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Faida del Gargano: il presunto boss torna in carcere

Ad una località segreta, lontana dalla sua Manfredonia, lontana dalla moglie e figli, ha preferito la cella buia ed angusta della casa circondariale di Foggia. Armando Liberolis, il presunto boss della mafia garganica, accusato nel maxi processo contro la criminalità della montagna del Sole, di 5 omicidi, traffico di sostanze stupefacenti e armi, torna in carcere. Libergolis, infatti, non ha ottemperato alle disposizioni della Corte d’Assise di Foggia che gli aveva imposto non soltanto l’obbligo di dimora fuori dalla Capitanata, ma anche il trasferimento in una località del nord Italia. Gli agenti di Polizia gli hanno notificato nel pomeriggio di ieri una ordinanza di custodia cautelare in carcere richiesta dalla direzione distrettuale antimafia di Bari e disposta dalla stessa Corte D’Assise. Un provvedimento preso per salvaguardare l’incolumità fisica dell’allevatore 33enne. La notte del due luglio scorso Armando Libergolis notò alcune persone vicino al suo podere e allertò immediatamente la polizia. La DDA di Bari, sulla scorta di questa segnalazione chiese ed ottenne dalla corte d’Assise che venisse imposto al 33enne il divieto di dimora non solo a Manfredonia ma nell’intera Capitanata proprio per evitare che potesse essere ucciso. Libergolis, lo ricordiamo, già nel 1995 e poi nel 1998, uscì incolume da due agguati di faida. L’allevatore, dopo quasi quattro anni di carcere, è tornato in libertà lo scorso 26 giugno per decorrenza dei termini di custodia cautelare. Con lui altri dieci detenuti imputati di mafia, omicidi e spaccio tra cui Gennaro Giovanditto, presunto serial killer del clan ed accusato di ben 13 omicidi. A tre anni dal rinvio a giudizio, senza essere giunti alla sentenza di primo grado, ora sono a casa.