Fu Gianluigi Troiano a assicurarsi che Omar Trotta si trovasse nel proprio ristorante, al che avvertì i complici e sopraggiunsero due killer tra cui Angelo Bonsanto che sparò a Trotta. L’ha detto Orazio Coda, viestano di 34 anni detto “Balboa”, pentitosi nel novembre 2021, interrogato in corte d’assise (collegato in videoconferenza da una località segreta) nel processo “Omnia Nostra” che vede imputati 2 garganici di concorso nell’omicidio premeditato e aggravato dalla mafiosità di Omar Trotta, assassinato a colpi di pistola il 27 luglio 2017 nel suo ristorante “L’antica bruschettà” sotto gli occhi della moglie e della figlioletta, delitto collegato alla guerra tra il clan Raduano e i rivali del gruppo Perna/Iannoli.
5 IMPUTATI, 2 PROCESSI
In attesa di giudizio in Assise ci sono Gianluigi Troiano, 30 anni, viestano, ritenuto il braccio destro di Marco Raduano, latitante dall’11 dicembre 2021 quando evase da un appartamento di Campomarino dov’era detenuto ai domiciliari e scontava 9 anni e 2 mesi per traffico di droga; e Angelo Bonsanto, 34 anni, sanseverese, detenuto da anni per altre vicende.
I due imputati respingono le accuse. Dell’omicidio Trotta sono accusati anche Marco Raduano (a sua volta ricercato per essere evaso il 24 febbraio scorso dal carcere di Nuoro dove scontava 19 anni) quale mandante; e i pentiti Danilo Pietro Della Malva di Vieste e Antonio Quitadamo di Mattinata: per questi tre garganici il processo si celebra con rito abbreviato davanti al gup di Bari, la Dda ha chiesto l’ergastolo per Raduano, e 8 anni e 8 mesi a testa per Della Malva e Quitadamo.
PAM LA IL PENTITO
Coda, rispondendo alle domande del pm della Dda Ettore Cardinali, ha detto d’essersi pentito nel 2021 perché temeva per la propria vita e voleva cambiare vita, confessando d’aver fatto parte del clan Raduano.
Dice d’aver appreso i particolari sull’omicidio Trotta da Raduano, e dagli stessi Troiano e Bonsanto. A dire del pentito, il boss Raduano ordinò la morte di Trotta per vendetta ritenendolo coinvolto nell’omicidio di suo cognato Gianpiero Vescera assassinato il 3 settembre 2016.
“Raduano disse a Trotta: dammi 100mila euro e vattene da Vieste, ma lui rifiutò” a dire di Coda. Fu lo stesso Raduano qualche mese dopo l’omicidio “a farsi scappare parlando con me che l’agguato era stato compiuto da una persona poi arrestata per armi insieme a tre complici in un garage mentre erano pronti a compiere un delitto”: il riferimento sarebbe all’arresto in flagranza di Bonsanto eseguito il 13 agosto 2017 in un box di Torremaggiore dove i carabinieri fecero irruzione e trovarono 4 persone armate e con auto rubate. Qualche tempo dopo Della Malva informò Raduano che dovevano fare un regalo ai killer di Trotta e Raduano disse: “ok diamogli 500 euro, perché Raduano è avaro, mentre Della Malva proponeva 10mila euro, rimarcando che erano venuti da fuori Vieste per commettere l’omicidio”.
IL RUOLO DEGLI IMPUTATI
Secondo il pentito, Troiano si affacciò nel ristorante per assicurarsi della presenza di Trotta: uscì e da una cabina e fece uno squillo. Poco dopo sopraggiunsero con uno scuterone due sicari, uno dei quali sparò e uccise il giovane ristoratore ferendo anche un amico.
A dire di Coda, fu Bonsanto a far fuoco: gliel’avrebbe confidato Bonsanto quando erano in carcere a Foggia nel 2018. In quel colloquio Coda gli disse d’aver saputo da Raduano che era stato lui a sparare a Trotta, Bonsanto glielo confermò, confidandogli che lui e il complice arrivarono in moto, lui entrò nel ristorante da una porta secondaria con due pistole, una 38 e una calibro 9, si trovò di fronte Trotta e gli sparò; Bonsanto aggiunse che l’agguato era stato organizzato nei giorni precedenti in un summit in campagna a Vieste presenti anche Della Malva e Quitadamo.
Quanto alla guerra tra clan, Coda ha detto che inizialmente Raduano e Pema facevano parte dello stesso gruppo, ma dopo l’omicidio di Vescera cognato di Raduano ci fu la scissione e la guerra.
LA DIFESA E’ INATTENDIBILE
Per gli avv. Salvatore Vescera (per Troiano) e Luigi Marinelli (per Bonsanto) Coda è inattendibile: nel controinterrogatorio i due legali hanno puntato a dimostrare che il pentito parla de relato e che le dichiarazioni sarebbero prive di riscontro.
Tra l’altro gli hanno contestato d’aver detto durante le indagini che Troiano avvisò i complici con una telefonata della presenza della vittima nel locale, mentre in aula ha riferito d’aver inviato un messaggio descrivendo anche gli abiti indossati da Trotta; al processo ha indicato tra le sue fonti di conoscenza anche Troiano, mentre prima non ne aveva parlato; ha riferito che quando Raduano gli confidò per la prima volta particolari sull’omicidio dicendo che i responsabili erano stati arrestati per armi per un’altra vicenda, lui cercò notizie su un sito e vide le foto degli arrestati: ma la difesa eccepisce che c’erano pecette a mascherare parzialmente il volto degli arrestati e che all’epoca di questa presunta ricerca on line Coda era detenuto e quindi non poteva usare internet.