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«Sanità pugliese il debito sommerso è di un miliardo»

Una montagna da ripianare (622 milioni fino al 2007) e che continua a crescere: si tratta dei debiti verso i fornitori, non contabilizzati al tavolo governo- Regione («Massicci») perché rientranti nelle spese di gestione delle Asl, ma che stanno mettendo in allarme gli assessori al Bilancio e alla Sanità dopo la «strigliata» fatta da Confindustria Puglia nei confronti del governo Vendola.  Il problema, non a caso, emergerà già domani in consiglio regionale, quando l’assessore al Bilancio Michele Pelillo porterà in aula il rendiconto 2008 e l’unica variazione al Bilancio 2009 per l’approvazione. «In Puglia i debiti di Asl e ospedali pubblici ammontano a ben 1.983 milioni di euro, di cui 1.052 verso fornitori. Una situazione che vede gli imprenditori delle aziende sanitarie private pugliesi in grande sofferenza: imprese sane, con bilanci positivi, con migliaia di dipendenti – denunciano gli industriali – che hanno investito in ricerca e innovazione, dotate di strumentazioni all’avanguardia e con costi competitivi rispetto a quelli del servizio pubblico. Tali aziende sono fortemente penalizzate da questi ingenti crediti, impossibilitate ad esigerli, e con il rischio quotidiano di non riuscire a sopravvivere, soprattutto in un periodo di congiuntura negativa come l’attuale». Tutto nasce dalla discrasia temporale tra i servizi forniti alle aziende sanitarie e i pagamenti effettuati e messi in bilancio. Tra quote di ammortamento e pagamenti, il «debito» accumulato al 2007 è arrivato a 622 milioni ma i fornitori, tramite Confindustria, hanno già fatto i conti – fatture in mano – fino al 2009 e hanno visto lievitare la montagna a 1 miliardo di euro. Con tempi di pagamento in media di 400 giorni, di anno in anno si vanno così accumulando poste nei bilanci delle Asl che non entrano a far parte dei deficit radiografati da Regione e governo, ma che restano con tutto il loro peso sulle casse della Puglia. Lo studio effettuato dal Comitato Sanità di Confindustria Nazionale sull’intero stato di salute del sistema sanitario italiano, in realtà, allarga il raggio ed evidenzia che dal 2003 le pendenze «sommerse» degli enti sanitari sono lievitate del 71,5%. E, di queste, il 37% di pesa proprio sulle regioni del Mezzogiorno. Non a caso, dall’altro fronte – quello della Regione – puntano l’indice sulla sottodotazione del fondo sanitario nazionale nei confronti della Puglia per denunciare la mancata copertura di tali pendenze. Con una semplice operazione di riequilibrio tra regioni a pari dimensione (l’Emilia Romagna) la Puglia otterrebbe dal Fsn quel miliardo in più con cui coprire intermamente i debiti «sommersi» sin qui accumulati dalle Asl invece di muoversi nelle maglie strette dei conti annuali per ridurre i deficit. L’allarme ha sortito effetti. «Confindustria Puglia che ha già manifestato tali criticità all’Assessorato regionale, rendendosi anche disponibile ad incontri specifici nei quali affrontare il problema per individuare possibili soluzioni, esprime tutto il proprio disappunto agli organi pubblici ed invita ancora una volta la Regione ad intervenire quanto prima per contribuire a sanare i disavanzi pregressi, chiedendo che da subito si ristabiliscano i termini contrattuali nel rispetto delle normative di legge vigenti. Recuperare quelle assegnazioni mancate è, in definitiva, un dovere dello Stato e della Regione – continuano gli industriali – altrimenti insopportabile non solo per le casse regionali, ma anche per i cittadini pugliesi e per tutto il sistema delle imprese collegate alla filiera della salute che si vedrebbero, ancora una volta, penalizzati e mortificati».
Due le strade che, ora, l’assessore al Bilancio sta studiando con la tecnostruttura: da un lato la possibilità di rastrellare dalle casse le varie entrate che la Regione può vantare; dall’altro il ricorso a operatori finanziari privati con un’operazione di «rolling factoring» che consentirebbe di recuperare 1 miliardo di euro da restituire in «rate» da 200 milioni nell’arco di 5 anni.
di BEPI MARTELLOTTA