Rischiano di essere incriminate per procurato allarme le persone che diffondono notizie allarmistiche o false in merito a casi di contagio da coronavirus: la Procura di Bari ha aperto un fascicolo in seguito a tre denunce presentate dai cittadini. Vista la quantità di falce news che circolano in Rete e nelle chat, comunque, è certo che l’indagine andrà a estendersi. Al momento non ci sono nomi iscritti nel registro degli indagati e il fascicolo è coordinato dal procuratore aggiunto Roberto Rossi, che nei prossimi giorni assegnerà la delega alla polizia giudiziaria.
Le denunce
Sono tre, tutte presentate a fine febbraio in questura. La prima riguarda un caso (non vero) di Coronavirus fra i dipendenti della Bosch di Bari. La seconda, invece, il contagio (anche stavolta falso) di cittadini di Polignano a Mare da parte di una 17enne rientrata nella cittadina pugliese dopo un viaggio in Cina. «Nessuno ne parla. Ormai è epidemia. E queste non sono fake news, questa è la cruda ed amara realtà», diceva il messaggio, veicolato da un presento avvocato, tramite un profilo che però ai primi accertamenti è risultato falso. La terza denuncia, infine, è relativa a un file audio diventato virale su WhatsApp, che segnalava la presenza (falsa) di 50 persone al rientro da un viaggio nella città cinese di Wuhan e in quarantena al Policlinico di Bari. Le indagini su tutti e tre i casi sono ancora nella fase embrionale. Disposte dopo che il procuratore Giuseppe Volpe ha sollecitato i tre aggiunti (oltre a Rossi ci sono Francesco Giannella e Alessio Coccioli) a verificare se fossero arrivate denunce in merito a notizie false o allarmanti sul Coronavirus.
I possibili reati
Il più facile da contestare all’apertura dei fascicoli è il 658 del Codice penale, procurato allarme, che punisce «chiunque, annunziando disastri, infortuni o pericoli inesistenti suscita allarme». La pena prevista la reclusione fino a 6 mesi o un’ammenda fino a 516 euro. Accanto a esso esistono però altre fattispecie che possono essere contestate in casi del genere. Prima fra tutte la diffamazione, se le notizie veicolate riguardano persone specifiche o enti o strutture identificabili. Oppure il turbamento dell’ordine pubblico tramite la pubblicazione di notizie false, esagerate o tendenziose, una forma più lieve del reato di procurato allarme, punita con l’arresto fino a 3 mesi e l’ammenda fino a 309 euro.
Chi rischia
Innanzitutto chi produce le notizie, ammesso che gli investigatori riescano a risalirvi, considerato che spesso è difficile riavvolgere il filo di news che viaggiano fra decine di siti e social così come dei messaggi che circolano nelle chat. Però non si esclude che la responsabilità penale, nei casi più estremi, possa essere attribuita anche a chi veicola le notizie false o allarmistiche. Proprio per questo le autorità invitano i cittadini alla prudenza, ovvero a non condividere o a non veicolare messaggi che abbiano contenuto tale da suscitare allarme. Da segnalare che la polizia postale ha un portale interattivo (all’indirizzo
www.commissariatodips.it) in cui i cittadini vengono messi in guardia dalle bufale più frequenti che stanno girando in questi giorni, in merito al coronavirus, ed è possibile anche inoltrare segnalazioni o denunce online oppure rivolgere domande specifiche agli operatori.
L’inchiesta di Foggia
Riguarda il contagio di numerose persone avvenuto dopo il decesso del 75enne di San Marco in Lamis. L’ipotesi è diffusione colposa di epidemia: si ritiene che non siano state adottate le cautele necessarie per capire se la vittima fosse morta di Coronavirus e per bloccare i movimenti di chi aveva avuto contatti con lui. È stato il governatore Michele Emiliano a parlare di «errore catastrofico» da parte del medico legale che ha restituito la salma alla famiglia per i funerali.
Il caos nei tribunali
La maggior parte di avvocati, magistrati e operatori giudiziari vorrebbe la sospensione delle attività. Ma al momento il ministero della Giustizia lascia i vertici degli uffici giudiziari liberi di decidere. Il rallentamento delle udienze, intanto, è stato determinato dall’astensione degli avvocati, che ieri hanno disertato quasi tutti i processi. Il presidente della Corte d’appello di Bari, Franco Cassano, ha disposto che il deposito di atti e la richiesta di copie nel tribunale di piazza De Nicolà siano effettuati esclusivamente online.
Chiara Spagnolo
repubblicabari