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ECHI DELL’IMPRESA DI FIUME AL SAN DEMETRIO DI ZARA

La badessa austriaca del collegio piu’ esclusivo della citta’ scrive al soldato Giuseppe Vitillo di Vico del Gargano

D’Annunzio aveva sempre desiderato liberare Fiume e far valere i diritti dell’Italia. Ne fece il punto fermo delle rivendicazioni della “vittoria mutilata”. Al grido di “Fiume o morte!” organizzò una spedizione con circa duemila legionari, e il 12 settembre 1919 occupò la città istriana. Nitti, presidente del Consiglio in carica, per evitare conseguenze nei rapporti internazionali, cercò di minimizzare l’impresa: “L’Italia del mezzo milione di morti non deve perdersi per follie o per sport romantici e letterati dei vanesii”. Il 20 settembre, D’Annunzio si proclamò “comandante della città di Fiume” ed il 16 ottobre ne assunse i pieni poteri. Il 26 ottobre vinse il plebiscito: su 7155 votanti, 6999 furono a suo favore. Alla vigilia delle elezioni del 1919, il 14 novembre, D’Annunzio sbarcò a Zara sulla nave “Nullo”, senza essere intralciato dagli alleati, e dopo averla occupata, lasciò un piccolo presidio di soldati. Nel 1920 Giolitti sostituì Nitti alla guida del governo. Il 12 novembre 1920, dopo la riunione degli alleati, Fiume viene dichiarata stato indipendente, Zara passa all’Italia. Nel periodo natalizio D’Annunzio è costretto ad andarsene con i suoi legionari. Lo stesso avviene per il presidio di Zara.

Questo è il contesto di un viaggio a ritroso nel tempo, che ho rivissuto leggendo  le belle missive inviate dalla madre superiora del Collegio di San Demetrio di Zara, suor Salesia Taschen, a Giuseppe Vitillo, un  soldato originario di Vico del Gargano che, durante la sua permanenza a Zara, durante la Grande Guerra, assegnato al Collegio per le sue competenze agricole, era diventato il “giardiniere” di fiducia delle suore, che lo rimpiangeranno dopo la partenza, perché il soldato che lo sostituirà non è assolutamente all’altezza del compito. Dopo il rientro a Vico, a partire dall’11/12/1919, c’è una fitta corrispondenza tra Giuseppe e le suore del Convitto. Un epistolario di una decina di lettere e cartoline postali (ci sono anche le lettere di suor Valeria) che ho recuperato, grazie alla disponibilità di Grazia Pia Vitillo, nipote del militare, in occasione di una mostra/convegno sulla Grande Guerra presso l’Istituto superiore “Mauro del Giudice” di Rodi Garganico.

Interessanti, in particolare, due lettere che la badessa Salesia Taschen scrive a Vitillo e, tra le altre cose, gli racconta il clima che si respirava in quei giorni in città.   Dopo il trattato di Rapallo, per scacciare i dannunziani da Zara, l’esercito italiano aveva requisito anche il collegio: “Furono giorni inquieti, causa i D’Annunziani che non volevano sottomettersi al trattato di Rapallo, così il Governo dovette procedere”. – scrive la Taschen- “La nostra scuola fu trasformata in caserma; ebbimo più di 600 soldati in casa, s’immagini!! Per fortuna l’azione ebbe felice esito, senza spargere molto sangue. Dio sia ringraziato che andò così bene. Se avessero vinto gli altri, avrebbe avuto luogo un bombardamento dal mare, allora addio S. Demetrio!”.

Le suore, tutte di origini austriache, nei mesi che seguirono, “per motivi politici”, dovettero lasciare il collegio. Dove andarono? Suor Schuvarzler e suor Mattea si trasferirono nella chiesa Madre a St. Pölten presso Vienna, suor Christen a Merano, suor Valeria a Bressanone, Madre Zamboni in Inghilterra e Salesia Taschen a Roma  (dove però non ricoprì più la funzione di madre superiora!).  Al loro posto, nel collegio di Zara, subentrarono le Mantellate, suore di un ordine monastico “italianissimo”, provenienti dalla Toscana.

Il bellissimo collegio di san Demetrio fu distrutto durante la seconda guerra mondiale (1943-44), nel corso dei raid aerei che rasero al suolo la città di Zara.

L’ex convittrice Anny Belli Del Grande, che a San Demetrio studiò in quegli anni, scrive nel suo diario: «La costruzione si ergeva splendida, maestosa, alla fine della Riva Nuova, con il suo bellissimo parco limitato dai bastioni della “Cittadella”, che si spingevano fino alla “Fossa”, un’insenatura luogo di attracco delle barche provenienti dall’Isola di Preko (Oltre). Era stata, con il castello di Miramare, residenza estiva degli Asburgo. Ai piani superiori, un salone bellissimo, con il pavimento in parquet, ornato di stucchi, di affreschi, di quadri, illuminato da enormi finestre che si aprivano in tutta l’altezza dei due piani e da scintillanti lampadari di cristallo. A seconda delle circostanze, era teatro, cinematografo, sala per i concerti e sala per la festa mascherata di carnevale. Una volta all’anno era sala da ballo: venivano invitati gli alti ufficiali delle varie armi presenti a Zara (Bersaglieri, Marina, Aviazione e Finanza) con le loro famiglie. Non mancavano mai le autorità cittadine. In questa occasione, dovevamo fare gli onori di casa, dimostrando di aver assimilato tutto ciò che le suore ci avevano insegnato: essere delle perfette padrone di casa, destinate a far parte dell’alta società. (…).  Tutta la nostra vita di educande era regolata dal suono di una campanella: sveglia alle 6, un’ora di tempo, anche meno, per lavarci, vestirci, rifare il letto, metterci in fila per andare alla messa. Chi parlava a tavola, era punita; chi faceva rumore con la seggiola, veniva punita. Se per le scale, per i corridoi, che io facevo sempre di corsa, ci si imbatteva in una suora, bisognava mettere il freno a mano e, piegando la testa e portando indietro il piede destro (per carità, mai quello sinistro) fare un elegante inchino accompagnato dal saluto di rito: “Sia lodato Gesù Cristo, reverenda madre”. Se si incontrava la madre Superiora, il saluto era lo stesso, ma la ‘reverenda’ diventava ‘reverendissima’»…

