindi la richiesta della Procura di detenzione carceraria. Padre e figlio di­fesi dall’avvocato Salvatore Vescera si so­no avvalsi della facoltà di non rispondere alle domande del giudice: il difensore ha preannunciato ricorso al Tribunale della libertà di Bari contro la decisione del gip per chiedere una misura meno grave del car­cere – domiciliari o obbligo di dimora – an­che in considerazione dello stato di incensuratezza dei due Quitadamo che nella nota stampa diffusa dalla Questura di Foggia per dar conto dell’arresto e del maxi-sequestro di droga, sono stati indicati come «fratello e nipote di un elemento di spicco della cri­minalità viestana legato al clan Perna». Vieste, come noto, è uno dei punti più «caldi» – se non il più «caldo» in assoluto – in

Capitanata sul fronte della vertenza sicu­rezza, visto che dal gennaio 2015 ad oggi si sono registrati ben 13 fatti di sangue tutti ancora in cerca d’autore: 8 omicidi, 4 ag­guati falliti e 1 lupara bianca (ossia uomo ucciso e cadavere fatto sparire). Molti di questi agguati sarebbero collegati, secondo l’ipotesi investigativa, ad una guerra all’in­terno di un clan un tempo unitario e che poi si sarebbe diviso tra due fazioni facenti capo una a Girolamo Perna, giovane allevatore per due volte sfuggito alla morte; e l’altra al suo ex amico Marco Raduano, a sua volta rimasto «solo» ferito in un agguato sotto casa a colpi di mitra e fucile. Al centro delle rivalità e degli affari illeciti c’è anche il grande affare della droga, e della marijuana soprattutto, visto che negli ultimi anni le coste garganiche e di Vieste in particolare sono diventate il punto di approdo di decine e decine di tonnellate di «erba» (nome in gergo della marijuana), importate dall’Al­bania, consegnate a Vieste per poi essere distribuite non solo nel Foggiano ma anche in altre zone d’Italia. Per dare l’idea della portata dell’affare basti pensare che nel corso del 2017 le forze dell’ordine hanno sequestrato ima decina di tonnellate di marijuana nella zona viestana, cui aggiungere altri 900 chili dall’inizio del 2018. In questi sequestri rientrano anche i 5 chili e 740 grammi che Procura e Polizia (l’operazione è stata condotta del «gruppo Gargano» della squadra mobile di Foggia e dei colleghi dei Reparti prevenzione cri­mine) hanno rinvenuto e sequestrato in due posti differenti. La gran parte della sostanza stupefacente – poco più di 4 chili e mezzo custoditi in otto buste – i poliziotti l’hanno rinvenuta in un rudere nelle campagne di Vieste trasformato in un rimessaggio per attrezzi agricoli. Mentre i poliziotti erano impegnati in quei rastrellamenti, vicino al terreno oggetto del controllo è sopraggiunta – stando alla ricostruzione dell’accusa – un’auto con a bordo Francesco Quitadamo e il figlio Riccardo che sono stati fermati per un controllo ed arrestati dopo il rinveni­mento nella macchina di un altro chilo e 119 grammi sempre di marijuana. Ardue vie­stani pm e poliziotti contestano il possesso di tutta la marijuana sequestrai Ma non anche dei 260 grammi di cocaina, rinvenuti in un bidone sotterrato in un altro terreno, sui cui «proprietari» sono ancora in corso indagini per identificarli.

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