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La grande famiglia dell’Atletico Vieste piange Michele De Leo ex presidente e storico calciatore

E’ venuta a mancare questa mattina, dopo la gran partita contro la carogna malattia, Michele De Leo. Prima che presidente dell’Atletico Vieste fu calciatore. Visse la prima ora. Dalla stagione 94/95 e per i successivi quattro campionati ricoprì la carica di presidente.

Affranti per la dolorosa perdita i tuoi amici di vecchia data, gli sportivi, i tifosi dell’Atletico, non ti dimenticheranno. Il tuo entusiasmo, la tua passione e lo spirito vitale che hai spigionato continuerà a sostenerci, nel tuo ricordo, rallegrando le nostre “sportive” giornate.

Un abbraccio alla famiglia.

Dall’Arbitro: De Leo…..Michele 2 – 5

Evidentemente è proprio vero che tutti siamo di una stoffa nella quale la prima piega non scompare mai più. A Bisceglie, trovammo un ben di dio, un campo completamente in erba, fatto inusuale per i nostri tempi.

Era una delle nostre prime trasferte di seconda categoria, come era uso, prima della partita c’era sempre un dirigente della squadra che distribuiva le “cicche”. Eravamo già in campo, l’arbitro stava per dare il fischio d’inizio, quando scorgo Michele scattare verso la linea di fondo: non riusciva a trovare il punto giusto dove buttare la carta della “cigomma”.

Questo era il tizio. Non poteva sporcare quel campo con un pezzettino di carta. Terzino destro dai piedi puliti. Parlare e ricordare Michele significa dissertare sul concetto di pulizia, anzi di igiene. Michele non era ordinato e pulito solo in campo. Lo era soprattutto fuori.

Mai scomposto, mai visto sputare in campo, ordinato nel vestire, nel calzare scarpe sempre lucide e nelle mansioni. Terzino di fascia che sapeva difendere e all’occorrenza attaccare. Non disdegnava di giocare al centro della difesa. Sempre con ordine. Innato il suo senso di posizione.

Ma rappresentava soprattutto il senso dell’educazione e dell’onestà in campo e negli spogliatoi. Certo, l’educazione è il pane dell’anima!. Parlava poco e quando lo faceva sempre a ragion veduta. Mai una protesta, mai buttato fuori dal campo, un’entrata di gioco scomposta.

All’occorrenza sapeva farsi rispettare, ma sempre con lealtà. Non ricordo un solo fallo cattivo, né una alzata di voce fuori luogo. Quando l’uomo onesto agisce, gli è impossibile evitare la menzogna e il tradimento.

E lui non tradiva né mentiva mai. E quando non ce la faceva era il primo a riconoscerlo. Non era dei nostri, arrivava da Manfredonia, era il figlio del comandante del porto ma non ci volle molto per capire di che pasta fosse.

Un lord in campo e fuori. L’Atletico divenne per lui un atto di fede. Ricoprì la carica da presidente anni dopo. Dopo aver smesso. Carica che si cucì addosso come da giocatore, con passione, dedizione, pulizia…anzi igiene!

Da Campanile Sera all’alba dell’Atletico Vieste

ninì delli Santi