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Dal tribunale di Foggia la denuncia: non si fanno più indagini

Il grido di allarme del giudice Dedda: “il fenomeno delle estorsioni, quello delle truffe comunitarie non arrivano quasi mai in udienza. Si insegue la statistica non la qualità dei processi”.

 

«Quella statistica dell’aprile scorso sui magistrati stakanovisti che poneva il Tribunale di Foggia al primo posto in Italia per produttività? Io la leggo con grande cautela perchè un numero altissimo di processi celebrati e/o procedimenti definiti non significa rispondere automaticamente alla domanda di Giustizia che ci arriva dai cittadini. Se come giudice definisco cinquemila querele per reati minori, e lascio prescrivere reati più gravi quali omicidi colposi o truffe di rilevante entità, non credo proprio d’aver reso un buon servizio alla Giustizia. Purtroppo noto a Palazzo di Giustizia questa attenzione eccessiva alle statistiche, quasi ci fosse un’atmosfera “strisciante” tra giudici per confrontarsi con quello che fanno i colleghi». Il Tribunale di Foggia «perde» il gip-gup Enrico Di Dedda, promosso dal Csm alla presidenza di una sezione penale del Tribunale di Cosenza. Perde un magistrato che in 13 anni di lavoro a Foggia ha osservato l’escalation dei fenomeni criminali attraverso centinaia di arresti disposti o condanne inflitte; perde un magistrato che sa guarda anche con sguardo critico al mondo della magistratura, anche nella sua veste di presidente o segretario (carica rivestita attualmente) dell’Amn foggiana.
Qual’è la sua analisi della situazione della criminalità foggiana?

«Per quanto riguarda le forme di criminalità organizzata, per le quali è competente la Dda, c’è la giusta e dovuta attenzione confermata da arresti, processi condanne. Ma…»
Ma?

«Se guardiamo alla microcriminalità, più avvertita dai cittadini sotto forma di rapine, furti, taglieggi, il mio giudizio muta perchè le forze in campo non sono adeguate alla reale situazione. Penso alle estorsioni: le statistiche indicano Foggia ai vertici nazionali, ma le denunce sono poche. E parlando di estorsioni penso al fenomeno del cavallo di ritorno, l’auto rubata e restituita dietro pagamento del pizzo: qui non ci siamo».

Perchè?
«Perchè rispetto al passato, quando c’erano numerose inchieste di questo tipo, adesso latitano. Posso capire che per chi indaga è più “facile” scoprire un giro di droga grazie alle intercettazioni, piuttosto che investigare in un ambiente – come quello dei “cavalli di ritorno” – dove c’è più omertà e meno collaborazione. Però ho notato con preoccupazione come questo tipo di indagini sia sempre più raro. Eppure basterebbe tornare ad applicare i metodi investigativi proficuamente utilizzati nel processo Varenne nel 2003: le forze dell’ordine monitorarono i furti d’auto in una certa zona e i criminali che vi bazzicavano, pedinandoli: poi, grazie anche alle intercettazioni, riuscirono a scoprire un clan organizzato».
Uno degli ultimi provvedimenti di cattura da lei firmati riguarda un reato a sfondo sessuale.

«E’ aumentato il fenomeno dei delitti a sfondo sessuale: c’è fortunatamente una maggiore propensione alla denuncia, leggi più severe ed è emersa una piaga che non ritenevo così diffusa a Foggia e in provincia. Penso alla madre che vendeva i figlioletti; al caso Giusy, la ragazzina manfredoniana uccisa nel 2004 da un parente, dove indagando sull’omicidio si è scoperto anche un fenomeno di prostituzione minorile squallido e preoccupante».
E i reati a sfondo finanziario?
«Non si celebrano più processi per bancarotta, nè noto inchieste sulle truffe comunitarie che sfocino in procedimenti. Quello dei zero processi per bancarotta lo giudico un dato allarmante perchè i fallimenti ci sono. Mi chiedo? Possibile che dietro questi crack non ci sia almeno qualche volta la distrazione fraudolenta dei beni, la falsificazione dei libri contabili?»
Analisi in gran parte pessimistica la sua, eppure il Tribunale di Foggia è al primo posto in Italia per produttività, lo dice il ministero della Giustizia.
«Sono dati importanti, però come magistrato ritengo che noi non dobbiamo inseguire il puro dato statistico, ma guardare alla tipologia di reati e definirli dando massimo spazio al contraddittorio tra
accusa e difesa. Mai dimenticare che le regole del processo sono anche regole di garanzie, non tutto può essere superato in base a presunte ragioni di urgenza. Purtroppo a Foggia si guarda più al numero di processi definiti che alla loro “qualità”».

Ma la legge non è uguale per tutti?

«Ovvio, ma una cosa è definire tanti processi per reati minori, un’altra è privilegiare quelli che destano più allarme sociale. Inseguendo il mero dato statistico – è questa la priorità – non credo si
renda sempre Giustizia al cittadino. Anche perchè – e questo lo noto a livello non solo locale – si va smarrendo la responsabilità “politica” che ha il magistrato, ossia di riaffermare implicitamente la
questione del patto sociale attraverso una credibile oltre che rapida definizione delle cause; al contrario si va diffondendo una visione puramente “aziendalistica” per cui il numero è tutto».