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Otto Agosto 2008 al Carpino Folk Festival con la Municipale Balcanica

La serata dell’otto Agosto in Piazza del Popolo a Carpino tra gli altri artisti e formazioni prevede anche la performance dell’Associazione Culturale Municipale Balcanica. La loro esibizione è inserita in una ricchissima offerta estiva che ha toccato già Terlizzi in occasione della presentazione del nuovo disco e che si spingerà, tra le varie date, anche a Vienna, transitando, tra le altre mete, per Matera e per Marina di Grosseto.

 

Ancora una volta la Puglia in Puglia, la terra tra due mari, lo Jonio e l’Adriatico, ma soprattutto direi la terra tra due terre, il resto d’Italia e l’est continentale europeo, in primis la penisola balcanica. E dunque.
La Municipale Balcanica, nasce nel 2003, per avviare una vivace e profonda sintesi tra le ormai note sonorità Tzigane, Klezmer e Yiddish dell’Est Europa e quelle più radicate e calde della loro terra d’origine, la Puglia, nel Sud Italia.
Ben presto l’approccio alle antiche melodie diventa più originale e distintivo, perché ciascun componente ha una formazione e una cultura musicale molto personale e tutt’altro che omogenea, che va dalla musica popolare al rock passando per il nucleo centrale formato da chi musicalmente è cresciuto nella classica banda del paese.
Con la composizione di nuovi brani inediti, e già una consistente attività live alle spalle, il gruppo incide nel 2005  il suo primo album "Fòua", in cui le canzoni tradizionali divengono scatenate e cariche, e le composizioni originali si impongo all’attenzione perché uniscono le influenze del jazz più libero, e la carica della banda in melodie ora suadenti ed esotiche, ora frenetiche, folli, e atonali.
Grazie all’album e alle sue travolgenti prove dal vivo il gruppo gira non solo in Italia ma anche in Europa (Germania, Francia, Olanda, Bulgaria, Slovenia.) esibendosi sia in sofisticati festival Jazz che in scatenati raduni Folk.
Il 2007 ha visto la collaborazione tra la Municipale e la famosa Orkestar Kocani, ambasciatrice del suono balcanico nel mondo, in occasione del Klezmer Musica Festival di Ancona, diretto da Moni Ovadia. E sempre nel 2007 l’ensemble pugliese è stata inclusa con la sua versione di "Hava Nagila" nella compilation Gypsy Beats and Balkan Bangers Vol. 2, selezionata dal DJ Russel Jones, comparendo ripetutamente nel palinsesto della BBC Radio One.
Nel 2008, evolvendo il suo suono senza snaturarsi, la Municipale Balcanica pubblica ROAD TO DAMASCUS. I suoi brani contengono tutta l’esperienza fatta dalla Municipale dopo la pubblicazione del primo disco. Un prodotto fatto di pochi, irrinunciabili, brani tradizionali e tanti altri pezzi originali, alcuni più radicati e dal sapore classico, altri che hanno la forma più coraggiosa della sperimentazione.
Il rapporto sempre difficile tra la tradizione e l’innovazione, nella musica come nelle altre arti, è uno dei nodi problematici più discussi e interessanti nel campo della musica popolare. Non si può, detto in altri termini, evitare di prendere posizione su questo argomento, quale che sia l’approccio al proprio fare musicale. Cosa si perde nella contaminazione, o meglio nella commistione di musiche, canti e, più in generale, culture? Cosa invece di interessante e di innovativo può venirne fuori e attraverso quali modalità.
“La questione ha molteplici forme e combinazioni per essere risolta e nessuna va scartata! Le uniche che in senso assoluto non ci piacciono sono le soluzioni disoneste! Ci spieghiamo meglio. Capita a volte di ascoltare dei concerti che invece di essere espressioni di arte appaiono operazioni studiate a tavolino per una particolare occasione. Riconosci quei concerti disonesti perché hanno un suono e un repertorio prevedibile, e sembrano decisi in tutte le sue forme in base a come intrattenere il pubblico: è come assistere a un banale piano bar del folk!
Noi cerchiamo di non cadere in questa trappola.
Nel nostro caso il nucleo stesso del nostro suono è tradizionale poiché proviene dalla tipica banda di paese. E se il suono si è arricchito di influenze provenienti in primo luogo dai Balcani è stato perché prima ancora dei suoni abbiamo ascoltato le persone provenienti dai Balcani. Sono stati i migranti che abbiamo accolto in Puglia a farci conoscere le loro canzoni. Con loro abbiamo visto per la prima volta gli stessi strumenti della nostra banda impegnati in melodie e ritmiche assolutamente diverse. Quindi più che di una intellettualistica contaminazione artistica la Municipale Balcanica è vittima di una inarrestabile voglia di conoscere e fare amicizia. Noi semplicemente siamo ragazzi che vivono la loro terra, i loro viaggi, e i ritmi e le culture che incontrano con l’interesse che suscita la conoscenza di un nuovo amico.
