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23 Maggio/ GOVERNANTE

Ministro: ultimo termine della gloria umana.

            GUSTAVE FLAUBERT

Osservate la lontananza di significato tra «il governante» e «la governante».

            ENRICO PEYRETTI

Ecco due battute che ho accostato, anche se sono di origine diver­sissima. In realtà esse convergono verso una stessa meta: noi tutti immaginiamo che il potere sia l’aspirazione suprema, la vetta di ogni ricerca, l’esito fecondo di ogni sforzo.

Ecco, allora, alcuni para­dossi linguistici che sono di loro natura emblematici. Cominciamo con la prima frase che è tratta dal Dizionario dei luoghi comuni dello scrittore francese ottocentesco Gustave Flaubert: certo, diventare ministro è un approdo glorioso che entusiasma molti fino all’esalta­zione, all’ebbrezza, a una vera e propria estasi.

Eppure la parola de­riva dall’avverbio latino minus che vuol dire «meno», proprio come aveva richiesto Gesù ai suoi «ministri»: «Colui che vorrà diventare grande tra voi, si faccia vostro servo e colui che vorrà essere il primo tra voi, si faccia vostro servo, appunto come il Figlio dell’uomo che non è venuto per essere servito ma per servire» (Matteo 20,26-28).

Altrettanto paradossale è la seconda frase che ho trovato in un arti­colo di un mio antico compagno di studi, il professor Enrico Peyretti. «Governante» è un unico vocabolo che copre, però, due estremi nello spettro dei significati.

Al maschile è pronunciato con rispetto e trova spazio sui giornali; al femminile è considerato con degnazione ed è spesso la migliore definizione che si escogita per la domestica o per una serva. Per fortuna c’è Dio che assegna la vera dignità non in base all’esteriorità ma al cuore, alla coscienza, alla ricchezza interiore.

Gianfranco Ravasi