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Mare/ Studio Lipu sulla Berta Maggiore all’arcipelago delle Tremiti

Preziose informazioni sulle aree marine utilizzate dalla specie sono state ricavate da un dispositivo elettronico applicato sul dorso di 16 esemplari. Pesca intensiva, predatori, inquinamento, distruzione dell’habitat. Sono i principali fattori che da alcuni decenni stanno causando un forte declino degli uccelli marini, a livello globale così come nel Mediterraneo. A denunciarlo è la LIPU-BirdLife Italia, che durante la scorsa stagione estiva ha effettuato nell’isola di Capraia, nell’arcipelago delle Tremiti (Parco Nazionale del Gargano) una ricerca sulla Berta maggiore, una specie marina tra le più importanti che nidificano nel Mediterraneo e classificata come “Vulnerabile” dalla Lista Rossa nazionale delle specie minacciate di estinzione. La specie è dal 2008 sotto stretta osservazione della LIPU nell’ambito del progetto “IBA marine”, volto a studiare le aree marine più significative per l’avifauna. Partito l’anno scorso (con il supporto del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del territorio e del Mare) con un articolato studio nell’isola di Linosa, in Sicilia, dove vive una grande colonia di Berta maggiore formata da 10mila coppie, lo studio è proseguito quest’anno con fondi propri dell’associazione appunto nell’arcipelago delle Tremiti, dove la Berta maggiore nidifica sia sull’isola di San Domino e che su quella di Capraia. Obiettivo del progetto IBA marine è quello di studiare le aree di nidificazione e alimentazione in mare aperto utilizzate dalle specie marine indicate nell’allegato I della direttiva comunitaria “Uccelli”, che in Italia sono per esempio la Berta maggiore, la Berta minore, il Marangone dal ciuffo e alcune specie di gabbiano come il Gabbiano corso, il Gabbiano Roseo e il Gabbiano corallino. Nelle tre settimane di lavoro passate nell’isola di Capraia, scelta come sede dello studio, i ricercatori della LIPU hanno inserito sul dorso di 16 esemplari di Berta maggiore un dispositivo elettronico (chiamato Gps logger) che ne ha ricostruito i movimenti in mare aperto, dal momento in cui l’animale si allontana dal nido per recarsi in mare aperto e alimentarsi, fino al ritorno, dopo qualche giorno, al nido stesso. In collaborazione con l’Osservatorio faunistico della Regione Puglia, gli uccelli sono stati inoltre pesati, misurati e dotati di anello identificativo. “Con questa ricerca – dichiara Giorgia Gaibani, responsabile settore IBA e Rete Natura 2000 LIPU-BirdLife Italia – aggiungiamo un altro tassello importante sulla strada della conoscenza e della tutela delle specie marine. Ci auguriamo – conclude – di poter proseguire il nostro progetto anche nei prossimi anni per poter arrivare nel più breve tempo possibile a un quadro più preciso della situazione”. In media, i viaggi delle berte in mare aperto sono durati oltre sei giorni, da un minimo di due giorni fino a un massimo di 12. “Durante l’incubazione – spiega Jacopo Cecere, del Dipartimento Conservazione Natura LIPU-BirdLife Italia – il maschio e la femmina di Berta maggiore fanno i turni: mentre uno dei due rimane sull’uovo, l’altro compie un viaggio di diversi giorni durante i quali si alimenta accumulando depositi di grasso che gli permetteranno di sopravvivere per diversi giorni una volta rientrato al nido”. E’ stato osservato come le berte, in mare aperto, si spostino lungo una direttrice distante tra i dieci e i 20 chilometri dalla costa, e si concentrino per alimentarsi prevalentemente in quattro aree marine: due si trovano presso l’arcipelago delle Tremiti, una di fronte al primo tratto di costa Sud delle Marche, e un’ulteriore più a Nord quasi all’altezza del Monte Conero. Un esemplare ha anche effettuato un tragitto più lungo spingendosi fino alle isole della Dalmazia (Croazia), sul lato opposto del Mar Adriatico, per poi rientrare al nido. Oltre ai pericoli che le berte incontrano in mare a causa della pesca industriale con “palamiti”, dove gli uccelli rischiano di rimanere impigliati e morire per annegamento, all’inquinamento e al disturbo dell’uomo dovuto anche al turismo (il Mediterraneo ospita il 32% del turismo internazionale), è stato inoltre identificato all’isola di Capraia, ma il problema è diffuso anche in altri siti di nidificazione della specie, la minaccia del Ratto nero, che preda le uova al nido. Un danno enorme, considerato che l’uovo depositato dalla berta è l’unico nell’intera stagione riproduttiva.
UFFICIO STAMPA LIPU-BIRDLIFE ITALIA