Se la contaminazione nasce dal contatto diretto, dall’amicizia con altre persone e altri musicisti non si perde nulla neanche della propria identità. Piuttosto si diviene più ricchi, più profondi e più bravi senza snaturare neanche lontanamente il proprio suono! Se la contaminazione, invece, ci diminuisce e ci toglie identità vuol dire che semplicemente stiamo inseguendo un vuoto progetto teorico”.
Comporre e produrre musica a partire dal proprio retroterra socio-culturale significa anche e soprattutto essersi cimentati e continuare a cimentarsi col ricordo personale e collettivo, con la ricerca (più o meno etno-musicale sul campo, più o meno tecnico-operativa d’archivio). Che parte ha l’attività di ricerca nel vostro saper fare musica? E come è articolata?
“Come dicevamo la nostra ricerca parte dalle persone che incontriamo, prima ancora che dai cd e dai film. Nel nuovo album abbiamo incluso un brano intitolato Kolomeika, che proviene dalla tradizione ucraina, e che abbiamo conosciuto grazie alla comunità ucraina, la quale ci ha raccontato di questo pezzo che viene suonato nelle sue scatenate feste di matrimonio! Tuttavia altri brani tradizionali del nostro repertorio li abbiamo inclusi dopo una ricerca più faticosa. Allo stesso tempo spesso affiorano nelle nostre composizioni forme tipiche della banda, e quindi della nostra stessa memoria.
Cerchiamo di dare alla nostra ricerca instancabile una natura calda, fatta prima di incontri e poi di ascolti e studi. Pure negli arrangiamenti cerchiamo di rimanere fedeli allo spirito di una canzone piuttosto che al suo suono così come l’abbiamo conosciuto. Un esempio di questa filosofia di arrangiamento è la nostra versione di "Hava Nagila". È la più famosa melodia di festa del mondo, quindi non poteva rimanerci estranea!, e i nostri strumenti sono stati al servizio del suo senso profondo, cercando di esprimere meglio possibile i momenti e le sensazioni di una grande celebrazione: l’entusiasmo, l’euforia, i sorrisi, l’esagerazione, ma anche l’allegria e la voglia di danzare insieme per raccogliere le energie della comunità”.
Cosa significa per voi partecipare al più longevo moderno festival di musica popolare, il Carpino Folk Festival?
“È un onore immenso, una soddisfazione, una dimostrazione di fiducia nei nostri confronti, e una bellissima occasione per conoscere tanti altri musicisti. E se è la prima volta che ci esibiamo nel festival non è certo la prima volta che ci veniamo! Il "Carpino Folk"  è un autentico punto di riferimento, e il suo cartellone è sempre illuminante. Il palinsesto ogni anno contiene proposte meravigliose, da quelle più radicate e pure che posseggono il fascino e la potenza dei suoni antichi, a quelle che con la sperimentazione e la contaminazione più autentica conducono in autentici viaggi.
Suonare al Carpino Folk festival è una responsabilità, ma è soprattutto una grande gioia. Daremo il nostro meglio, e siamo sicuri che il pubblico ci trascinerà in una festa!”
Pensate che ci possa essere un rapporto di somiglianza o di motivazione tra i paesaggi sonori (ovvero le performances musicali) e i paesaggi urbani e rurali da cui emergono, tra le terre natie di cantatori e musicisti e le loro produzioni musicali attraverso i ‘modi’ di fare musica? Se sì, attraverso quali vie?
“Conosciamo artisti che tengono stretti e incontaminati i suoni della loro terra per evitare che materialmente scompaiano, altri che fanno esperienza di quei suoni come semplice fuga da una modernità che non sopportano, altri ancora che li stessi suoni semplicemente li vivono, in reciproca appartenenza.
In arte anche i prodotti più immaginifici, esotici e lontani risentono di ciò che si guarda e vive. Il nostro amore per le melodie dell’Est nasce anche dalla voglia di riscatto, dalla necessità di guardare oltre, di fare esperienza fuori di ogni retorica della Puglia come porta verso Oriente. Il primo sguardo per noi giovani curiosi si è volto a Est così come i primi stranieri che abbiamo conosciuto sono arrivati di lì. Essere una banda vuol dire vivere la nostra terra, i suoi retaggi, i suoi paesaggi e le sue asperità, i silenzi e le sue feste, ma significa anche avere voglia di marciare, e la nostra marcia ha fatto i suoi primi passi verso Est!”
Ancora una volta, dunque, terra che unisce mari, mare che mette in contatto terre e, soprattutto, uomini e suoni intenti a percorrerle entrambe, in tutti i sensi, questa volta transitando per Carpino.
Amedeo Trezza
Ufficio Stampa Carpino Folk Festival