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VIESTE ANTICA/ IL TERRITORIO DI VIESTE E LE TESTIMONIANZE DELLA CIVILTÀ ROMANA (11)

Portus Agasus e Portus Gemme

Nel nostro territorio la presenza della civiltà romana è ampiamente dimostrata da avanzi di costruzioni, tombe, vasi, suppellettili, iscrizioni, monete, pavimenti musivi venuti in luce a Vieste e nelle contrade circostanti e a Merino, i quali costituiscono l’unica testimonianza dell’importanza avuta dai nostri luoghi nell’epoca romana.

Apeneste e Merinum erano i suoi centri principali: il primo ubicato all’estrema punta orientale del Promontorio, l’altro a Nord, a pochi chilometri dal primo, entrambi importanti centri commerciali e marittimi del Gargano orientale, mentre Merinum era anche stazione agricola di rifornimento.

Le comunicazioni tra questi due centri sono attestate dai ruderi d’un tratto di strada di tipo romano (1), rin-

(1) Un altro tratto eli strada, di acciottolato, era ben visibile fino a qualche anno fa nei pressi del Gabbiano, in località « Salata », che dalla città di Merino conduceva alla necropoli.

venuti in località « Palude Mezzane », tra Vieste e Merino.

Portus Agasus e portus Garnae vi contribuirono come porti. Di essi, però, non si ha notizia alcuna; soltanto Plinio ne fa menzione, mentre si ignora persino la loro ubicazione precisa.

Portus Agasus, secondo la topografia tracciata dal noto naturalista romano, doveva essere ubicato tra Mattinata e Vieste. Così il Corcia: «Dopo Mattinata… più oltre la torre di Monte Barone è… Porto Greco, nel quale il Cluverio, seguito da patrii topografi, riconosceva il « Porto Agaso », ricordato dal solo Plinio» (2).

Altri affermano, invece, che esso fu il porto della fiorente Matinum, mentre non manca chi riconosce in esso il porto di Monte Saraceno.

A Circa l’origine del nome, sembra che esso derivi da Agasse o Angesso, città della Tracia, per cui da taluni si parla anche di una città dauna di nome Agaso o Angesso, edificata dagli abitanti della omonima città greca e distrutta o abbandonata da tempo immemorabile.

Alcuni, invece, fanno risalire il nome agli Angessi, un popolo che Licofrone poneva nella Daunia insieme con i Salangi.

Portus Garnae doveva trovarsi sull’altro versante, lungo la costa settentrionale del Gargano, dal momento che Plinio lo pone tra il « promontorium montis Gargani » e il «Lacus Pantanus».

(2) Corcia N., op. cit., pag. 619.

Alcuni identificano questo nome con quello di Gargano, essendo caduto, per cacofonia, il secondo ga.

Per il Colella questa località corrisponde al « Sinus uritanus » e lo mette, quindi, in relazione con Varnae, Varanus e Uria, considerandolo suo porto.

Anche il Romanelli, il Del Viscio e il Chieffo ritengono che il porto doveva trovarsi all’imboccatura del lago di Varano, allorché questo era in grado di funzionare da comodo e chiuso approdo.

Il Cluverio lo pone, invece, tra i luoghi incerti, mentre non si esclude che possa trattarsi del porto dell’antica Merino, dapoichè in questa località, durante gli scavi compiuti nel 1954, vennero alla luce anche resti di un impianto idrico portuale, mettendo così in evidenza 1’esistenza di un porto, che, per essere dotato d’acquedotto, doveva essere molto rinomato e fiorente. E tale doveva essere portus Garnae se viene nominato da Plinio tra i luoghi importanti e più noti della Daunia.

Le tombe e le monete

Il Giuliani nell’opera citata fa menzione di tombe dell’epoca romana, venute alla luce in diverse zone e in località « Carmine » in modo particolare. Su alcune di esse si trovano anche delle iscrizioni in latino (3), tra

(3) Un’altra iscrizione, anch’essa in latino, è stata scoperta dal- l’avv. Giovannino Medina nell interno della Grolla dell’acqua, presso Sfinalicchio. Si tratta d’una iscrizione scolpita su roccia, in cui possono chiaramente leggersi le parole « CN. OCTAVIUS », seguite da altre parole non distinte.

le quali una breve epigrafe funeraria di una persona appartenente alla «gens» Pomponia.

Anche l’arciprete Abatantuono, nel suo manoscritto, parla di numerose tombe rinvenute a Vieste e nel suo territorio. In esse furono trovati coppe, ciotole, lucerne, vasi lacrimali di diversa grandezza (alcuni alti appena pochi centimetri), nonché monete di bronzo e di argento dell’epoca romana.

Recentemente in via Cappuccini, durante lavori di sbancamento, sono venuti alla luce alcuni vasi. Essi facevano parte del corredo funebre di una tomba. Notevole, fra questi oggetti, una coppa del tipo «kylix» con un significativo disegno centrale: una colomba circondata da un ramoscello d’olivo.

Numerose anche le monete rinvenute. Il dottor Michele Petrone ne raccolse, tra Vieste e Merino, più di un migliaio: la sua collezione, che poi donò al Comune di Vieste, ne contava soltanto dell’epoca romana parecchie centinaia.

Ve ne sono del periodo consolare (alcune con l’immagine di Giulio Cesare), e soprattutto del periodo imperiale: sono di quasi tutti gli imperatori (Augusto, Tiberio, Claudio, Nerone, Domiziano, Nerva, Adriano, Antonino, Marco Aurelio, Commodo, Gordiano, Aureliano, Severo Alessandro, Costantino il Grande), dei quali recano le immagini, e di molte delle famiglie romane di quel periodo (Aelia, Allia, Antonia, Aurelia, Claudia, Cornelia, Crepusia, Egnatuleia, Fannia, Flavia, Fundania, Julia, Rubria, Tullia, Vipsania).

V’ha anche qualche moneta con l’effigie di Marco Agrippa, genero di Augusto, e di Germanico e vi sono perfino alcuni « sesterzi ».

Altre ancora sono degli imperatori d’Oriente.

Le monete, che unitamente ad altri oggetti di quel periodo sono l’unica testimonianza d’un passato glorioso, potranno senz’altro essere oggetto di proficui studi futuri per la storia di Vieste e anche del Gargano dei tempi remoti.

Michele Potito

Giorgio Vario

Da Vieste Antica – 1970 –