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FOGGIA – UN KILLER DAL GARGANO PER UCCIDERE PRENCIPE

NELL’AGGUATO AL SUPERBOSS LA «FIRMA» UNA FUCILATA SUL VOLTO, MA NON È L’UNICO CASO

Un killer sceso in città dal Gargano per uccidere l’ex capo clan della “Società foggiana” Salvatore Prencipe? È una delle ipotesi al vaglio di Dda e squadra mobile che indagano sull’omicidio della sera del 20 maggio in viale Kennedy al quartiere Cep, davanti l’abitazione dove il 59enne foggiano viveva con la madre. Prencipe uscito di casa alle 20.50 per trascorrere la serata con un familiare ha avuto appena il tempo di mettersi al posto guida della “Mercedes” quando il sicario a volto coperto è sopraggiunto a piedi ha sparato la prima fucilata, crepando il parabrezza e ferendo il foggiano che ha tentato di scappare a piedi: una seconda scarica al volto a distanza ravvicinata l’ha ucciso.

L’utilizzo di un fucile non viene comunque ritenuto da chi indaga prova certa della firma garganica dietro l’agguato mafioso. Che a sparare possa essere stato un sicario venuto dal Promontorio è quindi un’ipotesi non una certezza, in considerazione delle storiche alleanze tra “Società foggiana” e clan della mafia garganica: processi e inchieste raccontano di scambi di favore tra le organizzazioni sotto forma di protezione latitanti (foggiani che si nascondono sul Gargano, garganici che si rifugiano nel capoluogo) e “prestiti” di killer per missioni di morte. L’ultimo pentito della “Società” è il sammarchese Patrizio Villani affiliato al clan Sinesi/Francavilla condannato a 30 anni per un omicidio commesso a Foggia il 29 ottobre 2016 nell’ambito dell’ultima guerra di mala. Il foggiano Massimo Perdonò, nipote del boss Rocco Moretti, è stato condannato a 12 anni perché il clan lo “prestò” al gruppo Romito che voleva vendicare un congiunto e uccidere a Manfredonia il 18 febbraio 2018 Giovanni Caterino, presunto basista (condanna all’ergastolo in primo e secondo grado) della strage del 9 agosto 2017 nelle campagne di San Marco in cui il clan Libergolis pur di ammazzare Mario Luciano Romito assassinò anche cognato e due agricoltori in transito. E ancora: all’agguato del 6 settembre 2016 in cui a Foggia furono feriti il boss Roberto Sinesi e il nipotino di 4 anni, avrebbero partecipato due garganici insieme a due foggiani stando al racconto del pentito Carlo Verderosa.

Vero che il ricorso alla lupara e il colpo al volto quasi si voglia cancellare l’esistenza della vittima, è tipico degli omicidi sul Gargano, ma non è una firma … esclusiva. Il fucile è comparso in altri due agguati recenti in città. La sera del 17 maggio 2022 davanti al carcere fu ucciso Alessandro Scrocco, 31 anni, di Foggia, che scontava in regime di semilibertà (usciva alle 7 dalla cella per andare al lavoro, rientrava entro le 20) 15 anni per aver ammazzato un vicino di casa il 2 gennaio 2010 dopo un litigio avvenuto il giorno prima. Il killer che si nascose dietro le auto parcheggiate nel piazzale antistante la casa circondariale e atteso l’arrivo in macchina di Scrocco per freddarlo quand’era ancora all’interno dell’abitacolo, utilizzò un fucile per poi fuggire sull’auto guidata da un complice: sequenze riprese dalle telecamere del carcere.

E imbracciava un fucile il sicario solitario e ancora senza nome – indagine quest’ultima coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia di Bari – che il pomeriggio del 21 ottobre sparò e ferì a una spalla in maniera non grave Ivan Narciso, 33 anni, estorsore, detenuto ai domiciliari mentre era nel giardino di casa nella zona di viale Europa: Narciso era stato condannato in primo grado a 5 anni, 6 mesi e 11 giorni ancora per estorsione (con esclusione dell’aggravante della mafiosità) a un commerciante di frutta, nell’ambito del processo “Decimabis” alla mafia del pizzo. Il sicario si dileguò in auto e sulla via di fuga si scontrò con un’altra macchina si cui viaggiavano 4 persone, tra cui un ultranovantenne che rimase ferito e morì il 5 dicembre: il sicario abbandonò l’auto con il fucile all’interno.

gazzetta mezzogiorno