Molto probabilmente tanti tra quelli che ci leggono hanno avuto tra le mani, sotto la doccia, una spugna per meglio detergere il corpo. Difficilmente hanno pensato di maneggiare un animale. Già, quella spugna all’origine era a tutti gli effetti un animale marino che se ne stava beatamente sui fondali del mare, un invertebrato del gruppo “Phyllum Porifera”, comunemente noto come spugna di mare.
Per le loro caratteristiche, le spugne hanno un notevole potenziale commerciale, utilizzabili in diversi settori: in ambito cosmetico, nell’ac- quariologia, come fonte di prodotti naturali marini utili nel campo degli alimenti nutraceutici e farmacologico oltre che come biorimediatore per la rimozione di sostanze inquinanti. Un prodotto che ha patito la concorrenza delle spugne artificiali ma che sta recuperando l’interesse degli utilizzatori.
Una iniziativa finalizzata alla produzione di spugne marine è stata avviata nel mare del golfo dalla cooperativa “Gargano Shell Fish Farm” a margine del grande impianto di maricoltura per la produzione di orate e spigole. L’idea di allevare le spugne di mare – spiega il presidente Alessandro Cariglia – è nata mettendo insieme ricerca storica e scientifica: il golfo di Manfredonia è da sempre culla di specie marine, comprese le spugne. È un modo di ottimizzare le produzioni migliorandone qualità ed ambiente circostante massimizzando gli impianti”.
L’intento è quello di attivare un processo di economia circolare dal mare. “E’ stato pertanto ideato – rileva la manager Michela Cariglia – il progetto pilota per la “Valutazione del potenziale di Sponge Mariculture nel sistema di policoltura nel Golfo di Manfredonia” finanziato dalla Regione Puglia e dall’Agenzia regionale per la tecnologia e l’innovazione in partenariato con il Dipartimento di biologia dell’Università di Bari, nell’ambito del più vasto progetto europeo “Blue Boost”.
Un progetto che apre nuove prospettive per le risorse marine del golfo. Curatrice del progetto è Caterina Longo, zoologa marina e responsabile scientifico del Dipartimento di biologia dell’Università di Bari che spiega come “L’allevamento di spugne nelle vicinanze degli impianti ittici off-shore può avere diversi vantaggi: può ad esempio ridurre l’eventuale carico microbiologico derivante dall’allevamento ittico ed ottenere una diversificazione delle produzioni in acquacoltura fino ad arrivare a contribuire al ripopolamento dei banchi naturali ed alla riduzione dello sforzo di pesca.
Lo scopo del progetto – annota – è quello di testare la sopravvivenza e l’accrescimento di diverse specie di spugne in prossimità di gabbie di maricoltura off-shore nel golfo di Manfredonia, una pratica che combina, in proporzioni appropriate, l’allevamento di specie eduli proprie dell’acquacoltura con specie nuov”, per esempio invertebrati filtratori quali poriferi, policheti, ascidie ed alghe, in grado di estrarre dal sistema di allevamento parte del carico organico ed inorganico in modo da creare sistemi bilanciati per sostenere l’ambiente con il biorisanamento e l’economia con la diversificazione dei prodotti”.
Michele Apollonio