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Appelli ignorati Kalena rimane una «discarica»

Nonostante la mobilitazione popolare l’antica abbazia di Peschici sommersa di detriti

 

La lenta agonia dell’abbazia di Kalena, la monumentale testimonianza di un passato
che non si dovrebbe dimenticare essendo una delle tante «radici» della cultura garganica.
Invece, è vero tutto il contrario. Nonostante le tante battaglie per rimuovere tutti quei macigni di insensibilità che, per decenni, hanno coperto il lento ma inesorabile degrado dell’impianto strutturale dell’abbazia, restano ancora tutti in piedi gli interrogativi sui tempi che restano per ridare dignità ad un complesso di inestimabile valore. Le luci che aprivano flebili ottimismi si accesero qualche anno fa allorché il suo recupero venne collegato alla disponibilità di tre milioni di euro previsti nel piano strategico di Area vasta «Capitanata 2020». I tempi, purtroppo, non sono determinabili e ciò, giustamente, crea molta preoccupazione. Da circa vent’anni la problematica-Kalena è diventata una delle priorità delle amministrazioni comunale e provinciale, e ciò grazie al Centro studi  Giuseppe Martella, nato nel 1997 che, tra le sue prime iniziative ha posto l’antica abbazia, un monumento del 1023, testimonianza di rilievo della cult di Capitanata e del Sud Italia.
Il centro «Martella» di Peschici che con il suo presidente, Teresa Rauzino, sta svolgendo un’intensa azione di sensibilizzazione, denuncia proprio le preoccupanti condizioni in cui versa l’abbazia. In particolare, per quanto riguarda la copertura lignea dell’abside e, tra l’altro, il campanile a vela, che ospita un prezioso bassorilievo di Madonna orante risalente al 1393. Inoltre, necessitano interventi per recuperare le creste murarie della chiesa e del recinto del complesso e successiva protezione; impermeabilizzazione degli estradossi delle navate laterali; ricomposizione e bloccaggio degli elementi lapidei; infine, bonifica dei vani della primitiva chiesa.
Santa Maria di Kàlena che, ricordiamo è di proprietà della famiglia Martucci, è da annoverare fra le più antiche d’Italia. Probabilmente vi fu una prima presenza di monaci basiliani già a partire dall’872.
L’abbazia di Monte Sacro, presso Mattinata, era una di queste ricche dépendances, ed ebbe un secolare contenzioso con la casa-madre, che non voleva concederle assolutamente l’autonomia. Per rendersi conto dell’entità del prestigio di Santa Maria di Kàlena, basta ricordare che nel 1420, quando era già in declino, i beni in suo possesso consistevano in circa trenta chiese del Gargano Nord, con relative pertinenze di mulini, case, terre, oliveti, diritti di pesca sul Varano e diritti feudali sulla città di Peschici e sul Casale di Imbuti. Contesa dai potenti monasteri di Tremiti e Montecassino, essa riuscì a restare indipendente fino al 1445, quando fu inglobata definitivamente a Tremiti, sotto i Canonici Lateranensi. E’ certo che l’abbazia di Santa Maria di Kàlena accolse molti pellegrini, famosi e non, che sbarcavano sui litorali del Gargano Nord per recarsi al Monte dell’Angelo.

Francesco Mastropaolo