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Riceviamo e pubblichiamo/ La vittoria della trasparenza nei concorsi regionali

Il ponte levatoio perennemente alzato a segnare il distacco tra il governo della pubblica amministrazione e la sacrosanta domanda di servizi e diritti dei cittadini è crollato. A farlo cadere non un’armata corazzata, ma il mite e tranquillo assessore al personale e alla trasparenza della Regione Puglia, Guglielmo Minervini,  cavaliere di interessi diffusi e poveri. Ricorsi, veleni, esercito di raccomandati con relativi “santi in paradiso” non sono riusciti a sconfiggere Minervini, postosi a spada tratta sul ponte levatoio abbassato a difendere l’impossibile: la speranza materializzatasi di svolgere per la prima volta nella Regione Puglia un concorso pubblico ordinario trasparente e meritocratico, mettendo tutti i concorrenti sullo stesso livello di dignità partecipativa e bandendo la partitocrazia.
Ci avevamo sperato, non ci credevamo più!
Accantonare le vecchie e perverse pratiche del clientelismo, relegare in un angolo le tentazioni nepotistiche, resistere alla forza devastante dei mille poteri corrotti e corruttori, mettere a nudo i tessuti molli di un sistema amministrativo inefficace, costituiscono la grande vittoria della trasparenza e della cultura di un popolo che prova a risorgere.
Una vittoria imprevista che è anche un ritorno alla speranza di poter esercitare prerogative tra le più elementari, in tutta libertà e pieno diritto, in una terra che spesso si caratterizza e distingue per abusi e soprusi di ogni genere nella lesione di principi inviolabili.
 Col risultato di produrre una classe dirigente tecnico-burocratica asservita a logiche di potere clientelare e per questo impreparata a servire gli interessi pubblici cui è preposta.
Eppur questa vittoria rappresenta una goccia in un mare dove la lotta al merito, diciamolo chiaramente, appartiene a una cultura diffusa tipicamente mafiosa, alimentata da chi preferisce un raccomandato ad un meritevole.
Non a caso Don Luigi Ciotti, il 25 luglio a Monte S. Angelo, gridava che la prima mafia da combattere è quella dentro di noi.
Spezzare i sogni di un giovane meritevole è un crimine culturale e sociale di inaudita violenza che investe l’intera gioventù e mina le basi di una corretta e regolare convivenza civile.
Ed è così che in un ciclo poco virtuoso l’appartenenza (familiare, sociale, politica) finisce per sostituire la preparazione, la professionalità cede il passo all’incapacità, la volontà operosa consegna le armi alla rassegnazione.
Basta l’esempio della Regione Puglia?
La linea tracciata dalla Regione, dimostratasi percorribile, deve e può essere seguita dalle amministrazioni locali dove, spesso e volentieri, il vincitore di un concorso si conosce prima dell’espletamento dello stesso.
Oltre alla ferma e decisa volontà politica, basta automatizzare le valutazioni, rendere pubblici i risultati in tempo reale, pubblicare online i verbali delle prove, selezionare adeguatamente i commissari denunciando qualsiasi anomalia.
 In definitiva, non può esservi cambiamento possibile senza legalità, trasparenza e senso etico del vivere la vita pubblica; la "Questione morale", mai risolta, deve tornare prepotentemente al centro dell’attenzione per fissare i paletti del giusto agire in politica.
Piace ricordare un passaggio di Enrico Berlinguer nella famosa intervista del 1981 a Eugenio Scalfari: “Noi pensiamo che il privilegio vada combattuto e distrutto ovunque si annidi, che i poveri e gli emarginati, gli svantaggiati, vadano difesi, e gli vada data voce e possibilità concreta di contare nelle decisioni e di cambiare le proprie condizioni, che certi bisogni sociali e umani oggi ignorati vadano soddisfatti con priorità rispetto ad altri, che la professionalità e il merito vadano premiati, che la partecipazione di ogni cittadino e di ogni cittadina alla cosa pubblica debba essere assicurata”. Resta forte lo sconcerto per l’attualità di questo passo e lo sconforto per il cambiamento etico mai avvenuto.
Non a caso Giovanni Falcone ci guida ancora lungo l’unica via percorribile “ E’ tempo di andare avanti, non più confidando sull’impegno straordinario di pochi ma con l’impegno ordinario di tutti”?

Michele Eugenio Di Carlo