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LE BARRIERE UMILIANTI DI UN’ INTOLLERANZA IPOCRITA

Scavare un fosso, alzare una barriera contro i tanti disperati che fuggono dalla guerra, dalle torture, dalla fame e dalla miseria è “un gesto senza umanità che minaccia di toglierci la nostra umanità”, è un atto di chi, non riconoscendo i diritti degli altri, finirà per non riconoscere i nostri diritti. Si tratta di respingere verso un destino crudele persone in carne ed ossa, spesso donne e bambini, che hanno bisogno di tutto e di tutti. Si tratta di ferire, umiliare vanamente gli ultimi della terra, quelli che cristianamente ci ripromettiamo di aiutare ogni qualvolta ci avviciniamo a una chiesa. Si tratta di persone che hanno freddo, caldo, spesso fame, e che non di rado muoiono di freddo, caldo e fame. Si tratta di un’umanità spaventata e che vive nella paura.
Cosa chiedono che non possiamo loro dare dopo avergli tolto tutto?
Cibo, salute, istruzione, lavoro.
Possiamo permetterci di stendere un velo ipocrita sui problemi irrisolti del terzo mondo standocene comodamente abbandonati nelle nostre comodità?
Possiamo continuare a restare insensibili rispetto ai tanti diritti umani calpestati, pur se riconosciuti a livello internazionale?
Possiamo ancora sopportare a lungo questa “escalation” di gesti, di atti, di parole, di comportamenti discriminatori, intolleranti, insofferenti verso chiunque sia diverso?
 No! Proprio non possiamo!
Ed è per questo che anche dal Gargano,  tante volte umiliato, offeso e oltraggiato dall’interno, attraverso l’azione continua e costante di autentici atti criminali, e dall’esterno, attraverso politiche nazionali che relegano il Sud al rango di “colonia”, occorre elevare la voce del nostro dissenso e rivendicare un’umanità compiuta, una capacità di accoglienza indiscussa, uno spirito di solidarietà vivo, che spesso ci hanno reso più forti, più sicuri, più ricchi, più disposti ad affrontare il difficile e ignoto cammino terreno e le imprevedibili vicende umane con forza, coraggio e determinazione.
Ognuno di noi può ancora fare proprie e condividere le parole attualissime di Don Lorenzo Milani:
 «Se voi però avete diritto di dividere il mondo in italiani e stranieri allora vi dirò che, nel vostro senso, io non ho Patria e reclamo il diritto di dividere il mondo in diseredati e oppressi da un lato, privilegiati e oppressori dall’altro. Gli uni son la mia Patria, gli altri i miei stranieri».
    E’ giusto che ognuno di noi si senta, quando serve, straniero in patria.

Michele Eugenio Di Carlo