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Vieste/ Viaggio negli anni dal 1943 al 2013 – Iniziative socio-culturali tra gli Anni 40 e 50 – (13)

Del noto adagio latino, Primum vivere, deinde philosophari, il significato locomprende anche chi non ha studiato il latino. In altri termini, l’adagio consiglia di pensare prima alle cose necessarie della vita, agli interessi materiali, poi alla cultura e a quant’altro attiene alle attività dello spirito (arte, storia, poesia, letteratura, eccetera).

Nell’evoluzione postbellica della nostra città e, credo, di ogni comune d’Italia e degli Stati usciti dalla guerra, si operò allo stesso tempo nell’uno e nell’altro campo. Con i provvedimenti volti a migliorare le condizioni economiche generali, numerosi altri interessarono la scuola e le attività sociali, culturali e ludiche.

Ricordo l’espansione dell’istruzione primaria attraverso l’istituzione di parecchie nuove classi di scuola elementare e l’entrata in servizio di una leva di giovani insegnanti usciti dai concorsi magistrali del 1948 e, con cadenza biennale, nel decennio che seguì. Persone che nell’insegnamento profusero impegno e passione, con l’idea non solo di istruire ma pure di contribuire a formare nell’alunno il buon cittadino futuro. Lo stesso slancio si manifestò nella scuola media statale, nata di recente.

L’Oratorio

Nel sociale sorsero istituzioni nuove, quale è stato l’oratorio, a Vieste pensato e voluto da un sacerdote impegnato da sempre a seguire i giovani nell’educazione religiosa, don Luigi Fasanella. Durante i primi anni di sacerdozio, aveva collaborato con don Salvatore Latorre, sacerdote di eccezionale levatura intellettuale e religiosa, a organizzare e animare l’Azione Cattolica della nostra città. Scomparso prematuramente don Salvatore, aveva continuato da solo a tener viva l’Associazione, molto frequentata dai ragazzi, nella sede di Via S. Marco. Dove però, oltre al salone non avevano altri spazi. Così, dopo la guerra, ebbe l’idea di realizzare l’oratorio. Per raggiungere lo scopo si mosse con molta determinazione. Su di un terreno latistante via 24 maggio, generosamente donato da Biagio Mafrolla, costruì in due anni, dal ’50 al’52, l’edificio destinato ad accogliere i giovani, facendo fronte alle spese con le offerte dei cittadini, e con il concorso dello Stato attraverso il finanziamento di cantieri limitatamente alla manodopera non qualificata. Alla fine degli anni ’50, accanto all’oratorio, realizzò una palazzina per la scuola materna, che iniziò a funzionare nel 1960 e proseguì l’attività fino a tutti gli Anni ’80. Costruì ancora, dal 1968 al 1970, ancora nell’area dell’oratorio la grande chiesa dedicata a San Giuseppe operaio. Sempre con i cantieri di lavoro e le offerte dei cittadini. Nell’insieme un complesso, la cui validità è sempre attuale. È giusto ricordare questa bella pagina di storia locale, a onore e merito del suo protagonista, don Luigi Fasanella, passato a miglior vita pochi anni fa nella natia Peschici.

Altre istituzione nuova: l’ACLI (Associazioni Cristiane Lavoratori Italiani) con la finalità di assistere i lavoratori in tutte le forme possibili.

Interessi svegliati

 L’Associazione Filodrammatica Angelo Mastropasqua, che per alcuni anni, da quando eravamo sotto occupazione degli Alleati al 1950, fece teatro di prosa e spettacoli di varietà con i giovani dilettanti della nostra città. Per il teatro vennero messi in scena lavori che all’epoca andavano per la maggiore, quali Addio giovinezza, La nemica, L’antenato, La morte civile, Due dozzine di rose scarlatte. Nel varietà i numeri più apprezzati furono quelli musicali. Si misero in luce agli strumenti Nicola Porzio con la fisarmonica e la professoressa Maria Medina al pianoforte, nel canto Peppino Nobile e Giannangelo D’Errico, due belle voci che deliziarono gli spettatori. Regista del tutto era il fotografo Franco Cappiello. Il promotore dell’Associazione e instancabile animatore di tutte le attività si chiamava Michele Mendolicchio. Era un impiegato dell’esattoria comunale che amava la cultura e, insieme, il loco natio e l’entità nazionale che in quel tempo si chiamava ancora Patria, e si scriveva con l’iniziale maiuscola. Dalla sua passione per la città scaturì l’idea di pubblicare un giornale cittadino. Che realizzò e chiamò Il Faro di Vieste, un titolo nel quale c’era non solo l’indicazione geografica della città di appartenenza, ma anche la metafora del fine che gli si assegnava, sicuramente ambizioso, di illuminare, chiarire volti e risvolti della vita cittadina e di rivisitarne la storia. Il primo numero uscì il 31 dicembre 1949 e poi, mensilmente (con qualche numero bimestrale di tanto in tanto) continuò a pubblicarsi fino al 1962. Ne dirò appresso.

