I cantastorie non sono soltanto i menestrelli o grandi poeti, non c’è bisogno di scomodare Fabrizio De André o Matteo Salvatore, Enzo Del Re e le sue sedie sonore o il grande Andrea Pazienza. Si è cantastorie quando si ama la propria terra, la si racconta, la si tramanda, con qualsiasi mezzo. I due personaggi di cui oggi vi parla non sono musicisti né poeti, o forse lo sono, ma si esprimono con le mani e col cuore, un cuore grande che traspare appena varchi la porta della loro bottega, nel centro storico di Peschici. Sono Rocco e Peppino Biscotti,ma nel paese garganico se chiedi di loro, tutti li conoscono come i “Frammichele”, il loro soprannome. Le loro storie sono fatte di argilla, di terracotta, di vernici, di favole raccontate sulla ruota di un vecchio tornio. Non sono soltanto due artigiani e maestri della creta, sarebbe restrittivo definirli così. Rocco e Peppino sono due grandi poeti e non lo sanno, o forse fanno finta di non saperlo. Di storie ne raccontano tante, l’ultima ha preso la forma di una rassegna di anime di terracotta nella splendida chiesetta del Purgatorio, dove hanno realizzato centinaia di personaggi e non hanno intascato una lira, perché le donazioni della mostra erano destinate solo al restauro della chiesa. Peppino è gentile ma più schivo, segnato dalla vita che gli ha tolto la moglie qualche mese fa. Rocco è un uomo dal cuore d’oro, con le rughe che solcano i suoi occhi chiari. Hanno una tecnica tutta particolare, la cambiano spesso e nessuna delle loro opere è uguale alle altre. Cantano il Gargano, con i personaggi che ne hanno fatto la storia, come le ‘Palummelle’, bamboline che raffigurano donne di paese (ognuna col suo nome in dialetto peschiciano) intente nelle tipiche faccende paesane, ma anche le raffigurazioni dei “Tre Fracciommè” (gli uomini cattivi, falsi, viscidi), le Commarelle, lo “Scemo del villaggio”, le “Teste di Cactus”. Chi si ferma, soprattutto se è di Peschici, cerca di indovinare a chi siano dedicate queste raffigurazioni, ma spesso il concetto va oltre il paese per i Frammichele. Una delle loro opere più commoventi è quella delle “Tre Madri”, donne inginocchiate e piangenti sotto alle croci con Gesù e i due ladroni, i loro figli. Un chiaro riferimento a De André ( Tito non sei figlio di Dio, ma c’è chi muore nel dirti addio, Dimaco ignori chi fu tuo padre, ma più di te muore tua madre, con troppe lacrime piangi Maria, solo l’immagine d’un’agonia, sai che alla vita nel terzo giorno il figlio tuo farà ritorno). Immancabili Padre Pio, Sant’Elia, patrono di Peschici e San Michele, protettore della Capitanata e del Gargano. L’ironia delle loro opere si coglie quando le si osserva, se ci si sofferma a guardarle un istante in più: ognuna ha un significato specifico, ma Rocco e Peppino non lo impongono a nessuno e ognuno può fornire la propria interpretazione. Una delle storie più belle è quella delle Bambole dell’Amore, create proprio dai Frammichele e imitate un po’ su tutto il Gargano: quando l’innamorato di Peschici decideva di sposarsi, fabbricava con la pasta di sale o col pane una bambolina, la poneva sul davanzale della finestra della sua bella e attendeva che la futura suocera si affacciasse. Accettare la bambola significava acconsentire alle nozze. Una tradizione tipicamente garganica, figlia della cultura contadina, un pegno d’amore dei poveri, quando non esistevano i diamanti, gli anelli di fidanzamento, quando si mangiava tutti assieme e ci si riscaldava intorno al calderone. Delle bambole dell’amore si era persa la tradizione, per tanti anni. Rocco e Peppino le hanno riportate in vita. Raffigurano le tipiche donne di paese: sulla testa hanno una gigantesca forma di pane, come quello di Monte Sant’Angelo, o una giara, che si usava per prendere l’acqua o portare le olive, oppure sono raffigurate mentre lavano i panni alla fonte, come ancora oggi accade alla Madonna del Canneto a Rodi Garganico, tra strumenti lignei come lo “struculatore” e il profumo di sapone di Marsiglia. Dalle Bambole dell’Amore emerge un dato importante della cultura garganica: la donna era al centro della famiglia. Adesso le Bambole dell’Amore sono tornate a vivere e soprattutto i giovani se le donano al momento di promettersi in matrimonio. Una tradizione che i non peschiciani spesso scelgono di adottare, anche se queste statuine vengono trasformate in semplici bomboniere.
Ai Frammichele non interessa, perché sanno che stanno lasciando alla Montagna Sacra un patrimonio culturale dal valore inestimabile, che rimarrà nei secoli nella storia di una terra che ha tanto, tantissimo da raccontare.
Piero Russo
l’attacco