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La Puglia e il mito di Federico II, il «sovrano illuminato» che piace a tutti

Per i fascisti aveva posto i temi della ragion di stato e della tirannide, cari a Mussolini, già nel Medioevo. Oggi è diventato un simbolo identitario e un emblema di apertura.

C’è una regione in Europa in cui sono nate una compagnia aerea battezzata «Federico II Airways», una banca «Federiciana» e una società di vigilanza privata, la «SveviaPol»; ci sono anche una megacentrale elettrica chiamata «Federico II» e pure una rete tv, «TeleSveva». Persino un’operazione di polizia è stata denominata «Federico II». Dove? Qualcuno potrebbe rispondere: «Ovvio! In Svevia», visto che il personaggio citato è detto «di Svevia», regione storica della Germania meridionale, legata alla casata di Federico – gli Staufen (o Hohenstaufen) – dal 1079 fino al 1268. Quindi è nel Sud della Germania che oggi il nome di Federico II è trendy? Macché, capita in… Puglia. Fino a qualche anno fa quei velivoli avevano la base a Foggia, la «polizia sveva» era in Salento, la Banca Federiciana a Barletta; la centrale «Federico II» svetta tuttora nel Brindisino, TeleSveva trasmette da Andria e l’operazione anti-cosche si è svolta nel 2012 nel Leccese. Invece in Svevia nessuno ha mai intitolato a Federico II qualcosa di così estraneo alla sua figura storica.

Il Federico dei pugliesi

Perché Federico è diventato, tra virgolette, «pugliese»? Qualcuno sosterrà: per forza, nel XIII secolo era definito «puer Apuliae». Ma siamo sicuri che l’Apulia di allora coincidesse con quella di oggi? In realtà era chiamato Apulia tutto il Sud d’Italia, esclusa la Sicilia; mentre la Puglia odierna è stata disegnata solo nel 1947. Siamo certi che fosse stato chiamato «puer Apuliae» per simpatia? Secondo il medievista barese Raffaele Licinio era una specie di insulto indirizzato allo Svevo da cronisti tedeschi legati a Ottone IV di Brunswick, suo rivale nella corsa alla corona imperiale. Come per dirgli: «Sei un figlio del Sud, che cosa vuoi in Germania?». Secondo Hubert Houben, medievista nell’ateneo salentino, era invece davvero un epiteto positivo. Ciò non toglie che volesse dire «figlio del Sud Italia» e non «della Puglia». Resta dunque da capire che cosa sia successo. Perché studiare un personaggio nel suo tempo è fondamentale. È altrettanto importante studiare sviluppi e sedimenti popolari del mito. Il senso comune pugliese nei confronti dello Svevo è emblematico del modo in cui, proprio attraverso una particolare percezione del passato, si crea un’identità collettiva.

