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VIESTE/ CRONACHE DAL PALAZZO  “VIAGGIO FRA RICORDI, RIFLESSIONI, TESTIMONIANZE E CURIOSITÀ” (8)

…MA IN PRINCIPIO FU PORTONUOVO E GATTARELLA

   Si farebbe certamente torto non citare personaggi che, in un certo qual modo, hanno fatto la storia del turismo locale.

   La strada provinciale litoranea Vieste – Campi – Mattinata (S.P. n. 52) era stata completata da qualche mese quando uno sconosciuto imprenditore romagnolo da Cesenatico, fece irruzione nel panorama turistico di questo territorio: Antonio Brandinelli fu Giuseppe.

   Presentò un progetto in data 16 settembre 1965 e dopo qualche giorno (23.09.1965) gli fu rilasciata la licenza edilizia per la costruzione di un albergo poi denominato “Hotel Gargano” in località Portonuovo

   Dopo qualche mese, gennaio 1966, fu rilasciata una ulteriore licenza edilizia per la costruzione di un fabbricato multipiano per ferie (albergo meublè) “S. Giuseppe”.

   Ma l’attività turistica di Brandinelli non si esaurì con la costruzione delle strutture alberghiere prima citate ma con una lottizzazione (si fa per dire) che prevedeva la creazione di una serie di villette a partire dalla strada provinciale poi realizzate e vendute.

   Verso la fine degli anni ‘60 la fortuna gli voltò le spalle e l’intero complesso immobiliare fu posto in fallimento e cambiò proprietà confluendo nella società che prese il nome di “Lido di Portonuovo S.p.A.”.

 Nei primo anni ’70 l’intero complesso fu volturato agli attuali proprietari, mentre Brandinelli fece un mesto e triste ritorno nella sua città di origine.

VILLAGGIO TURISTICO GATTARELLA

   L’ing. Giulio Rusconi Clerici (1913-2006) personaggio meneghino di nobile lingnaggio capitò per caso, nella nostra città verso la fine degli anni ’50; una foratura alla macchina lo costrinse a sostare proprio nella zona di Portonuovo e vi rimase giusto il tempo necessario per ammirare una grande distesa selvaggia; con la logica pragmatica che distingueva le sue scelte coltivò l’idea di realizzare un centro turistico. Nacque la “Gattarella”.

   Negli anni 1965-1966 e 1967 arrivarono le prime licenze edilizie; le strutture realizzate rispettarono sempre la natura del luogo, mai una forzatura urbanistica o una inadempienza edilizia ma solo rispetto per il paesaggio e l’ambiente tanto da essere annoverato fra i pionieri del turismo garganico.

   Alla soglia degli 80 anni, con qualche problema di salute e la notevole distanza che divideva il Gargano da Milano, il Conte Ingegnere  fu costretto a passare la mano nel 1992 a Natalino Notarangelo noto imprenditore turistico.

   L’Amministrazione Comunale memore di tutti i riconoscimenti gli conferì la cittadinanza onoraria in una seduta del Consiglio Comunale tenutasi l’11 maggio 2000.

   Natale Notarangelo (1944-2005) si insediò ufficialmente nel complesso turistico il 1° agosto 1992; intuì subito che era necessario intervenire con consistenti opere di ristrutturazione e rifacimento di talune strutture ed impianti tecnologici ormai obsoleti e fatiscenti per l’utilizzo ultratrentennale.

   Ha continuato l’opera del conte Rusconi nel rispetto della natura e nessuna struttura è visibile per chi proviene dal parcheggio di Sopra il Ponte.

   Il complesso turistico ha subito, tuttavia, una importante trasformazione urbanistica ed edilizia grazie alla legge regionale n. 3/98 che ha con sentito di intervenire con una articolata serie di opere di riqualificazione ed ammodernamento.

   Natalino, con una esperienza ultra quarantennale nel settore ha incarnato il ruolo autentico di imprenditore turistico con un  intuito impareggiabile; chi ha conosciuto il centro qualche decennio fa resta sicuramente incantato dalla radicale trasformazione di tutte le strutture turistiche ricettive e commerciali realizzate che conferiscono una visione unica e gradevole del complesso con particolare riferimento al rispetto all’ambiente.

   La prematura dipartita gli ha impedito di godere e di cogliere i frutti di una straordinaria avventura turistica.

IMPORTANTE RITROVAMENTO ARCHEOLOGICO

Nei primi giorni del luglio 2006, all’interno del cortile compreso tra il Municipio e la Direzione Didattica Statale, in angolo ai plessi delle vie Muraglione e Giannicola Spina, iniziarono i lavori per la realizzazione di una vasca di raccolta idrica.

Le maestranze della ditta appaltatrice Florio Costruzioni Generali s.r.l. di Foggia ebbero l’incarico di provvedere allo scavo.