La poesia di Gaetano Delli Santi. Altri cultori

In concomitanza con il giornale venne alla ribalta la poesia del maestro Gaetano Dellisanti, il nostro verseggiatore senza dubbio più fecondo di quanti prima e dopo di lui hanno rimato in dialetto. Durante questo decennio egli scrisse buona parte delle sue poesie, che pubblicava, una al mese, su Il faro di Vieste. Furono una novità che piacque alla gente sia per l’immediatezza del linguaggio, in quanto scritte in dialetto così come lo parliamo, e sia per le storie raccontate, diverse dalle poche poesie scritte prima da altri autori. Quelle, infatti, erano quasi tutte in lingua, laudatorie, traboccanti di amore per il paese e di devozione per la nostra patrona Santa Maria di Merino; queste di Gaetano Dellisanti sono invece bozzetti di figure e costumanze popolari che inducono ancor oggi al sorriso, talora intinto in agrodolce. Sono passati da allora più di cinquant’anni. L’Amministrazione Comunale ha intitolato a Gaetano Dellisanti l’edificio scolastico costruito nel rione ex zona Pantanello, detto della 167. Le maestre delle scuole materne ed elementari, ora l’una ora l’altra, fanno imparare ai bambini qualcuna delle sue poesie, che le mamme e i papà, e i nonni quando ci sono, si fanno ripetere perché hanno piacere di ascoltarle o riascoltarle.

Ecco due strofe di una delle sue poesie:

I masch’r du Segg

Asc’nnevn da u Segg

e scevn a passegg

nu bell grupp d mascaredd:

Ptruzz v’stut da Pul’c’nedd,

Tatonn invece da Arlecchin

e Lunard tind d farin.

Tnevn tutt la faccia tend

e la gend ngandet a tn’mend

Con il passare degli anni, altri cittadini si sono dilettati a comporre versi, sia in lingua che in dialetto, per raccontare proprie esperienze e conoscenze nonché osservazioni sul presente, oppure per esprimere uno stato d’animo o per descrivere un attimo di vita vissuta; poesie quali occasionali, rimaste inedite, e quali riunite dagli autori in libro o pubblicate in fascicoli antologici da associazioni culturali. Ho avuto occasione di leggerne più di una degli autori che mi sono noti, cito volentieri: Isabella Cappabianca e il marito Gaetano Pernice, Dionisio Ruo, Domenico D’Errico, Ludovico Ragno junior, Maria Pina Delli Santi, B. Alessio Dimauro, Carmine D’Amato, Saverio Sciancalepore, Matteo Ventrella, Antonio Mancuso.

Ritorna in onore la musica all’aperto, portata in piazza e nelle vie del paese dalla banda. Dopo la guerra, con i superstiti suonatori di prima e l’inizio della scuola per gli aspiranti a farne parte, si ricostituisce la banda cittadina. Dopo pochi anni si costituisce una seconda banda. Entrambe sono tuttora in attività, svago storico di chi suona e di chi ascolta, di chi è ricco e di chi è povero, del colto e dell’incolto. Sempre presenti nelle feste religiose e nelle celebrazioni civili. Ogni banda è formata da 30/40 elementi, in maggioranza giovani.E’ unfatto di notevole rilevanza, se si tieneconto della concorrenza fatta negli ultimi vent’anni dall’attrazione dei giovani per il computer, internet e il cellulare.

Un’altra associazione nata in quegli anni fu la Pro Loco. Era composta da un pugno di giovani. I qualiQuei giovani inventarono la promozione turistica di Vieste, fatta di iniziative estemporanee, pubblicità occasionale, incontri. La manifestazione più appariscente fu la festa annuale, del 15 di agosto, con orchestra, cantante e danze all’aperto, inizialmente sul piazzale del porto, poi sulla rotonda di Marina Piccola. Allora, si era agli albori del turismo di massa, e le autostrade che hanno accorciato l’Italia erano anch’esse agli albori, e poi non avevamo nel nostro territorio le strutture necessarie all’accoglienza. L’unica organizzazione turistica esistente nella provincia di Foggia, l’Ente Provinciale per il Turismo, faceva quello che poteva in fatto di pubblicità. Organizzava annualmente, a Umbra, una Sagra della Foresta articolata in e turistici dell’intero territorio garganico, e si concludeva l’ultima domenica di luglio, con la rituale elezione della miss e relativa festa danzante.

Un salto di qualità venne fatto nello sport. Mentre era in costruzione il campo sportivo comunale, un gruppo di amatori organizzò l’Unione Sportiva Vieste. Il gioco del calcio, sino ad allora praticato sulla spiaggia, fu trasferito sul campo sportivo. Per due o tre anni su quel campo di calcio, costituito soltanto da un terreno di gioco regolamentare, si disputarono tornei estivi tra le squadre di Vieste e comuni vicini, tutte composte di giocatori locali, gioiosamente seguiti dagli spettatori. Poi Vieste iscrisse per la prima volta una squadra a un regolare campionato di categoria. Col passare degli anni il campo è stato completato di recinzione, tribuna, e quant’altro, compresa, buon’ultima, l’erba sintetica sul terreno di gioco.

Altre iniziative culturali, e forme di volontariato, come non se n’erano mai viste prima per numero e qualità, presero vita nei decenni successivi.

13 (continua)

Ludovico Ragno

Il Faro settimanale