I nomi federiciani

Torniamo dunque ai nomi «federiciani» usati in Puglia. Anche numerosi vini e birre sono intitolati allo Svevo. Dal 2005 esiste il marchio «Puglia Imperiale». Tantissimi Comuni hanno dedicato vie o piazze all’imperatore. Sono un centinaio, sugli elenchi telefonici pugliesi, gli alberghi, i ristoranti, le pizzerie, i bar, le scuole, le imprese, le aziende agricole, le associazioni culturali che hanno scelto le parole «Federico II», «Federico», «Svevia», «svevo», «sveva», «svevi», «federiciano», «federiciana», «puer Apuliae», «Stupor mundi»; incluse carrozzerie per auto, pompe funebri, agenzie assicurative, gelaterie, ristoranti, persino tra quelli aperti da pugliesi all’estero, come la pizzeria «Federico II» a Vienna. Per non parlare di un’enorme produzione libraria in chiave localistica su vari fronti: esoterico, neotemplare, dilettantistico e via elencando, frequentemente centrate su Castel del Monte. Infine lo Svevo è trasformato – non solo in Puglia, a dire il vero… – in precursore dell’Illuminismo e del principio della tolleranza, in anticipatore del pacifismo e del laicismo, persino dell’ambientalismo e dell’animalismo: tutte etichette estranee all’epoca e alla mentalità di un imperatore pienamente immerso nel suo tempo. E nel resto del Mezzogiorno? Si avverte, certo, un clima di vaga e sobria amicizia nei confronti dello Svevo. Ma in nessun’altra regione meridionale si incontrano la passione pugliese o l’uso di massa di aggettivi federiciani. Ora guardiamo in Germania. Oggi i tedeschi comuni – cioè quelli che non fanno parte dell’accademia o di circoli di appassionati – sono legati a Federico II? No, nonostante due recenti mostre su di lui, che hanno avuto discreto successo, qualche commemorazione e qualche gemellaggio con istituzioni pugliesi. Anzi, senza offesa, i tedeschi (e gli austriaci) quasi non se lo ricordano. Né viene percepito come uno dei padri della Germania contemporanea; semmai è confuso con i più noti Federico I Barbarossa, il nonno, o col settecentesco Federico II di Hohenzollern, Federico il Grande.

La questione identitaria

Una domanda resta aperta. Perché l’imperatore normanno-svevo è un pilastro della «pugliesità»? Senza dubbio la scarsa condivisione di un’identità unitaria regionale, da Foggia a Lecce, ha indotto a cercare alcuni comuni denominatori: uno di questi è l’imperatore. Però qualcuno deve aver suggerito ai pugliesi quelle affinità con lo Svevo, visto che fino agli anni Venti del secolo scorso era sconosciuto. Chi è stato? Fu determinante la politica culturale del regime fascista. Infatti la macchina della propaganda, soprattutto nel Mezzogiorno, aveva già scoperto nei primi anni del regime alcune «affinità» tra Mussolini e Federico. Lo segnalò proprio lo storico tedesco Ernst Kantorowicz in una lettera mandata dall’Italia al poeta Stefan George il 30 aprile 1924: i fascisti avevano proclamato Federico padre della loro «Italia imperiale» e «precursore del Duce». Tanto che lo storico londinese Martin Ruehl ricorda che, durante il Ventennio, «gli storici dell’Italia fascista hanno glorificato Federico principalmente come l’antagonista dei papi e della teocrazia, foriero di un’unificazione dell’Italia e primo teorico della “ragion di stato” tirannica». Si stava così coltivando il terreno che porterà al «grande equivoco» di Federico II puer Apuliae. Secondo lo storico pugliese Vito Bianchi, «si stabiliva un rapporto speculare fra l’immagine della regione e quella di Federico II. Così, nel 1934, la Puglia era dotata di un simbolo storico straordinario, enigmatico e potente, come se lo Svevo fosse la personificazione di un’intera regione».

Il cambiamento di segno

Sono passati molti decenni dall’«operazione Federico». I pugliesi hanno prima subìto l’invenzione negli anni Venti e Trenta, poi hanno digerito l’onda lunga della «federicomania», che ha continuato a dilagare anche senza il supporto della propaganda politica. È accaduto grazie a una forma di simpatia e di affetto nati artificialmente, ma trasformatisi nel Dopoguerra in senso comune, in «dato di fatto» identitario. Guarda caso, è stato un premier pugliese, Giuseppe Conte, a citare nell’agosto scorso Federico II, definito «un sovrano illuminato», durante il discorso in cui ha tagliato i ponti con il leader della Lega. Insomma, per assurdo ma non troppo, in Puglia, se Federico II non fosse esistito, sarebbe stato quasi necessario inventarlo. E va riconosciuto che il suo mito, per quanto artificioso, svolge oggi un ruolo positivo, al contrario di altre strumentalizzazioni della storia che purtroppo in Europa hanno provocato, e provocano tuttora, divisioni e conflitti.

Marco Brando
corrieremezzogiorno