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Blitz anti-camorra a Vieste arresti disposti dalla Dda di Napoli

–  Diciannove ordinanze di custodia cautelare in carcere sono state emesse dalla Dda di Napoli nei confronti di altrettante persone ritenute affiliate al clan camorristico Di Domenico, attivo nell’agro nolano e legato al gruppo criminale dei Moccia di Afragola (Napoli). Le accuse sono associazione per delinquere di stampo camorristico, traffico di sostanze stupefacenti e detenzione di armi.

I provvedimenti sono stati eseguiti all’alba nell’agro nolano, in provincia di Caserta e di Foggia dai carabinieri del Nucleo investigativo del Gruppo di Castello di Cisterna (Napoli).

Si apprende che tre arresti sono stati effettuati a Vieste. Pare si tratti di un pregiudicato e di due incensurati e pare che le ordinanze siano state eseguite direttamente da personale campano (in pratica, sarebbero stati i carabinieri di Napoli a venire in Puglia e prelevare le tre persone coinvolte).

L’indagine ha permesso di delineare l’ambito territoriale e le attività svolte da uno dei clan più importanti dell’area vesuviana, i Di Domenico, nonché i rapporti conflittuali tra questo e l’organizzazione egemone nell’area nolana, capeggiata dai fratelli Salvatore e Pasquale Russo, inseriti nell’elenco dei trenta ricercati più pericolosi d’Italia. Le persone arrestate sono ritenute appartenenti a uno dei clan "satellite" più operativi del più potente clan Moccia.

SULLO SFONDO LA FAIDA TRA I CLAN DI DOMENICO E RUSSO
Estorsioni e traffico di droga: sono le accuse contestate alle 19 persone appartenenti al clan dei fratelli Marcello e Ciro Di Domenico, entrambi già detenuti, arrestati oggi dai carabinieri in applicazione di un’ordinanza emessa dal gip presso il Tribunale di Napoli su richiesta della Dda. L’organizzazione – secondo l’accusa – è una costola del clan Moccia di Afragola e rappresenta la frangia armata della cosca.

La struttura associativa smantellata dai militari del nucleo di Castello di Cisterna esercita la sua presenza sul territorio dell’agro nolano occupando gli spazi già sottoposti al "dominio" del clan Russo, ogni qualvolta quest’ultimo sodalizio attraversa momenti di debolezza. L’attività di indagine ha confermato l’esistenza di forti contrasti tra il clan Di Domenico e il clan Russo, capeggiato dai fratelli Pasquale e Salvatore Russo, entrambi latitanti da anni e inseriti nell’elenco dei trenta più ricercati d’Italia.

Le due organizzazioni da anni si contendono il predominio del territorio e le indagini che hanno portato all’arresto di 19 persone hanno consentito di appurare che la scomparsa di Giovanni Porricelli, avvenuta nel gennaio 2006, sia frutto di una lupara bianca maturata all’interno del clan Di Domenico e mirata a scongiurare la sua dissociazione dall’organizzazione e l’inizio di una sua collaborazione con la magistratura.

Porricelli – per la Dda – era il regista delle attività estorsive gestite per conto del clan Di Domenico ma, poco prima che sparisse nel nulla, aveva manifestato ai suoi più fedeli collaboratori il desiderio di cambiare vita. Tra gli arrestati di oggi c’è anche Vincenzo Porricelli, fratello minore dello scomparso Giovanni, di cui aveva preso il posto assumendo il controllo e il coordinamento delle attività estorsive oltre che dei traffici di droga.

Agli indagati è contestata infatti anche la partecipazione ad un’organizzazione finalizzata al commercio di sostanze stupefacenti essendo stata accertata la costituzione di una struttura ramificata il cui ambito di operatività si estendeva fino alla Puglia. Tre degli indagati, infatti, sono stati arrestati nel territorio di Vieste. La Procura evidenzia la totale assenza di denunce da parte delle vittime delle estorsioni. Tra le attività emerse anche l’imposizione dell’acquisto di mozzarelle e di altri prodotti caseari forniti da un caseificio, gestito da uno degli indagati, che costringeva operatori commerciali ad acquistare i suoi prodotti. Ciro e Marcello Di Domenico, come detto, sono entrambi già detenuti. Marcello Di Domenico, in particolare, di recente, già condannato con sentenza definitiva per associazione a delinquere di stampo mafioso, è stato condannato dal gup presso il Tribunale di Napoli quale capo del sodalizio criminale.

QUESTA E’ CAMORRA "PESANTE"
Per comprendere l’importanza dell’operazione odierna e la "qualità" criminale dei legami apulo-campani, basti dire che la più grande impresa di movimento terra d’Italia era del clan Moccia di Afragola.

Lo stesso Roberto Saviano (autore di "Gomorra"), in uno splendido articolo pubblicato sul Corriere il 16 aprile 2005 racconta le "gesta" di «una figura storica di dirigente camorrista» cioè «Anna Mazza vedova del padrino di Afragola, prima donna in Italia ad essere condannata per reati d’associazione mafiosa, come capo di un sodalizio criminale ed imprenditoriale tra i più potenti del sud».
«La Mazza – scrive Saviano – sfruttando inizialmente l’aurea del marito Gennaro Moccia, ucciso negli anni ’70 ebbe modo immediatamente di rivestire un ruolo dirigenziale nel clan. La vedova della camorra come venne ribattezzata, fu la vera mente del clan Moccia per oltre vent’anni, capace di ramificare ovunque il suo potere al punto tale che inviata negli anni ’90 in soggiorno obbligato vicino Treviso riuscì – secondo diverse indagini – a prendere contatti con la mafia del Brenta, cercando di rinsaldare la sua rete di potere. La Mazza aveva una gestione verticistica, imprenditoriale e fortemente ostile a impennate militari, capace di determinare ogni ambito del territorio da lei egemonizzato, come dimostra lo scioglimento nel 1999 per infiltrazioni camorristiche del comune di Afragola».

Marisa Ingrosso