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17 Aprile/ IL FORMICAIO

Tutto ciò che l’uomo cerca su questa terra è dinanzi a chi genuflettersi, a chi affidare la propria coscienza e in che modo, infine, riunirsi tutti in un indi­scusso, comune e concorde formicaio.

FÈDOR-DOSTOEVSKIJ

S’intitola L’arte della libertà (2004) ed è un curioso tentativo di illu­strare cinquanta categorie politiche, sociali e culturali attraverso al­trettante opere di artisti. A elaborare questa particolare galleria sim­bolica sono un giornalista che è stato impegnato anche in politica, Salvatore Carrubba, e uno storico dell’arte, Flavio Caroli.

Ebbene, al­la voce «conformismo» ci si imbatte in questa citazione di Dostoev­skij. Sono parole taglienti che fotografano una realtà costante ironi­camente illustrata nel volume dalla tela veneziana settecentesca II concertino di Pietro Longhi.

Il nostro tempo è ancor più esplicito e impudico nel mostrare la verità di quell’asserto: la moda impera e fa seguaci ciechi, il luogo comune imperversa sbeffeggiando chi si affa­tica a ragionare, la televisione accoglie folle di guardoni istupiditi da spettacoli volgari e «taroccati».

L’immagine del formicaio è illuminante, ma lo è soprattutto una frase amara: l’ansia di «affidare la propria coscienza» a un altro. È questa la vera perdita dell’anima, è l’essiccarsi della moralità, sosti­tuita dal «così fan tutti».

E se non siamo più che attenti, questa deriva colpisce ciascuno di noi, perché il conformismo è un nemico invisibi­le che si insinua in tutti gli ambienti, anche in quelli più irreprensibi­li, lasciandovi le sue spore. Parlando all’assemblea generale dell’Onu nel 1961, John F. Kennedy aveva dichiarato: «Il conformismo è il car­ceriere della libertà e il nemico dello sviluppo».

Le sue catene sono, però, dorate e la sua violenza è dolce e nascosta. Per questo è neces­sario tener alta la guardia e non consegnare mai a nessuno la propria coscienza, ma neppure cloroformizzarla nella superficialità.

Gianfranco Ravasi