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LA NATIVITÀ DI S. FRANCESCO SCAMPATA AL DEVASTANTE SACCO DEI TURCHI AVVENUTO NEL 1620 A MANFREDONIA

Per effetto dell’imperversare den’implacabile Covid-19 a Natale è mancato tra le tante altre manifestazioni e simbologie che carat­terizzano la ricorrenza più attesa e avvertita dell’anno, il tradizionale presepe in Piazza del Popolo. I manfredoniani si dovranno accontenta­re, ma si fa per dire, di ammirare il presepe dipinto su tavola risalente alla seconda metà del quattrocento, esposto nella chiesa di San Fran­cesco, ima delle più antiche della città che conserva nella struttura parti della chiesa edificata a Siponto a ricordo del passaggio del Santo di Assisi. Quella che vediamo oggi è peraltro quel che rimane dell’antico convento “testimone” delle tante di­savventure in cui è incorsa Man­fredonia a cominciare dal funesto sacco dei turchi. Quello del 1620 che seguì la prima incursione del 1617 respinta grazie alla ardita difesa del mare antistante la città opposta dal conte Acquaviva D’Aragona. Un pre­cedente che avvalora la tesi del com­plotto ordito dai reggenti della città nei confronti di Manfredonia pas­sata a ferro e fuoco solo tre anni dopo dagli stessi ottomani.

il dipinto del Presepe o della Na­tività è prodigiosamente sopravvis­suto al quel sanguinoso scempio ed è maestosamente esposto nella chiesa di San Francesco. Le ferite che ha subito fortunatamente sono risul­tate marginali. Si nota appena nella parte bassa della tavola rimasta dan­neggiata, una fascia di legno so­stituita in uno dei restauri cui è stata sottoposta la preziosa opera pitto­rica l’ultimo dei quali avvenuto nel 1970 a cima della Soprintendenza per i beni storici artistici ed etnoantropologici della Puglia finanziato dalla Regione Puglia.

La maestosa Natività di scuola naturalista, nella descrizione di Ro­sa Lorusso Romito, della Soprinten­denza ai beni storici «è la raffigu­razione di una gioiosa, sontuosa “epifania”, cioè la manifestazio­ne-rivelazione del Redentore all’intera umanità rappresentata dalla moltitudine variegata dei presenti caratterizzata ciascuno da singolari e intensi ritratti». Attorno alla Sacra Famiglia, i pastori, i re Magi e sullo sfondo un paesaggio bucolico sul quale si muovono un placido gregge di pecore e un incantato corteo di cammelli e cavalli.

Un dipinto di grande suggestione e di straordinaria forza evocativa, che gli autori “Bemardinus Iuliusque Lycini patrus ed nepos faciebant” per la committente Elena Sodini Fresini, consorte del controllore dei da­zi di Manfredonia. Di ascendenza bergamasca, i due pittori zio e ni­pote, avevano aperto bottega a Ve­nezia dove la nobildonna manfre- doniana si recava spesso per via dell’attività del marito. A quell’epo­ca tra la città del golfo e quella lagunare intercorrevano intensi rapporti commerciali non solo nell’Adriatico ma anche oltre nel Mediterraneo. I veneziani per me­

glio seguire le attività commerciali e marittime, stabilirono attivissime colonie se non proprio consolati e viceconsolati in alcune città portuali pugliesi. A Manfredonia ancora oggi dalle parti del porto, c’è un quartiere detto “sammarchicchio” a ricordo di un insediamento veneto con tanto di chiesetta dedicata a San Marco.

Un’opera pittorica la “Natività di San Francesco”, che riassume in sé arte e storia che ha attraversato i secoli messaggera, auspice la na­scita di Gesù Bambino, di pace e speranza.

Michele Apollonio