A circa tre metri e mezzo di profondità, dopo aver superato alcuni livelli di sabbie recenti, alla loro base e nella sottostante crusta, l’operatore alla pala meccanica Alessandro Del Vecchio rinvenne il tratto superiore di un singolare manufatto che parve certamente non coevo alla fondazione dell’edificio municipale.

Contestualmente, l’ispettore onorario per i beni architettonici e per il paesaggio del Comune di Vieste Giuseppe Ruggieri identificò l’enigmatica struttura come il tetto di una tomba a semicamera di età ellenistica e ne diede tempestiva notizia alle autorità comunali e a quelle della Soprintendenza Archeologica della Puglia.

Egli, già da tempo, ponendo particolare attenzione ai rinvenimenti archeologici nel territorio urbano, aveva elaborato (agosto 1982), in scala 1:1000, una dettagliata cartografia a colori, nella quale, proprio per quell’area, indicava una necropoli, tratti di strutture murarie, un deposito conchiglifero (Petrone, 1923) ed un pozzo segnalatogli dall’ing. Lorenzo Diana, negli anni ’50, ispettore onorario di Vieste.

Oltre alle citazioni note in letteratura locale, con riferimento specifico all’edificio municipale (Petrone, 1923) ed ai luoghi limitrofi (Pisani, 1666), l’ispettore aveva raccolto le testimonianze di alcuni anziani, che, in gioventù, avevano partecipato ai lavori di scavo delle fondazioni dei vari plessi edilizi.

A seguito della segnalazione ispettiva, alcuni tecnici della competente Soprintendenza effettuarono un sopralluogo e, confermando l’identificazione e la datazione del Ruggieri, intervennero con uno scavo d’urgenza, diretto dalla dott. ssa Giovanna Pacilio.

I resti osteologici dei numerosi inumati di entrambi i sessi e di diversa età ed i materiali dei relativi corredi, che furono recuperati all’interno della semicamera funeraria, sono ancora in studio e risultano essere di notevole importanza archeo-antropologica.                                                                           

La tomba a semicamera di età ellenistica nel cortile del Municipio di Vieste

  1.    Vista dall’alto dello scavo archeologico. Tetto della semicamera funeraria costituito da sei lastroni di calcarenite locale posti in opera a “schiena d’asino” o a “doppia falda” e sigillati a calce sulle linee di colmo, di giuntura e di gronda. In fila orizzontale e per parte, due lastroni sovrapposti chiudono i fronti NO e SE. Sul fronte d’ingresso NO, il lastrone superiore di chiusura è in forma di timpano irregolare. La semicamera, non visibile nella foto, è ipogea ed ha pianta rettangolare. I muri corti sono costruiti con un unico lastrone ed i lunghi con tre. All’interno, poco al di sotto del fronte d’ingresso NO, un tozzo concio calcarenitico è addossato al muro a mò di piccolo gradino. Il pavimento è livellato nel banco sabbioso fossile di sedime. I lastroni, nel loro complesso, sono più accuratamente spianati sulle facce interne e su quelle di giuntura. Il monumento funerario, allogato alla base del declivio dell’attuale Montarone, insisteva in una necropoli prossima alla rada portuale compresa tra le odierne Marina Piccola e l’Isola del Faro, all’epoca, sede del santuario ipogeo di Venere Sosandra.

Piano di calpestio esterno al fronte d’ingresso NO-angolo sinistro. Amo da pesca in bronzo tra materiali ceramici di un’offerta rituale.

Interno della semicamera funeraria. Inumato n. 1 in deposizione supina SE-NO. Parti assiale ed appendicolare dello scheletro. Sul piano deposizionale, dal cinto pelvico e tra gli arti inferiori, si osserva il relativo corredo funebre. Si distinguono dei piatti a vernice nera e degli unguentari fusiformi.

Parti assiale ed appendicolare dello scheletro dell’inumato n. 1 e lagynos acroma (6) di corredo traslati su barella lignea dal piano di deposizione.

Settore deposizionale sottostante all’inumato n. 1. Particolare di corredi funebri e di resti scheletrici in sconnessione anatomica. Tra i materiali ceramici e metallici dei corredi, databili tra i primi decenni del III ed il primo quarto del II secolo a. C., si evidenzia un askos canosino a doppia bocca in ceramica “listata C” (7) ed un’anfora commerciale di tipo rodio (8).

     Giuseppe RUGGIERI

FORNO IN GROTTA

E’ stata una piacevole sorpresa scoprire che sul terreno comunale in loc. Marzaniello, in zona semimpervia, la presenza di una caverna nel cui interno si è notato un forno antico che testimonia la presenza umana.

mario fabrizio 2008

8 – CONTINUA