Mio carissimo amico Giuseppe, 

Non avermela a male se non scrissi prima; ebbi tanto, tanto da fare. Ricevetti con moltissimo piacere il suo caro scritto e anche il denaro per le S. Messe. Grazie! Come la benedirà suo padre, per questa elemosina spirituale che gli fà! Noi qui bene. Furono giorni inquieti causa i D’Annunziani che non volevano sottomettersi al trattato di Rapallo, così il Governo dovette procedere. La nostra scuola fu trasformata in caserma; ebbimo più di 600 soldati in casa, s’immagini!! Per fortuna l’azione ebbe felice esito, senza spargere molto sangue. Dio sia ringraziato che andò così bene. Se avessero vinto gli altri, avrebbe avuto luogo un bombardamento dal mare, allora addio S. Demetrio! Presto andranno via tutti i militari dell’occupazione, allora perderemo il nostro soldato. Forse andremo via anche noi in autunno. Non è però ancora certo. In ogni modo L’avviserò. Sa, quale dei suoi progetti per l’avvenire mi piace di più? Quello di prendere moglie. Sì sì, lo faccia e resti fedelmente attaccato alla sua zolla. Ma non prendere qualunque ragazza, nè, mi raccomando!! Deve essere buona, brava, pia e degna di Lei che è uomo di cuore, ottimo e gentile. Pregherò che faccia buona scelta: e lo faccia anche Lei, mio caro amico. Non lasci passare troppo tempo senza confessarsi e comunicarsi perché ha bisogno del Divin Salvatore che tanto L’ama e vuol renderla felice. Lo lasci fare!! Il suo viaggio di nozze lo farà poi a Zara, nevvero? Che gioia sarà per noi tutte di rivederla!! La ricordiamo sempre collo stesso affetto, sa! Riceva ancora i saluti più affettuosi da tutte, tutte che La conoscono specialmente dalla Sua vecchia amica.

M. Sal. Taschen (Madre Salesia Taschen).

LETTERA N. 2

Mio caro Giuseppe, ricevetti ieri la Sua lettera qui a Roma. Deve sapere che abbiamo abbandonato Zara e il bel collegio S. Demetrio; sono le cause politiche che ci hanno costrette a fare questo passo. Ci rincresceva e abbiamo sofferto moltissimo a dividerci le una dalle altre, ma sia fatta e benedetta sempre la s.s. volontà di Dio! Diventerei troppo lunga se volessi scriverle dove andarono tutte le nostre madri e suore. Le dirò solo che suor Schuvarzler e suor Mattea si trovano nella chiesa Madre a St. Pölten presso Vienna, suor Christen a Merano, suor Valeria a Bressanone, Madre Zamboni andrà nell’Inghilterra e io sono qui a Roma, e ne sono contentissima. Quando eravamo ancora unite tutte quante, abbiamo parlato molte volte di Lei e L’abbiamo desiderata qui con noi, tanto più che il soldato che si aveva ultimamente non valeva proprio niente, anzi peggio che niente: non faceva altro che dormire, lavarsi e rubare frutta. Sono venute a S. Demetrio altre monache – le così dette “Mantellate” della Toscana. Poverette, mi fanno compassione, perché anche per loro non sarà facile la vita. Dio le benedica! Vedo che anche Lei ha la sue grandi croci, povero Giuseppe! Molto lavoro e poco guadagno. Ma non sarà sempre così, si consoli. Tutto passa: il bello, ma anche il brutto. Basta che siamo nella grazia di Dio e che così lavoriamo per il Signore mirando sempre in alto. Vorrei sapere se il mio caro Giuseppe prega un po’ tutti i giorni, se va a Messa ogni Domenica e festa, se fa a Pasqua e poi qualche volta all’anno la s. Comunione?….Perché, se La so fedele ai Suoi doveri da cristiano, non ho nessuna paura per Lei; il Signore l’aiuterà e la benedirà sempre. Dunque la fidanzata non l’ha voluta? e la matrigna vuol abbandonarla? Questo tutto assieme è un po’ grosso! Ma non si perda di coraggio, sia forte e buono e speri in un migliore avvenire. Io pregherò per Lei e La raccomanderò caldamente alla Madonna, perché Le voglio bene e vorrei che fosse molto felice e molto fortunato. Abbiamo ricevuto il denaro per s. messe; siccome non c’era più chi canta e più chi suona, abbiamo invece fatto dire parecchie s. messe, che le otterranno certo molte grazie, non solo per Suo padre, ma anche per Lei. Se vuole scrivermi ancora, mi farà piacere e io quando scriverò alle mie consorelle lontane porgerò loro i Suoi saluti. Va bene così? Il mio indirizzo ora è: M. Sal Taschen Istituto delle Donne Inglesi Roma Via XX Settembre N.5. Badi che qui non sono superiora. Addio dunque, mio caro amico, il Signore la benedica oggi, domani e sempre!

Salutandola di cuore mi dico affezionatissima

M. Salesia Taschen. Roma 19-10-1921      

Teresa Maria Rauzino