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3 Luglio/ QUESTIONE DI STILE

Si capisce di essere davvero vecchi quando, per festeggiare il proprio com­pleanno fra canti e suoni, ci si accorge di avere speso di più per acquistare candeline che per comprare la torta.

BOB HOPE

Ha solo una dozzina d’anni, eppure questo figlio di miei amici sa destreggiarsi tra i programmi televisivi satellitari identificandoli con un’abilità e una prontezza che io non acquisirei mai. Si ferma, così, su un canale americano ove è di scena un programma in bianco e ne­ro con un attore che io riconosco subito: è Bob Hope che in un vec­chio varietà sta sparando battute con una velocità impressionante. Ho colto questa sferzata ironica ma divertita sulla vecchiaia, accanto a tante altre gag che non sempre riesco a capire. La cito per una ri­flessione sullo stile. Se proviamo a seguire i nostri comici televisivi attuali, oltre a essere abbastanza noiosi e fin stucchevoli, sanno solo far sghignazzare un pubblico un po’ becero e corrivo.

La loro cifra stilistica aspira alla volgarità come grande porto in cui rifugiarsi, inzaccherando ogni battuta per renderla, più che sala­ce, greve. Oppure il ricorso alla stupidità, alla vacuità, alla banalità sembra essere l’unica risorsa per rendere «leggero» il discorso. Pur­troppo questo è lo stile comune anche nel parlato quotidiano: mi ha sorpreso qualche tempo fa, mentre ero a tavola con una persona di un certo rilievo pubblico, sentire come faticasse a trattenere le solite interiezioni volgarotte, usando per altro un linguaggio inceppato e trasandato. Senza voler essere puritani a tutti i costi, un po’ di stile, di finezza, di autocontrollo non guasterebbe. Se è ormai consuetudi­ne citare il detto del francese Georges-Louis Buffon «Lo stile è l’uo­mo», di quello stesso autore settecentesco vorrei ricordare quest’altra considerazione: «Lo stile non è altro che l’ordine e il movimento che si mettono nei propri pensieri»

Gianfranco Ravasi