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“LA GIORNATA DELLA MEMORIA” Quegli Ebrei partiti … da casa nostra

Neppure una targa ricorda gli internati slavi ed i 16 ebrei che, partiti dal campo di concentramento di Manfredonia, morirono poi nei campi della Shoah

Tutti conosciamo Auschwitz e Buchenwald, ma decenni di censure ci hanno impedito di sapere che noi, Italiani, costruimmo e gestimmo i lager di Kraljevica, Lopud, Kupari, Korica, Brac, Hvar, Rab (nell'isola di Arbe). Alla fine del Ventennio gli occupanti italiani costruirono nelle terre slave campi di concentramento che, seppur non scientificamente predisposti allo sterminio, furono la causa di migliaia di morti e di infinite sofferenze. Furono creati campi anche in Italia: a Gonars (Udine), a Monigo (Treviso), a Renicci di Anghiari (Arezzo) e a Padova. Secondo stime rapportate nel volume dell'A.N.P.P.I.A. “Pericolosi nelle contingenze belliche”, i fascisti internarono quasi 30.000 sloveni e croati, uomini, donne e bambini .
Facendo riferimento a uno studio effettuato da Viviano Iazzetti (funzionario dell’archivio di Stato di Foggia), sul campo di concentramento pugliese di Manfredonia (che funzionò dal 1940 alla fine dell’estate del 1943) possiamo affermare che un gruppo consistente delle persone ivi internate proveniva dalla zona di Fiume. Erano cittadini italiani “slavofili“, ex jugoslavi sospetti di attività antitaliana. Per ex jugoslavi – precisa Iazzetti– si intendevano gli internati originari dei territori dell’Istria annessi all’Italia in seguito allo smembramento dell’impero austro-ungarico dopo la prima guerra mondiale.
Nel campo di concentramento di Manfredonia la libertà degli internati era limitatissima. Essi potevano passeggiare liberamente soltanto per alcune ore della giornata ed esclusivamente nell’ambito della zona delimitata. Quando i reclusi si trovavano in quest’area venivano attivati sei posti fissi di guardia per la loro vigilanza e contemporaneamente degli agenti in bicicletta percorrevano la nazionale per Foggia, lungo il tratto antistante il campo, onde evitare contatti con estranei.
Al rientro nelle camerate venivano chiuse finestre e porte, applicando a queste ultime dei lucchetti dall’esterno. Durante la notte funzionava un servizio di ronda sia all’esterno che all’interno del campo. Per gli internati non era possibile intrattenere rapporti epistolari con i familiari senza la preventiva autorizzazione ministeriale e subordinatamente al vaglio della posta per motivi di censura. Gli internati avevano l’obbligo di presentarsi negli Uffici della Direzione, ogni qualvolta invitati, a capo scoperto, abbigliati compostamente e salutando "romanamente".
Per poter leggere dei libri italiani occorreva l’autorizzazione della direzione, mentre, per i giornali ed i libri in lingua straniera, quella del Ministero. Era vietato usare lingue straniere nelle conversazioni. Della traduzione della corrispondenza degli internati serbo-croati e Sloveni si occupava la signora Maria Nannut, presso il campo di concentramento di Fabriano.

Il campo di Manfredonia fu una “cosa all’Italiana”, non furono uccisi internati come nei famigerati campi nazisti. Ma non dimentichiamo che il 1° luglio 1940 nel campo suddetto giunsero 31 ebrei tedeschi. Iazzetti, nel suo saggio, ne ha citato nomi, cognomi e paternità:

Pressburger Alfred di Leopold
Rector Arthur fu Simon
Scharf Iakob di Jonas
Winkler Ugo Israele di Iulius
Zeilinger Leopold fu Gustavo
Morgestern Hans di Mauritz
Moser Louis fu Heinric
Kollmann Carl di Sigfrid
Kerbes Lemel fu Wilhelm
Hutzler Ludwig fu Leopold
Gluecksmann Eugen fu Antonio
Heinz Paul di Leopold
Leer Oskar di Franz
Mandel David fu Leiser
Mausner Iakob fu Leiser
Josesfsberg Iakob fu Zaibel
Kollmann Hans di Sigfrid
Schwarz Iulius fu Samuel
Tsch Oskar fu Albert
Aussemberg Chaskel fu Kaim
Lueksmann Ferdinand fu Filippo
Zilberstein Markta fu Habraham
Sommerfeld Leo fu Max
Koldegg Erwin fu Max
Samek Arthur di Adolfo
Halperin Benjamin di Giuseppe
Lawetzky Franz di Adolfo
Nussbaum Ernest Ludwig di Josef
Roth Leon di Wolf
Schwarzwald Norbert di Isacco
Wollner Sieghard di Max

Il 18 settembre 1940 gran parte di essi furono trasferiti presso il campo di concentramento di Tossicia in provincia di Teramo. Restarono a Manfredonia Halperin, Lawetzky, Roth, Swarzwald e Wolner che, ad eccezione dell’ultimo di cui si perdono le tracce, furono in seguito trasferiti nel campo di concentramento di Campagna (in provincia di Salerno) il 26 febbraio 1942.
Viviano Iazzetti si chiede quale sorte sia toccata a queste persone ( di cui comunicò i nominativi alla Comunità ebraica di Roma fin dal 1984-85), invitando gli studiosi ad effettuare ulteriori ricerche.
Oggi finalmente questo ci è stato reso possibile dalla consultazione di una banca dati delle vittime della Shoa postata in Internet. Da una nostra ricerca sul sito www1.yadvashem.org, nei famigerati campi di concentramento nazisti dove si consumò la Shoah risultano periti ben 16 dei 31 ebrei tedeschi partiti dal campo di Manfredonia. Ecco i nominativi:
Pressburger Alfred
Rector Arthur
Scharf Iakob
Winkler Ugo Israele
Zeilinger Leopold
Kollmann Carl
Kerbes Lemel
Gluecksmann Eugen
Mandel David
Mausner Iakob
Kollmann Hans
Schwarz Iulius
Sommerfeld Leo
Halperin Benjamin
Nussbaum Ernest Ludwig
Roth Leon
Nelle schede on line non sempre è riportata la paternità, oltre che la nazionalità, e talvolta ci sono omonimie: ci auguriamo che il numero delle vittime sia stato inferiore al numero da noi rilevato.
Al Comune di Manfredonia chiediamo che sia posta almeno una targa a loro ricordo nel luogo (l’ex macello comunale, oggi dismesso) che li ospitò.
A futura memoria…

TERESA MARIA RAUZINO

2008 Teresa Maria Rauzino. Estratto di un saggio pubblicato sul mensile «Sudest» (n. 5, marzo 2005, pp. 98-101).
Per approfondire:
Una memoria dimenticata. Il campo di concentramento di Manfredonia