Il Comune di Rodi Garganico dice addio alla Comunità Montana del Gargano, ente nel quale è entrato a far parte nel 1999. Nel corso del consiglio comunale convocata martedì (ore 17) a palazzo di città verrà scritta la parola «fine» a una storia durata nove anni. Rodi, comune di 3.702 abitanti, fa parte del Parco nazionale del Garganu ed ha poco, zero, nulla di montano:le sue acque sono state più volte insignite della «bandiera Blu», il prestigioso riconoscimento della Fee (Foundation for Environmental Education). Rodi si è ritagliato anche uno spazio tra i comuni produttori di agrumi, una specificità che risale all'Ottocento. L'uscita di scena dall'ente montano si inserisce dunque nella scia della legge già tracciata dalla recente Finanziaria del governo Prodi che prevede un riordino complessivo degli enti montani ed esclude quei comuni che non possiedono i requisiti di comuni montani. Dopo che il Consiglio comunale avrà deliberato, l'atto verrà notificato successivamente, oltre all'ente montano, anche al presidente della Regione, Nichi Vendola, per l'ultima e definitiva parola. Questo il commento del sindaco D'Anelli: «La pazienza ha un limite, non siamo in cerca di poltrone, è da tempo che stavamo pensando di abbandonare la comunità montana. Questo atto – chiarisce il sindaco – non nasce oggi ma risale all'ottobre 2007 quando ci siamo accorti che l'ente non era più al servizio dei cittadini, ma piuttosto al servizio di gente preoccupata solo delle poltrone da occupare. Gli enti pubblici diventano inutili quando non funzionano più». Il sindaco, in sostanza, sembra mettere in subordine il dik-tat del governo Prodi che ha messo fuori gioco le comunità montane e tutti quei comuni che non vi possono far parte, come appunto quello di Rodi. «Abbiamo sperato invano che le cose cambiassero – aggiunge Carmine D'Anelli – invece ci siamo accorti che così non è stato». Il sindaco, dopo le ben note vicende giudiziarie che hanno colpito il presidente della comunità, Nicola Pinto e l'assessore Peppino Maratea, aveva chiesto alle forze politiche di maggioranza del centrosinistra un po' di sensibilità istituzionale in più». D'Anelli chiedeva «l'azzeramento delle cariche nell'interesse del buon nome dell'ente montano e invece sono andati avanti come se nulla fosse». Da qui la decisione di sbattere la porta.