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Torna il Carpino Folk Festival da OndaRadio questa sera si replica.

A partire da questa sera fino a domenica, a partire dalle ore 21,00 verranno riproposte le registrazioni delle serate del Carpino Folk Festival, la kermesse canora-tradizionale che Ondaradio ha seguito.

Si parte con la registrazione dell’evento del giorno 7 agosto. Verrà riproposto l’Ensemble Popolare della Notte della Taranta con i Cantori di Carpino con il commento di Antonino Sferrazza e Sandro Siena. Una chicca per gli appassionati. Le altre serate a seguire verranno messe in onda tutte le sere fino a domenica a partire dalle ore 21.

 

La serata nelle rivisitazione di Amedeo Trezza

 

 

7 Agosto 2007: risemantizzazione e desemantizzazione della cultura popolare al Carpino Folk

Festival 07

 

 

 

Il programma di questa sera ha visto la partecipazione al Carpino Folk Festival, prima della chiusura a opera dei Cantori di Carpino nelle voci di Maccarone e Piccininno (stasera entrambi in ottima forma), di due gruppi tanto diversi tra loro quanto affermati ciascuno nel proprio ambito musicale e di ricerca: l’Antonello Paliotti Sextet e a seguire l’Ensamble popolare della Notte della Taranta.

 

La presenza di un artista a 360 gradi come Antonello Paliotti questa sera penso sia stato il momento più alto di musica raggiunto finora in questa XII edizione del Festival. Preparato da molti mesi, l’intervento di Paliotti, che a sua volta ha deciso di ospitare ‘a sorpresa’ la compagine bandistica di Carpino che proprio attraverso il suo lavoro è stata ricomposta in quello ciò che oggi prende nome di Collettivo Musicale Carpinese, ci ha offerto momenti di grande musica, tanto raffinata ed elegante quanto potente e sensuale. È nella tammurriata che ha preceduto Tarantella storta che è emersa in tutta evidenza quella commistione di tonalità dell’animo partenopeo che ha caratterizzato l’intervento di questa sera: espressione di una matericità sensuale frammista e intrisa d’inafferrabile macerazione riflessiva attraverso il dialogo delle percussioni con la chitarra battente, proprio nelle sue mani.

La scommessa di Paliotti, tra l’altro allievo e collaboratore di Roberto De Simone, è quella di far dialogare la musica popolare (in particolare stasera quella carpinese) con la musica colta, nel tentativo di rivalutare un patrimonio di suoni e canti che, se soltanto affidati alla malferma trasmissione orale dei nostri tempi, rischierebbe di svilirsi irrimediabilmente. Tentativo, conferma Paliotti, che non è una novità: “l’osmosi tra musica popolare e la musica colta c’è sempre stata, da Bartok a Chopin. Addirittura Bach s’ispirava alla musica popolare del suo tempo, come i canti luterani”.

Il suo rapporto con la tradizione, lungi dall’essere conservativo, è invece fortemente dinamico: “Noi non possiamo sapere come nel Settecento cantavano la Carpinese, abbiamo documenti scritti, in realtà la tradizione è tutto ciò che riusciamo a portare avanti”.

Il suo approccio dinamico alla tradizione è da leggersi nei termini di una differenza fondante e fondamentale tra i modi della ‘commistione’ e della ‘contaminazione’. Mentre la ‘commistione’ vuole ispirarsi alla sensibilità creativa del genio artistico – collettivo o individuale che sia, la ‘contaminazione’, al contrario, “oltre ad andare di moda oggi, può spesso diventare sinonimo di ‘contagio’, in un’accezione di svilimento distruttivo”.

La musica, come la vita, è un continuo e inarrestabile gioco, ma ogni buon gioco che si rispetti ha delle regole da ‘rispettare’, dei meccanismi di funzionamento che istituiscono il gioco. Se da un lato in assenza di margine di movimento propriamente non ci può essere ‘gioco’, come ad esempio il movimento interrotto di una chiave nella serratura, dall’altro un gioco in assenza di regole è altrettanto impossibile, ingiocabile, in quanto non ha senso e non fa senso.

Si fonda a mio avviso anche in questa differenza, sottile e macroscopica al contempo, l’incolmabile distanza tra la performance musicale di Antonello Paliotti e l’incostumata atopia dell’Ensamble della Notte della Taranta: da un lato un tentativo di risemantizzazione della cultura popolare, dall’altro un’improbabile desemantizzazione.