Lui arriva in via Saragat in lacrime; il resto del circo rosa con la paura che fa novanta. Emozioni forti, di segno opposto. Ma è anche questo ciò che rende unico il ciclismo: la catena di attimi contrastanti della stessa sfida.
L’ultima tappa di Puglia del freddo Giro d’autunno comincia col gelo. L’inglese Simon Yates della Mitchelon-Scott è risultato positivo al Covid 19. Viene isolato e non è nella pattuglia di partenza in una Giovinazzo che riempie quasi come un uovo la piazza centrale. Il medico della squadra, Matteo Beltemacchi dirà che soltanto l’eccessivo scrupolo dopo una febbriciattola di 37,3 – 37,4 ha consentito di smascherare la positività. Nessun altro caso in squadra. Si trema, ma si parte. Col magone. Dopo il blocco in Francia e i rischi in Spagna. Ma la paura è più per la
crescita complessiva dei contagi in tutt’Italia che per la «bolla» del Giro. Renato Di Rocco, presidente di Federciclismo, ieri a Giovinazzo, fa notare che fin qui il sistema di protezione e sicurezza ha retto tutti gli urti. Il direttore di corsa Mauro Vegni tira dritto: «Tutti noi vogliamo arrivare a Milano solo un eventuale intervento delle autorità ci fermerebbe».
Il clima incoraggia, i faraoni della pedalata guardano avanti. E avanti ci sono 200 chilometri che sollecitano un gruppo di fuggitivi.
In fondo il ciclismo è tra i pochi sport in cui la fuga non è abbandono né vigliaccheria. Anzi. Nei quattro c’è Salvatore Puccio di quella Ineos senza più Gheraint Thomas ritiratosi per caduta. Ma c’è anche Alex Downsett. Puccio taglia il traguardo secondo, ma distaccato da un Downsett che riafferma la legge dello sfavorito che vince.
Il britannico incorona una prova che resterà negli annali, non solo perché è un «nonnetto» di 32 anni che combatte ogni giorno contro l’emofilia, ma perché ha il contratto da «prof» in scadenza e a gennaio diventerà padre. Sicché la fuga per la vittoria della Giovinazzo – Vieste è
balsamo per lui che è stato primati dell’ora, ma che non vince una tappa sette anni, nonostante sia uno dei corridori col curriculum più prestigioso, poi fa vanto a una squadra, la «Isn Nation», che ha tesserato ciclisti di tutte le confessioni religiose.
Dietro di lui, però, c’è una maglia rosa che si conferma: il portoghese Joao Almeida non sbaglia nulla. Ma la Puglia è l’ultimo tratto comodo e meno freddo. D’ora in avanti si fa ancora di più sul seri anche perché dopo otto giorni di pedalate la fatica comincia a farsi sentire.
Oggi l’Abruzzo delle montagne proibitive quasi quanto le Alpi. Come dire, è giunta l’ora per il siciliano Vincere Nibali e il materano Domenico Pozzovivo. Altrimenti il rischio è che il distacco da Almeida diventi ancora più faticoso da rimontare. I due del Sud annunciano battaglia. Così pure il chietino Giulio Ciccone che i dislivelli di Roccaraso e Aremogna li conosce al perfezione. All’incubo Covid si aggiunge il meteo che cambia brusco. Addio autunno caldo, si entra nel quasi inverno. Ma Nibali è uno con gambe termiche e coraggio da visionario.
GianLuca De Vito