Menu Chiudi

Vieste/ I due fratelli bruciati nell’auto

Bordo (PD): erano paladini della legalità. Gli inquirenti: esecuzione che fa pensare ai clan. Da dieci giorni non si trovavano. Fecero arrestare due scafisti albanesi due anni fa.

I corpi carbonizzati erano sul sedile posteriore di un’Alfa 156 station wagon. Nelle campagne del Gargano tra Vieste e Peschici. E il tragico epilogo delle ricerche dei fratelli Giovanni e Martino Piscopo, di 51 e 45 anni, amministratori del centro turistico «Sfinalicchio» sul Gargano, scomparsi il 18 novembre scorso. I due imprenditori sarebbero stati assassinati con colpi di arma da fuoco e poi dati alle fiamme. E, dal momento del rapimento a quello del delitto e poi dell’incendio potrebbe
essere passato poco tempo. Perché i cadaveri erano in una località non lontano dal villaggio vacanze che amministravano. Gli inquirenti parlano di duplice omicidio «commesso con modalità mafiose».
A trovarli in quella zona impervia e coperta da una vegetazione molto fitta sono stati i carabinieri che da giorni stavano battendo boschi e campi dell’intero territorio garganico. L’auto nella quale sono stati ritrovati i corpi aveva la fiancata posteriore forata da proiettili di pistola calibro 7,65 e per terra c’erano sette bossoli «Non posso credere che siano davvero loro — dice la sorella Maria — finché non ci sarà la certezza, io aspetterò che Giovanni e Martino tornino a casa». Anche se gli inquirenti hanno pochi dubbi, la certezza sull’identità arriverà solo dall’esame del Dna
Gli inquirenti si muovono per ora solo nel campo delle ipotesi, non escludendo neppure quella di regolamento di conti contro uno dei fratelli uccisi che potrebbe aver commesso uno sgarro (legato a problemi di bestiame o di vicinato) nei confronti di qualcuno che abita in zona, o anche quello della pista familiare. Ma c’è ancora un altro aspetto della vita della famiglia Piscopo che gli inquirenti non trascurano: due anni e mezzo fa Martino aveva denunciato una coppia di scafisti albanesi approdati in zona con una barca a vela ed era riuscito a farli arrestare. I due erano scomparsi dieci giorni fa mentre a bordo del loro furgone stavano andando a raccogliere olive.
«Le modalità del duplice omicidio dimostrano che la mafia è tornata a colpire sul Gargano in maniera efferata e violenta — spiega in una nota il procuratore di Bari, Antonio Laudati — e la procura distrettuale antimafia intende dare una risposta altrettanto incisiva e immediata» Questa mattina a Bari ci sarà a tal proposito un incontro. Il procuratore  Laudati : le modalità dimostrano che le cosche sono tornate a colpire, evidente il tentativo della criminalità organizzata di allungare le mani su Vieste e la parte più vitale della sua economia: il comparto turistico. Erano imprenditori conosciuti e stimati — aggiunge — più volte in prima fila nella denuncia di illegalità, vittime di trame e interessi di portata talmente ampia da spingere i killer a compiere un’esecuzione di chiaro stampo mafioso e inviare un messaggio di terrore all’intera comunità viestana».

Corriere della Sera