Il Tar contro le ultime nomine di fine mandato del ministro Pecoraro Scanio. I giudici amministrativi della III sezione hanno bocciato l'atto firmato dal responsabile del dicastero dell'Ambiente (in scadenza) con il quale veniva. azzerato il vertice dell'Ente Parco del Gargano e nominato un commissario di sua fiducia.Il collegio, presieduto da Amedeo Urbano (relatore Giacinta Serlenga), con un'articolata motivazione ha accolto il ricorso presentato dal presidente dell'Ente Parco, avvocato Giacomo Diego Gatta, e da un componente del consiglio direttivo, Francesco Tavaglione, ritenendo illegittimo il provvedimento emesso a «Governo in scadenza». I giudici amministrativi, oltre a stigmatizzare la decisione adottata da Pecoraro Scanio nonostante una circolare del Presidente del Consiglio dei ministri che invitava i rappresentanti del Governo a limitarsi agli atti di «ordinaria amministrazione», hanno precisato come una nomina del genere vada in contrasto con i principi costituzionali che limita i poteri di un Esecutivo in scadenza. Nel caso del Parco del Gargano, il ministro dell'Ambiente ha elencato una serie di irregolarità gestionali che lo avrebbero spinto ad adottare un provvedimento di scioglimento del consiglio e di nomina di un commissario. Sul punto, il Tar ha rilevato come alcune delle questione sollevate, oltre a durare da diverso tempo, non potevano essere certo definite in poche settimane ne in due mesi. Della serie, non c'erano i presupposti di un provvedimento di carattere d'urgenza. E dalla vicenda ha preso le distanze anche il Presidente della regione Nichi Vendola che, pur condividendo le motivazioni sui problemi di gestione del Parco del Gargano, ha comunque alzato le mani rimettendo tutto nelle mani del ministro (la nomina del commissario e dei nuovi vertici avviene – per legge – d'intesa con la Regione). Per i giudici; dunque, oltre a non essere sostenuto da motivazioni sufficienti, la revoca e la nomina non avevano neanche l'atto formale di intesa da parte della Regione. A ciò si aggiunga – si legge nella sentenza – come il Ministero non abbia tenuto in alcuna considerazione le «osservazioni» mosse dal presidente «licenziato» e dal consiglio direttivo. Per essere più chiari, secondo il Tar, il ministro poteva anche non tener conto delle «difese», ma forse avrebbe dovuto fare un provvedimento definitivo che non fosse la «copia» dell'avviso del procedimento, ma che contenesse ulteriori contestazioni. Da qui la decisione del Tar di annullare il provvedimento di nomina (per sei mesi) del nuovo commissario, Ciro Pignatelli e confermare-per ora-gli attuali vertici del Parco. Inoltre, il ministero è stato condannato a pagare 1500 euro di spese.