Da Vieste gli operatori turistici del Gargano sono tornati a rimarcare tutte le difficoltà di allungare la stagione, Lavorare tutto l’anno è ad oggi una chimera, il comparto funziona quando va bene (come nei caso della città del Pizzomunno) 3-4 mesi. Pesa il gap infrastrutturale che però non può rappresentare un alibi perla perdita di posizioni della Montagna del sole in arrivi. L’Attacco ha intervistato l’assessore regionale alla cultura e turismo, Loredana Capone.
Lei ha parlato dì un incremento a due cifre del turismo in Puglia ad aprile 2019 rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Da cosa è dipeso?
Si tratta di un risultato che stiamo conseguendo sulla destagionalizzazione, che riguarda tutte le stagioni spalla. Prima il nostro turismo era centrato solo sulla stagione balneare. Oggi si allarga perché la Regione, le amministrazioni comunali, gli operatori turistici stanno investendo nelle aperture anche in altri periodi, ad utilizzare i weekend, a fare animazione territoriale ed eventi che attraggano i turisti tutto l’anno. Noi dobbiamo puntare sempre di più su questo perché destagionalizzare significa potenziare l’offerta, avere più presenze durante l’anno e quindi più spesa, avere più competenze qualificate che vengono a lavorare in Puglia o che rimangono a lavorare qui. Due o tre mesi di lavoro non bastano per nessuno per poter immaginare una vita dedicata al turismo. Dunque solo destagionalizzando si ha un turismo che si lega agli altri settori economici.
La Puglia registra l’aumento di anno in anno di arrivi e presenze. Ma ciò non si traduce ancora in aumento di occupazione stabile.
E’ proprio questo il fenomeno che noi dobbiamo ribaltare. Bisogna avere non solo arrivi e presenze in estate, ma diluirli lungo tutto l’anno. Più si diluiscono più cresce il lavoro e in particolare l’occupazione stabile e qualificata. Una destinazione è attrattiva anche per questo. E se una destinazione è attrattiva non crescono solo i turisti, ma i servizi, Sa qualità dei servizi, la conoscenza delle lingue, la presenza dì operatori con competenze particolarmente qualificate. La formazione deve andare di pari passo con l’occupazione e l’occupazione deve andare di pari passo rispetto all’offerta turistica.
Come si combatte il sommerso, assai presente sia nel personale che nelle strutture ricettive?
C’è un sommerso di strutture, innanzitutto, rispetto agli alberghi. Molte strutture extralberghiere non sono dichiarate. Noi abbiamo fatto una legge al riguardo, peraltro approvata all’unanimità, che introduce il codice identificativo delle strutture, permettendo di individuare quelle che si promuovono sui portali web ma non pagano le tasse, facendo attività turistica in concorrenza sleale agli alberghi. Ci teniamo ad avere un’offerta multipla, adatta alle varie esigenze dei turisti, ma non possiamo tollerare una concorrenza sleale. Per questa ragione avevamo fatto la legge, ma il Governo ce l’ha impugnata davanti alla Corte costituzionale ritenendo di doverla fare come governo. Ma stiamo aspettando da mesi e ancora non ce l’abbiamo. Non ci convince questa politica del non fare e dell’impugnare le cose che fanno gli altri.
Ma c’è anche un sommerso nei lavoro.
E’ agevolato dal fatto che ci sono strutture che non assumono o assumono soltanto temporaneamente. Io penso che debbano esserci in proposito molte agevolazioni fiscali perché oggettivamente da noi il costo del lavoro è più alto di quello di altre destinazioni turistiche che sono molto competitive e fanno concorrenza alla Puglia. Cito come esempio tutta l’Europa dell’Est. In Albania il costo del lavoro è molto basso. Noi non potremo mai avere quei costo dei lavoro, dobbiamo necessariamente puntare sulla qualità dei servizi e su un’offerta migliore per competere. Però, non è nemmeno giusto che ciò che finisce nella busta paga del lavoratore sia così tanto differente da quello che paga il datore di lavoro. E’ questo che genera il sommerso e il nero. Serve quindi ridurre le imposte sul lavoro, penso che debba essere un obiettivo.
Agli operatori viestani e garganici lei è tornata a ribadire che non sono le infrastrutture a fare il successo di una destinazione turistica, il successo dipende dalia capacità attrattiva.
Dico che dipende da entrambi. L’uno non può essere l’alibi per l’altro. Ci sono località che non hanno grosse infrastrutture ma riescono ugualmente ad essere attrattive, perché puntano magari sul turismo lento, sulla maggiore permanenza, sulla possibilità di godere dei paesaggio, della cultura e della natura. E’ la stessa cosa che avviene quando si istituisce in una città un’isola pedonale. All’inizio sono tutti contrari, perché si vorrebbe arrivare in auto vicino al negozio e si pensa che se quel negozio non vende è a causa dell’Isola pedonale. In realtà, non si può fare un’isola pedonale se non ci sono parcheggi e servizi. Quindi la verità sta in entrambe le cose: ci vuole sia l’infrastruttura sia l’attrattiva. Chi ha entrambe sta ovviamente meglio. Qui a Foggia stiamo lavorando per l’allungamento della pista dell’aeroporto Gino Lisa, ormai imminente dopo la posa della prima pietra. Ma finché non c’è l’aeroporto che facciamo? Non ci attrezziamo come destinazione? Dobbiamo lavorare sui servizi e sui potenziamento dell’offerta culturale, naturalistica, di trekking, cicloturismo, etc., in modo tale da far godere della vacanza anche se purtroppo c’è un problema sia sulle strade che sull’aeroporto.
Dunque l’aeroporto non è sufficiente?
Non basta. Bisogna averlo ma non sarà sufficiente se non ci si attrezza con servìzi connessi ad un’offerta turistica di qualità e multipla
Lucia Piemontese
L’Attacco