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16 febbraio/ L’ANIMA NON VE LA DO

«Quello un braccio, quest’altro una gamba, un orecchio, la schiena, e que­sto qui, un occhio. Stiamo raccogliendo tutte le parti del corpo. E tu che hai?» Mi squadrò attentamente, ero nudo. «Tu cosa ci dai? L’anima?» «No» dissi, «l’anima non ve la do!»

VARLAM SALAMOV

Questa parabola surreale parte purtroppo da un’esperienza dram­matica, genuina. È quella di Varlam Salamov, scrittore russo, deporta­to nelle miniere d’oro della Siberia (i suoi Racconti della Kolyma descri­vono quella vicenda), poi internato in un carcere e successivamente in un manicomio ove morrà nel 1982, a 75 anni.

Di fronte all’aguzzino stalinista che gli chiede l’anima, Salamov oppone il rifiuto netto e as­soluto: è pronto a dare anche un organo e persino il corpo intero, ma non cederà la sua interiorità, invalicabile a ogni dittatura, indisponibi­le a ogni tortura. È una testimonianza esemplare che abbiamo voluto riservare per una riflessione che ci riporti ai valori etici, alla serietà e alla cura della dignità spirituale.

«Mi avete rubato la terra, il cavallo, la donna. Ma non riuscirete mai a rubarmi l’anima.» La frase che Toro Seduto rivolse agli invaso­ri bianchi delle sue terre va nella stessa linea di quella dello scrittore russo ed è un monito severo nei nostri confronti.

Spesso, infatti, sia­mo pronti a barattare l’anima per un successo, un possesso, un pia­cere. Almeno fossimo pronti ad alienare il nostro spirito per un atti­mo di eternità, come faceva il Faust di Goethe.

No, svendiamo la coscienza per avere in cambio realtà ben più modeste; non soffriamo torture come quelle vittime dell’oppressione – che pure rimangono incrollabili – ma basta solo il richiamo d’una Sirena, l’illusione di una proposta per farci rinunciare alla dignità dell’anima, alla sua li­bertà, alla sua purezza, al suo decoro, ai suoi valori.

Gianfranco Ravasi