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Schifani presidente del Senato

Renato Schifani è stato eletto presidente del Senato alla prima votazione con 178 voti, 4 in più rispetto ai 174 dei senatori del Pdl, della Lega e dell’Mpa e 16 in più della maggioranza assoluta richiesta (162 voti). Schifani è stato proclamato presidente dal presidente provvisorio Giulio Andreotti..Ama la pesca subacquea, come il suo prossimo omologo alla Camera. E, come Gianfranco Fini, uscito dalla lunga stagione post-fascista a metà degli anni '90, anche il nuovo presidente del Senato Renato Schifani è letteralmente riemerso da un’altra stagione politica, quella della Dc, per ritrovarsi, nel 1995, in Forza Italia. L’anno dopo, senza colpo ferire, Schifani è stato proiettato sulla scena nazionale, eletto al Senato nel collegio di Altofonte-Corleone. Quella elezione è stata riconfermata nel 2001, poi nel 2006 e infine lo scorso 13 aprile.
La carriera politica di Schifani è una lunga attesa del momento giusto. È nato a Palermo e fra pochi giorni, l’11 maggio, compirà 58 anni. Figlio di impiegati, si è laureato in giurisprudenza con 110 e lode. Avvocato patrocinante in Cassazione, è sposato ed ha due figli maschi: Roberto e Andrea.
Dal 2001 è presidente dei senatori di Forza Italia, riconfermato nella scorsa legislatura. Nel 2002 è stato impegnato nella battaglia parlamentare che ha portato alla stabilizzazione del 41 bis, trasformando il carcere duro per i mafiosi da istituto straordinario e provvisorio in misura definitiva. Circostanza che Schifani ama ricordare tutte le volte che qualche avversario, o qualche ex amico, si rivolge a lui per alludere a qualche amicizia coltivata, in anni giovanili, con qualche disinvoltura.
Così, quando l’ex Guardasigilli Filippo Mancuso lo apostrofò come il «principe del recupero crediti», Schifani non si scompose: «Battuta infelice, se la poteva risparmiare. Da avvocato non mi sono mai occupato di recupero crediti. Anche se quella è un’attività che merita rispetto», spiegò in un’intervista a «Libero» il 14 agosto 2005.
Tifosissimo del Palermo, Schifani si fa vedere spesso allo stadio, in compagnia della moglie Franca. Sulla circostanza, poi, che lo vuole fan entusiasta di Elvis Presley è facile ricamare. I detrattori meno benevoli si interrogano amletici se a conquistare Schifani sia stata la voce e il ritmo, oppure la fulgida e inarrivabile criniera dell’icona canora dell’America pre-68.
Fedele al riporto, ma più ancora fedele a Silvio Berlusconi: è stata questa la ragione che lo indusse, circa tre anni fa, a sbarazzarsi della faticosa costruzione geometrica e a sentirsi gratificare da Berlusconi come «un gran figo». Lui si schermisce: nessun pressing di Berlusconi, il riporto è caduto per eccesso di manutenzione.
Chi pensa al '68 e alla contestazione difficilmente associa quegli eventi alla persona di Schifani. Eppure, una cotta, sia pur breve, l’ha avuta anche lui. Colpa di un professore di filosofia, di formazione marxista, e grande oratore, racconta. Insomma, una «scappatella ideologica».
Sul suo rapporto di amicizia con Berlusconi, che volò a Palermo per festeggiare il suo compleanno nel 2005, Schifani si espresse così: «Lo porto nel cuore, ma quando si vuol bene ad una persona si trova anche il coraggio di tirar fuori un’opinione diversa. È capitato, e anche questo è di sicuro un elemento di forza del nostro rapporto».
Di sicuro c'è che, fra i senatori di Forza Italia, Schifani ha sempre goduto di considerazione e di stima. Puntiglioso sulle questioni regolamentari, è stato implacabile nelle battaglie parlamentari, in particolare sul decreto legge sull'immigrazione, nel novembre scorso. Di modi cortesi, sul ring politico, come ama dire il Cavaliere, si trasforma in un «cane da polpacci».