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OLIO EXTRAVERGINE, COSÌ IL CAMBIO DI STRATEGIA SPAGNOLO METTE IN CRISI L’ITALIA

A tutti è capitato di desiderare a lungo qualcosa e quando poi i propri desideri si sono realizzati, di ritrovarsi davanti una realtà diversa da quella immaginata. È quanto sta accadendo ai produttori e agli industriali italiani dell’olio d’oliva, che per anni hanno lamentato la scarsa valorizzazione del proprio prodotto. Hanno puntato il dito contro i prezzi sul mercato troppo bassi in grado a stento di coprire i costi di produzione. E ora che l’olio extravergine è finalmente e stabilmente sugli scaffali a prezzi superiori ai 7 anche 8 euro a bottiglia si stanno accorgendo che c’è poco da esultare. 

Aumento dei prezzi dell’olio e calo dei consumi

L’effetto immediato è stato un calo dei consumi che in prospettiva preoccupa anche chi in questo frangente ha rafforzato il proprio reddito. Secondo i dati Circana, società specializzata nell’analisi del comportamento dei consumatori nella grande distribuzione italiana, nei primi dieci mesi del 2023 le vendite di extravergine sono calate del 9%. Una flessione che diventa -11% se si considera anche l’olio d’oliva.Non va meglio a livello internazionale, visto che secondo i dati forniti appena qualche giorno fa dalla Commissione Ue i consumi globali di olio d’oliva sono calati nel 2023 del 18%. È vero, l’economia mondiale è ancora penalizzata dall’inflazione che però da sola non basta a spiegare i rialzi nei listini di prodotti come l’olio extravergine d’oliva. 

Crollo della produzione in tutto il Mediterraneo

Il primo elemento chiave è il crollo della produzione spagnola passata in pochi anni dai 1,8 milioni di tonnellate del 2018-19 ai 1,4 milioni del 2020-21 e 2021-22 fino alle appena 663mila della campagna 2022-23. A completare il quadro produttivo globale le 241mila tonnellate prodotte in Italia, le 240mila della Grecia, le 180mila della Tunisia e le 126mila del Portogallo.La debacle spagnola è stata innescata dalla siccità: gli oliveti superintensivi impiantati in Spagna richiedono quantitativi d’acqua tripli rispetto a un oliveto italiano. Così con disponibilità idriche ridotte ne ha fatto le spese la produzione. La prima conseguenza è stata il forte rialzo del prezzo dell’olio spagnolo all’origine. 

La Spagna valorizza la produzione di qualità

Un rialzo però che non è stato un fulmine a ciel sereno. Perché Madrid ha avviato già da qualche anno un percorso di valorizzazione del proprio olio. Secondo un’elaborazione del Crea negli ultimi dieci anni il prezzo dell’olio d’oliva spagnolo è aumentato del 240% contro il +173% dell’olio made in Italy

Solo il 24% dell’extravergine tricolore è 100% italiano

La variabile del prezzo dell’olio spagnolo ha un’incidenza diretta sui listini delle bottiglie di extravergine vendute in Italia, perché nella grande distribuzione – secondo le cifre fornite da Assitol, l’associazione italiana delle industrie olearie – gli extravergine a scaffale sono per una quota del 24% prodotti 100% made in Italy, ma per il restante 76% sono miscele di oli extravergini di diversa origine e in larghissima parte realizzate con blend di olio spagnolo e italiano. 

Pressione promozionale in calo

Altro mito che l’attuale congiuntura sta sfatando è quello delle promozioni. Per anni produttori e industriali hanno accusato la grande distribuzione di svilire l’olio d’oliva ingabbiato non poco attraente status di “prodotto civetta”. Ben oltre il 70% dell’extravergine venduto nella grande distribuzione italiana era commercializzato in promozione. E sconti e vendite sottocosto hanno a lungo ridotto al lumicino i margini dei produttori, che hanno sempre desiderato essere sganciati dalla logica delle vendite promozionali.Un altro obiettivo che è stato raggiunto. «Le vendite in promozione sono passate dal 70 al 54% del totale vendite di olio – ha commentato il Business Insight Director di Circana, Virgilio Romano – ma soprattutto, secondo i nostri dati, il fatturato delle vendite in promozione nei primi dieci mesi dell’anno si è fermato a quota 69 milioni di euro con una perdita di 28 milioni rispetto allo stesso periodo dello scorso anno». Ma, né il rialzo dei prezzi né la fine delle vendite in promozione si sono tradotte in un toccasana per il settore. 

Assitol: aumento dei prezzi opportunità da cogliere

«Io invece resto convinta – spiega la presidente del Gruppo olio di Assitol, Anna Cane – che la congiuntura in atto sia un’opportunità da cogliere. Provare a valorizzare l’olio extravergine deve essere un obiettivo da perseguire anche se nel breve termine può portare a un’ulteriore flessione dei consumi. Serve una grande campagna di promozione dell’extravergine che spieghi al consumatore innanzitutto che il rincaro a scaffale spalmato sul numero di giorni necessari a esaurire una bottiglia di extravergine si riconduce a pochi centesimi. Ma, soprattutto, vanno spiegate e valorizzate le qualità dell’olio extravergine. Le sue proprietà nutrizionali che ne fanno un alimento molto simile a un integratore alimentare. Ma mentre gli integratori vengono acquistati senza farsi troppe domande sul prezzo, quello dell’extravergine, chissà perché, sembra invece sempre troppo alto».« Un lavoro di valorizzazione – continua Cane – va poi effettuato anche nei confronti della ristorazione dove l’extravergine viene ancora servito in forma quasi anonima. Dopo un’estate in cui tanti si sono visti chiedere un sovrapprezzo al tavolo per scaldare un panino o per dividere in due un toast, vi sembra giusto che l’olio extravergine al ristorante venga ancora fornito gratis?». 

 (fonte: Giorgio dell’Orefice – Il Sole 24 Ore)