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L’ITALIA DA SALVARE

Il problema non era solo Punta PerottiGli “ecomostri” di Punta Perotti non ci sono più.
Per anni, se ne è parlato, come se il “disordine edilizio” fosse tutto pugliese.
L’egoismo di pochi e l’incompetenza di molti compromettono, invece, ogni giorno ed irrimediabilmente, paesaggi montani, collinari, coste dei laghi e dei mari. In tutta Italia.
Del patrimonio naturale di una regione sono ormai parte integrante le costruzioni dell’uomo. Nel corso dei secoli, le opere che l’uomo ha costruito hanno dato espressione al proprio gusto e ai propri sentimenti.
Il problema non è, infatti, costruire. Né, tanto meno, chi costruisce. Quanto, piuttosto, chi lascia costruire in un certo modo ed in certi luoghi.
La grettezza di chi opera solo quando ha di mira un vistoso guadagno e la complicità di chi non è educato al rispetto delle bellezze naturali permettono la devastazione del paesaggio.
Il territorio ed il paesaggio sono beni collettivi.
Non possono essere manomessi al solo scopo di consentire maggiori interessi privati o per soddisfare la vanità di pochi.
La vita della natura si svolge nella faticosa ricerca di un costante equilibrio di rapporti, che, purtroppo, è gravemente alterato da logiche di indiscriminato sfruttamento del territorio.
La mancanza di adeguati piani organici e la noncuranza sono i principali alleati della sua devastazione.
Come scrisse – nel lontano 1959 – Mario Fazio (che, nella sua celebre pubblicazione “Le vie d’Italia”, analizzò i progressi che la spietata speculazione edilizia stava compiendo sotto il sole della Liguria, tra mare e monti), nessuno oserebbe affermare che non si debba costruire, ma perché mai costruire in modo così contrastante col paesaggio, perché cancellare ogni macchia verde, perché tagliare con furia gli alberi superstiti, perché inondare di cemento le spiagge e le scogliere?
Il fenomeno – spiegò Fazio – ha due cause principali. Una di ordine economico: la speculazione sulle aree conseguente all’espansione del turismo di massa. L’altra, assai più complessa, di ordine morale: mancano, talvolta, nelle autorità locali, provinciali e regionali, la sensibilità e la preparazione, e mancano, soprattutto, i mezzi – non legali ma pratici – per fronteggiare l’attività dei costruttori, per armonizzarla con le caratteristiche fondamentali del paesaggio e dell’architettura regionale. La speculazione è talmente spontanea e vigorosa da potersi dire irrefrenabile.
La verità è che di “ecomostriciattoli” (che, però, non fanno odiens) l’Italia è piena zeppa. Interi quartieri “residenziali” che si affacciano da colline scoscese. Case che sorgono sui cocuzzoli. Costruzioni acquattate tra gli arbusti. Villette scalzanti flora e fauna. Non sfuggono soltanto al viaggiatore, che guarda dal finestrino del treno.
Gli agglomerati di abitazioni (e non solo) dovrebbero considerarsi come beni pubblici. Non è, quindi, ammissibile che siano realizzati ad onta del territorio e del paesaggio.
I grattacieli di Punta Perotti non ci sono più. Ma, con essi, non se ne è andato il “disordine edilizio”.

Alfonso Masselli